Olio di fegato di merluzzo* di Vincenzo D’Anna*
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Olio di fegato di merluzzo* di Vincenzo D’Anna*
Chi ha avuto la fortuna di crescere negli “anni di mezzo”, o poco più, del secolo scorso, ricorderà che ai bambini veniva sistematicamente propinato un medicinale dal sapore orrendo ma dagli effetti benefici (essendo pieno di vitamine e composti vitalizanti): l’olio di fegato di merluzzo. Disgustosa che fosse quella medicina oleosa, la si ingurgitava lo stesso, con le buone ma anche e soprattutto…con le cattive. Oggi propinare un simile medicamento comporterebbe quasi sicuramente la mobilitazione di pedagoghi, psicologi, sociologi, psichiatri ed esperti dell’età evolutiva con finanche il ricorso ai magistrati per maltrattamento del minore!! Tuttavia le cose che hanno un valore e non un prezzo, non tramontano mai e per quanto risoluto sia l’adeguarsi alla modernità, la verità non tarda ad emergere rispetto a molte delle cose che sono state aborrite in passato. E’ anche vero, però, che molti non sentono ragione e non si sottraggono a conformarsi alla moda dei tempi, anzi spesso si oppongono finanche al semplice ascolto di talune amare verità. Capita quindi che sia in campo sociale che in quello politico le medicine amare, ma curative, non vengano proprio prese in considerazione all’insegna del “così fan tutti”. Questo vale soprattutto nell’epoca digitale ed iper tecnologica che ci assale con un fiume di messaggi, quasi tutti assorbiti apoditticamente dai destinatari senza riflessione alcuna. Per capirci: qualsiasi “contro storia” fatta di amare verità viene rifiutata a priori, quasi che si trattasse di un’esaltazione bigotta di attitudini che non desideriamo se non una vera e propria cospirazione contro la modernità. Da ciò nasce l’ostinazione a ripetere errori con costante monotonia fino al compiersi di un disastro nel quale non c’è avvedutezza né resipiscenza umana che tenga, ma solamente l’enormità del danno procurato alla comunità. Ora, al manifestarsi di questo danno tutti si smarcano e senza un minimo di autocritica, si mettono alla ricerca del capro espiatorio, oppure gridano all’ingiustizia solo quando questa non abbia procurato loro alcun personale tornaconto. Solo l’amara verità scaturente da un’analisi critica del comportamento sociale degli italiani, potrebbe disvelare alla massa dei cittadini l’origine di taluni mali dai quali dipendono fattori deprecabili e deprecati ma mai risolti. Alzi la mano chi non si sia mai lamentato dell’alta ed iniqua tassazione, dello stratosferico debito statale, della perenne crisi economica, dell’inflazione che erode i salari, dell’elevato grado di corruttela e di clientelismo che la politica favorisce per proprio tornaconto elettorale!! Insomma siamo innanzi ad uno Stato che, seppure sull’orlo della rovina economica e finanziaria, viene “tollerato” e subìto in silenzio. Una storia “senza nomi” e senza colpevoli che va avanti da mezzo secolo, imperterrita, senza che il potere politico ne corregga le storture e le diseguaglianze che ne derivano. Per capire quanto lunga nel tempo sia questa pervicace ed interessata cecità verso il dissesto economico, basti raccontare un episodio storico degli anni Cinquanta del secolo scorso, allorquando Luigi Einaudi, economista e pensatore liberale, dovette cedere la poltrona di Capo dello Stato a Giovanni Gronchi, democristiano e sindacalista. Nell’accomiatare Einaudi, Gronchi non mosse un passo verso la porta: un segno di disprezzo nei confronti dell’uomo che aveva fatto della lira la moneta premiata nel mondo. Bastarono pochi giorni perché le grandi aziende di Stato come l’Iri ricevessero, dal canuto nuovo inquilino del Colle, l’ordine che in quanto statali tali realtà non dovessero produrre più utili di impresa. Insomma le aziende statali venivano trasformate in greppie per i partiti politici, con finanziamenti, assunzioni, progetti finalizzati alla rendita elettorale, più che al buon funzionamento, di chi in quel momento occupava le poltrone che più contavano. L’allocazione pubblica delle risorse soppiantò quella privata del libero scambio basato sulla competizione. Enrico Mattei, a capo dell’ENI fu l’esecutore principale di questa svolta ed a capo dell’Eni, fu l’esecutore principale di questa svolta scellerata e per quanti meriti egli avesse maturato , fu anche il primo e grande finanziatore dei movimenti politici e di quella tradizione di saccheggio dello Stato sfociata (ma non terminata) quarant’anni dopo in Tangentopoli. Serve a qualcuno che lo si ricordi? Serve alla politica di oggi rivalutare le cause vere e prime dello scempio del pubblico danaro e di uno Stato che viene governato a debito crescente da chiunque ne abbia assunto il governo? Oggi a capo del governo c’è la piccola e gracile Meloni, che pare voglia tornare su quei passi scellerati. Non le farebbe male quindi l’amara politica della verità. Abbandonato l’olio di ricino, sarebbe bene propinare quello di…fegato di merluzzo!!
*già parlamentare
FONTE:
(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)
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