Teologia dal Mediterraneo. Chocholski: “Partire dal dialogo, all’interno della relazione, come faceva Gesù”
Il contesto del Mediterraneo chiede una teologia sempre più incarnata, che aiuti a leggere il vissuto di fede delle Chiese locali accogliendone la ricchezza e le fatiche e sostenga l’impegno della Chiesa per la costruzione di un Mediterraneo di pace. Grazie all’Institut catholique de la Mediterranée (Icm) di Marsiglia si è costituita una rete teologica mediterranea in cui è confluito il lavoro di ricerca su “Il Mediterraneo come luogo teologico” che ha visto il coinvolgimento di diversi Paesi e di molte istituzioni teologiche italiane, tra cui la Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale e la Facoltà Teologica Pugliese. Ne parliamo con padre Patrice Chocholski, direttore dell’Icm.
Padre Patrice, come nasce la collaborazione tra l’Icm e il Gruppo di ricerca su “Il Mediterraneo come luogo teologico”?
L’Istituto cattolico del Mediterraneo (Institut catholique de la Mediterranée) di Marsiglia è nato per rispondere alle sfide locali della pluralità culturale e religiosa: i battezzati durante il Sinodo di Marsiglia 30 anni fa hanno chiesto di conoscere meglio le religioni presenti, in altre parole scienze delle religioni, e di meglio rendere conto della propria fede presso i membri di altre religioni, quindi teologia delle religioni. Quando Papa Francesco nel 2019 a Napoli ha parlato di teologia dal Mediterraneo, ci siamo riconosciuti. Di qui un confronto con l’Istituto San Luigi di Napoli per capire la genesi dell’incontro con Papa Francesco a Napoli e l’invito da parte dei responsabili dell’Istituto a condividere con loro quanto fatto a Marsiglia. Così è nata questa collaborazione e questa amicizia, mettendo sul tavolo le nostre convenzioni, relazioni con altri Istituti del Nord e del Sud e dell’Est del Mediterraneo. Avevamo già una convenzione con l’Università cattolica di Beirut, nel Libano, con il Desire di Roma, avevamo una collaborazione con l’Iscreb di Barcellona, con l’Istituto ecumenico di Rabat, in Marocco, con istituzioni a il Cairo e con i domenicani di Istanbul. La nostra rete si è incontrata con la rete italiana guidata da Giuseppina De Simone: così abbiamo deciso insieme di incontrarci a Marsiglia a settembre 2022 perché festeggiavamo con un colloquio i 30 anni dell’Istituto di Marsiglia e questo ci ha dato la possibilità di incontrarci con il fine di costruire insieme una rete di ricerca, di insegnamento e di consiglio. Ci siamo chiesti come possiamo esserci utili vicendevolmente, anche perché Papa Francesco ci ha invitato nel suo discorso a Napoli del 2019 a lavorare in rete.
Questo percorso come si è sviluppato?
Abbiamo iniziato a condividere, attraverso incontri in video-conferenze, le nostre ricerche sulla teologia dal Mediterraneo, su quanto si è lavorato da una parte e dall’altra. Abbiamo, poi, cominciato a condividere dei corsi sia in presenza sia on line, per esempio qui a Marsiglia abbiamo chiesto a un professore di Napoli, a uno di Barcellona e a un altro di Rabat di intervenire al nostro corso rendendoci conto che dopo la pandemia tutto ciò è stato reso possibile perché ogni Istituto si è industriato a usare le nuove tecnologie. Ci siamo chiesti anche durante l’incontro di settembre scorso a Marsiglia come possiamo aiutarci o completarci a vicenda. Abbiamo notato che il nostro lavoro sulla teologia delle religioni può essere utile agli altri Istituti, mentre la rete italiana ha lavorato molto sulla teologia dal Mediterraneo come luogo teologico con varie facoltà e dipartimenti non solo di teologia ma anche di sociologia e di storia e questo lavoro è molto importante per noi.
Queste collaborazioni a cosa possono portare?
Ci rendiamo conto oggi che possiamo andare avanti in questa co-costruzione al fine di condividere articoli di ricerca, lavori di ricerca on line, insegnamenti e corsi con dei moduli preparati da un Istituto o da un altro.
Ci rendiamo conto che insieme siamo più forti e che possiamo offrire consigli.
In Francia la separazione tra Chiesa e Stato è netta con la laicità alla francese, eppure spesse volte le collettività locali hanno bisogno di consigli riguardo alle scienze delle religioni o in casi pratici. Quando ci sono le feste di una religione, oppure quando la Regione vuole preparare un evento di cooperazione con una città in partenariato con Marsiglia, la Regione propone delle date e ci chiede consiglio. Spesso questi eventi sono pensati di venerdì o di sabato, che sarebbero un problema per islamici e o ebrei. Ma anche alle squadre di calcio possiamo dare il nostro contributo – qui abbiamo, ad esempio, l’Olimpico di Marsiglia -, in modo da far sì che la religione non sia un ostacolo ma che faccia parte delle soluzioni come dice Papa Francesco. Stiamo costruendo con le squadre di calcio una formazione degli educatori di modo che sappiamo come far confluire il meglio delle varie culture e delle religioni dei calciatori, perché la dimensione religiosa o anche esoterica è presente un po’ dappertutto, anche in un Paese laico. Ci sono storie di stregoneria come quella che ha coinvolto il calciatore Pogba. Sono aspetti da prendere in considerazione nel dialogo intercultuale, interculturale, interreligioso e fare di questi ingredienti non dei blocchi ma sinergie. Ci invitano anche qui a Marsiglia degli imprenditori di grandi aziende a fare formazione sul dialogo interculturale e interreligioso all’interno delle loro imprese perché si rendono conto che quando ci si comprende anche a livello culturale e religioso si costruisce insieme, se non ci si comprende si resta bloccati. Questo sta a dimostrare che noi Istituti del Mediterraneo possiamo insieme essere più forti in una rete che possa offrire consigli a imprese mediterranee, collettività locali, un contributo che parte dalle nostre specificità alla vita economica e sociale anche. È un modo di andare verso le periferie e verso le istanze educative. Qui a Marsiglia ci sono campi nelle periferie, tra le più povere d’Europa: così anche associazioni educative ci chiedono formazione su questi temi dovendo trattare persone con pluralità culturale. Anche qui in Francia, un Paese molto laico, dove le collettività locali sono molto restie, in nome della laicità, a chiedere alle religioni un contributo, eppure si rendono conto che non si può trattare la questione culturale senza considerare la religione, perché la cultura influisce sulla religione e viceversa. Il dialogo è indispensabile, anche le istituzioni e le associazioni laiche locali se ne accorgono e quando facciamo delle proposte di formazione noi, insieme a un rabbino e a un imam e ad altri rappresentati delle confessioni cristiane, tutti trovano un contributo. A questo livello ci rendiamo conto che come rete mediterranea non solo possiamo organizzare corsi, fare ricerca insieme per completarci, ma insieme, ma possiamo offrire del consiglio alle collettività locali per raggiungere anche le periferie.
A settembre ci sarà l’incontro dei vescovi del Mediterraneo a Marsiglia, cosa può dirci?
L’incontro dei vescovi a Marsiglia è orientato soprattutto al dialogo tra una sessantina di vescovi e una sessantina di giovani che sono stati cooptati da tutte le rive del Mediterraneo. I teologi offriranno una rilettura di quello che avviene tra vescovi e giovani in questa terza tappa, dopo quelle di Bari e Firenze, per comprendere quello che si gioca in questo dialogo tra vescovi e giovani, quello che si aggiunge alle prime due tappe di Bari e di Firenze e come si possa andare avanti. Stiamo intanto elaborando un Manifesto programmatico teologico, lavoro attorno al quale si stanno unendo teologi da varie sponde del Mediterraneo. Così a Marsiglia, in questa terza tappa, andremo avanti per immaginare come i teologi e gli accademici possano essere a servizio delle ulteriori tappe degli incontri dei vescovi e a servizio dell’incontro dei popoli delle varie sponde del Mediterraneo. Per facilitare una visione di pace e non di morte.
Nel confronto per contribuire a un Mediterraneo di pace chi partecipa
Confluiscono in questi incontri anche degli universitari musulmani ed ebraici, da Israele, dal Libano, dalla Turchia, dall’Egitto, dal Marocco, dalla Romania considerando la piccola sponda sul Mar Nero che consideriamo Mediterraneo. È interessante considerare che ci sono i teologi cristiani, ma c’è bisogno di ascoltare e di unirsi con teologi dell’islam e dell’ebraismo, nonché certamente dell’Ortodossia, con la rete croata e con quella della Romania e di Cipro.
A partire dall’intuizione forte di Papa Francesco la teologia classica grazie al Mediterraneo si sposta verso una teologia della relazione, s’intuisce che con il Mediterraneo siamo “costretti” a pensare la teologia precisamente nel “tra”.
Il “tra” corrisponde alla pluralità culturale, dei popoli, siamo sempre nel “tra” e questo ci costringe di pensare la teologia a partire dal dialogo, all’interno della relazione, come faceva Gesù, dal di dentro dell’incontro: questo sposta tutto, può far paura perché lo Spirito soffia dove vuole, con la forza che vuole. Se guardiamo bene e accettiamo questo spostamento per stare nel “tra”, allora scopriamo che siamo nel dialogo trinitario grazie a tutti questi popoli che ci costringono a scovare il nostro posizionamento nel “tra” del dialogo. Non rinunciamo a dire quello che fa l’originalità cristiana, addirittura lo riscopriamo meglio perché riscopriamo il Gesù del Vangelo dentro le relazioni e gli incontri umani, dentro il “tra”. Questo cammino rende la teologia molto più incarnata, più evangelica. Una teologia dell’accoglienza e dell’incontro, della stima dell’altro e della misericordia perché l’incontro autentico, come diceva Martin Buber, si fa quando siamo in presenza del tu. Se vogliamo incontrare il volto di Dio siamo tenuti a incontrare il volto del fratello e della sorella, ma l’incontro deve essere autentico, non può essere condizionato da strategie, politiche e proselitismo. È necessaria una sintesi di giustizia e di misericordia perché la relazione sia autentica. Ebbene il Mediterraneo ci dà questa possibilità.
(Fonte: AgenSIR – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)