In sala “Denti da squalo” di Davide Gentile, su piattaforma “Pesci piccoli. Un’agenzia. Molte idee. Poco budget” e “A Beautiful Life”
Accostare le parole squalo e cinema rimanda immediatamente al cult da brivido di Steven Spielberg del 1975, “Lo squalo. Jaws”, alle magnetiche musiche da Oscar di John Williams. Dall’8 giugno in sala c’è un’opera che offre uno sguardo altro sul predatore dei mari: è “Denti da squalo” di Davide Gentile, una favola dark che interseca il dolore per la perdita di un genitore, la rabbia che spinge a perdersi in strade sbagliate e il desiderio di giustizia che apre al riscatto. Nel cast Virginia Raffaele, Claudio Santamaria ed Edoardo Pesce. Su Prime Video la prima serie comedy del collettivo The Jackal, “Pesci piccoli. Un’agenzia. Molte idee. Poco budget” di Francesco Ebbasta: sguardo frizzante e satirico sul mondo delle agenzie pubblicitarie che si direziona al cult “The Office”, con richiami anche al nostro “Boris”. Su Netflix il film “A Beautiful Life” di Mehdi Avaz, che si gioca tra drama e romance a sfondo musicale: un “A Star is Born” ambientato in terra danese con protagonista il cantante Christopher. Il Punto Cnvf-Sir.
“Denti da squalo” (Cinema, 08.06)
A un primo sguardo, viene subito alla mente il bellissimo e poetico film di Gabriele Salvatores, “Io non ho paura” (2003) dal romanzo omonimo di Niccolò Ammaniti. Parliamo di “Denti da squalo”, l’intensa e convincente opera prima di Davide Gentile, regista accompagnato nell’esordio dietro alla macchina da presa dal collega Gabriele Mainetti con la sua Goon Films e dal veterano Andrea Occhipinti con la Lucky Red, in collaborazione con Ideacinema, Rai Cinema e Prime Video. Un racconto di formazione che unisce sfumature dolci e lampi drammatici, persino foschi; una storia di smarrimento e di salvezza, che vede tra i temi centrali il rapporto madre-figlio, la ricerca della figura paterna, il disagio giovanile, la seduzione della criminalità e in generale il dualismo bene-male. A firmare il copione Valerio Cilio e Gianluca Leoncini, vincitori con lo script del Premio Solinas nel 2014, mentre protagonisti sono gli esordienti Tiziano Menichelli e Stefano Rosci affiancati da Virginia Raffaele, Claudio Santamaria ed Edoardo Pesce.
La storia. Periferia di Roma oggi, Walter è un tredicenne che ha smarrito la felicità: suo padre è morto in un incidente sul posto di lavoro e lui è rimasto solo in casa con la madre Rita, con cui parla poco. Walter cerca così conforto lontano da casa, nella strada. Un giorno finisce in una villa abbandonata sul litorale laziale, a Tor San Lorenzo, dove all’interno di una piscina scopre un enorme squalo. È l’inizio di un viaggio avventuroso, che prevede anche sbandate nelle pieghe del male, un viaggio che apre al cambiamento e forse al riscatto…
Così il regista Gentile: “Una fiaba drammatica, cruda, a tratti violenta, ma anche avventurosa, spericolata, sognante e divertente, come solo sa essere il passaggio da un’infanzia interrotta da un trauma familiare a un’adolescenza che si affaccia prepotente”. “Denti da squalo” è un’opera che funziona e affascina, sia per la traiettoria e la complessità del racconto che per la regia, lo stile visivo, così intenso e magnetico, che accosta l’orizzonte assolato, afoso, dell’estate con le tonalità del blu, l’ambiente dello squalo, il mondo interiore di Walter. Il film trae evidente forza dalla collaborazione con l’orizzonte creativo di Mainetti – “Lo chiamavano Jeeg Robot” (2015) –, che ha fornito supporto al regista nella scelta del cast, prestandosi inoltre alla composizione delle musiche insieme a Michele Braga.
Il cast è indovinato, e molto, a cominciare dalla sempre più brava Virginia Raffaele, qui in un ruolo su corde drammatiche e malinconiche, abile nell’esplorare l’interiorità di una madre rimasta sola, che fatica a far quadrare i conti a fine mese. Ancora, bene sia Claudio Santamaria, che non sbaglia un colpo, muovendosi nell’interpretazione tra dolcezza e note livide, sia Edoardo Pesce, anche se ormai (troppo) radicato in un ruoli da ruvido, tra l’ironico e lo spigoloso. Ottimi i due ragazzi, soprattutto l’espressivo Tiziano Menichelli. Nell’insieme, “Denti da squalo” è un film che conquista, intessuto di inquietudine e poesia. Consigliabile, problematico, adatto per dibattiti.
“Pesci piccoli” (Prime Video, 08.06)
Una bella sorpresa in casa Prime Video: “Pesci Piccoli. Un’agenzia. Molte idee. Poco Budget”, la nuova serie comica firmata The Jackal, collettivo composto da Fabio Balsamo, Aurora Leone, Ciro Priello e Gianluca Fru. Prodotta dagli stessi The Jackal insieme a Mad Entertainment e Prime Video, “Pesci piccoli” è diretta da Francesco Ebbasta; del cast fanno parte anche l’esordiente Martina Tinnirello e diversi guest tra cui Achille Lauro, Herbert Ballerina, Giovanni Mucciaccia e Gabriele Vagnato.
La storia. Nella periferia di Napoli ha sede una succursale di una nota agenzia pubblicitaria milanese, lì viene inviata la nuova manager Martina, in seguito a una promozione che suona però più come un declassamento. L’impatto iniziale è tragicomico: davanti a lei non troverà le tipiche dinamiche da affermata agenzia pubblicitaria del Nord, bensì un mondo caotico e frizzante, animato da grande professionalità, umanità e spirito di squadra.
In occasione dell’anteprima stampa romana abbiamo visto alcuni episodi di “Pesci piccoli” (in tutto sono sei) ed è stato chiaro da subito che il racconto funziona, forte di una comicità brillante e simpaticamente irriverente, nel binario tipico dei The Jackal. Al centro della storia c’è il mondo della pubblicità, delle agenzie, tra dinamiche creative, relazionali e fissazioni individuali, amplificata dal cortocircuito regionale, tra Nord e Sud. Se la proposta risulta originale, perché riconducibile all’universo comico-ideativo dei The Jackal, l’impianto chiaramente si ricollega ad alcuni titoli di richiamo nel panorama della serialità: in testa l’anglo-statunitense “The Office”, ma si possono cogliere riverberi anche di “Boris” come pure di “Chiami il mio agente!”.
La serie “Pesci piccoli” convince e diverte per il modo in cui ridicolizza vizi e virtù di un comparto professionale, il mondo della pubblicità, ma anche della vita comune di tutti i giorni, tra abitudini, aspirazioni e dipendenze mediali: fantastici Fru e Ciro ossessionati dai video per TikTok. Consigliabile, brillante, per dibattiti.
“A Beautiful Life” (Netflix, 01.06)
Per Netflix ha già diretto il family drama gastronomico “Toscana” (2022). Ora Mehdi Avaz firma una nuova opera per il colosso streaming: è “A Beautiful Life”, un dramma esistenziale a tinte romance ambientato in Danimarca, una rilettura del “sogno americano” del successo nel mondo della musica. Protagonista è un vero cantante, il popolare Christopher; con lui nel cast Inga Ibsdotter Lilleaas, Christine Albeck Børge, Ardalan Esmaili e Sebastian Jessen.
La storia. Danimarca oggi, Elliott è un pescatore ventenne senza più famiglia, rimasto orfano da piccolo dopo un incidente. Con pochi soldi in tasca, la fortuna di Elliott è una voce fuori dal comune. Una sera si esibisce in un locale per fare un favore all’amico Oliver e viene notato dalla produttrice Suzanne e dalla figlia, anche lei producer, Lilly. Elliott accetta il loro aiuto provando a scrivere e incidere un brano: e il successo arriva rapidamente, quasi travolgente. Il giovane deve così fare i conti un’inaspettata popolarità, i crescenti sentimenti per Lilly e gli irrisolti del passato che zavorrano il domani…
Rilasciato a inizio giugno, “A Beautiful Life” è volato subito sul podio dei titoli più visti di Netflix. La storia di per sé è convenzionale e prevedibile, più volte esplorata dall’industria hollywoodiana, in testa in “A Star is Born”. Nonostante un copione non troppo incisivo, il film “A Beautiful Life” possiede diversi elementi di richiamo che ne decretano la riuscita e un certo fascino: in primis la formula del cast, a partire dal protagonista Christopher che mette in campo una bella espressività e ottime performance vocali; a dare poi smalto al racconto sono i brani che puntellano la storia, tutti di facile aggancio e trasposto come “Led Me to You”, “Hope This Song is for You” e la conclusiva “A Beautiful Life”. Infine, a impreziosire il tutto la fotografia luminosa di Daniel Cotroneo. “A Beautiful Life” è una bella proposta, marcata da tenerezza e da buoni sentimenti. Consigliabile, semplice, per dibattiti.
(Fonte: AgenSIR – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)