Persone private libertà. Palma (Garante): “Misure alternative e di comunità non hanno ridotto i detenuti in carcere”
“È la Costituzione il baluardo del nostro essere qui oggi ed è stata e continuerà a essere il baluardo dell’azione del Garante nazionale delle persone private della libertà personale negli anni che verranno e nell’azione di coloro che saranno chiamati ad assumere il ruolo che questo Collegio ha esercitato nei sette anni del proprio mandato”. Con un omaggio alla Carta costituzionale italiana, il Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale (Gnpl), Mauro Palma, ha iniziato la sua ultima Relazione al Parlamento, giovedì 15 giugno, alla Camera dei deputati, a Roma, alla scadenza del mandato. La Relazione ha affrontato vari ambiti: l’area penale, la privazione della libertà dei migranti, le persone ristrette per motivi sanitari e socioassistenziali.
Area penale. “Nella prima Relazione al Parlamento di questo Collegio abbiamo riferito il dato di 54.653 persone detenute, presenti al 31 dicembre 2016.
Al primo giugno di quest’anno – quindici giorni fa – le persone detenute in carcere sono 57.230;
includono 2.504 donne, mentre ne includevano 2.285 sette anni fa. Dati comparabili, sebbene in aumento di più di duemilacinquecento persone detenute: la capienza, già allora carente, è aumentata nell’arco dei sette anni soltanto di mille posti regolamentari”. È il primo dato offerto dal Garante nazionale delle persone private della libertà. Due dati indicano mutamenti: “La percentuale delle persone straniere in carcere è diminuita dal 34 al 31,2%; particolarmente diminuita – e questo è un dato positivo – è la percentuale di coloro che sono in carcere senza alcuna condanna definitiva, passando dal 35,2 al 26,1% nel corso di questi anni”. Ma “resta alto – ed è andato aumentando – il numero di persone ristrette in carcere per scontare condanne molto brevi: 1.551 persone sono oggi in carcere per scontare una pena – non un residuo di pena – inferiore a un anno, altre 2.785 una pena tra uno e due anni”. Per Palma, “è evidente che una struttura complessa quale è quella carceraria non è in grado di predisporre per loro alcun progetto di rieducazione perché il tempo stesso di conoscenza e valutazione iniziale supera a volte la durata della detenzione prevista. Non solo, ma questi brevi segmenti di tempo recluso sono destinati a ripetersi in una sorta di serialità che vede alternarsi periodi di libertà e periodi di detenzione con un complessivo inasprimento della propria marginalità. La loro presenza in carcere, quindi, interroga il nostro tessuto sociale: sono vite connotate da una marginalità che avrebbe dovuto trovare altre risposte, così da diminuire l’esposizione al rischio di commettere reati”. Insomma, “per tali fragilità e conseguenti reati di minore rilevanza che determinano pene molto basse, occorre prevedere strutture diverse con un legame molto più denso con il territorio”.
Suicidi in carcere. Non è mancato un cenno al dramma dei suicidi delle persone ristrette: “Oggi, il numero di persone detenute che hanno scelto di togliersi la vita è già salito a 29 con in più altri 12 decessi per cause da accertare – alcuni dei quali attendibilmente classificabili in futuro come suicidi – mentre scorre la ventitreesima settimana dell’anno”. Il Garante ha osservato: “Spesso sembra essere la funzione simbolica dell’essere approdati in quel luogo – il carcere – a costituire un fattore determinante per tali decisioni estreme: è quella sensazione di essere precipitato in un ‘altrove’ esistenziale, in un mondo separato, totalmente ininfluente o duramente stigmatizzato anche nel linguaggio dei media e talvolta anche delle istituzioni, che caratterizza il luogo dove si è giunti, a essere determinante”. Da qui “la necessità di un discorso pubblico diverso sulla pena”. Attualmente agli oltre 57.000 detenuti, si affiancano altre 53.113 persone in misura alternativa e 25.716 “messe alla prova”. Palma ha chiarito: “Le misure alternative e quelle di comunità non sono andate però a diminuzione dell’area detentiva in carcere, ma si sono affiancate a essa. Così l’area di intervento di natura penale è passata, in 7 anni, da una estensione di 98.854 persone alle attuali 137.366, mentre contemporaneamente i reati di maggiore gravità sono andati progressivamente diminuendo (gli omicidi volontari, per esempio, sono diminuiti nello stesso periodo del 25%, l’associazione mafiosa del 36%, le rapine del 33%)”.
I minori. Ben diversi sono i dati relativi ai minori e ai giovani adulti che hanno mantenuto un complessivo equilibrio nei sette anni: “Quelli ristretti negli Istituti penali per minorenni sono 390, altri 3.802 sono in messa alla prova e complessivamente il servizio minorile ha in carico 14.473 minori o giovani adulti; erano 14.212”, nella prima Relazione al Parlamento del Gnpl. Per Palma, “il primo intervento ‘trattamentale’ non risiede nella a volte fantasiosa proposta di progetti e attività, bensì nel dare istruzione e formazione. Perché sono queste a costituire il sostegno della consapevolezza che è preliminare all’assunzione della responsabilità, anche di ciò che si è commesso”. Perciò, “non è tollerabile che ci siano ancora quasi 5.000 persone che non hanno completato l’obbligo scolastico e che, anche restringendosi ai soli italiani, ci siano 845 persone analfabete e altre 577 che non hanno concluso il ciclo di scuola primaria di primo livello (nel vecchio lessico, la scuola elementare)”. Simmetricamente, “un segnale positivo” è dato dai “1.427 iscritti ai corsi universitari, nei diversi Poli che si stanno diffondendo nella penisola e che sono coordinati dalla Conferenza nazionale dei rettori”.
La privazione della libertà dei migranti. “Delle 6.383 persone che nel 2022 sono state ristrette nei Centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr) soltanto 3.154 sono state effettivamente rimpatriate – ha avvertito il Garante –. Il totale dei rimpatri è stato peraltro molto limitato: 3.916, principalmente in Tunisia (2308), in Albania (58), in Egitto (329), in Marocco (189) – numeri piccoli rispetto al clamore frequente delle intenzioni annunciate. Quello che qui conta – nel contesto dell’assoluto principio che la privazione della libertà, bene definito ‘inviolabile’ dalla nostra Carta, possa attuarsi solo nella prospettiva di una chiara finalità, legalmente prevista e sotto riserva di giurisdizione – è che circa la metà delle persone trattenute – esattamente il 50,6% – ha avuto un periodo di trattenimento detentivo senza il perseguimento dello scopo per cui esso era legalmente previsto”. Ad avviso di Palma, “il rischio è che la privazione della libertà dei migranti irregolari tenda a legittimarsi più come misura rassicurante della collettività che non come tassello efficace per una strategia che riesca a ridurre le situazioni di irregolarità di presenza nel territorio nazionale e i rischi conseguenti anche sul piano delle possibili connessioni criminali”.
In tema di salute. Nella Relazione il Gnpl si è anche occupato “delle strutture aventi connotazione penale, dei servizi psichiatrici ospedalieri e della residenzialità di natura sociosanitaria e assistenziale”. Sono 632 le persone internate nelle attuali 31 Residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza (Rems) funzionanti. Il 46,7% del totale riguarda la percentuale delle persone accolte in misura di sicurezza provvisoria. Ma oltre alle 632 persone già accolte in Rems, ce ne sono altre 675 in lista di attesa e “di esse 42 illegalmente recluse all’interno di ben 25 carceri, senza titolo detentivo”, la denuncia. Per quanto riguarda le situazioni residenziali, “sono 12.630 i presidi residenziali socioassistenziali e sociosanitari, per un totale di più di 400mila posti letto (411.992) e attualmente 305.750 le persone anziane, autosufficienti o meno e le persone adulte o minori con disabilità in essi ospitati”.
(Fonte: AgenSIR – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)