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Giornata mondiale comunicazioni sociali. Cei: “Comunicare è agire col cuore”

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Quattro film per quattro verbi: andare, vedere, ascoltare e parlare col cuore. È il sussidio preparato dalla Commissione nazionale valutazione film della Cei, in vista della Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, in programma domenica prossima, 21 maggio, per “riflettere su tre azioni precise – vedere, ascoltare, parlare – che, se ritmate dai palpiti del cuore, danno vita alla comunicazione”, spiega il direttore dell’Ufficio nazionale della Cei per le comunicazioni sociali, Vincenzo Corrado: “Non ci possono essere ascolto e parola se manca l’incontro; come, d’altronde, non ci può essere incontro senza l’ascolto e la parola. E ancora non ci può essere parola senza incontro e ascolto. L’arbitro di questo bellissimo ‘gioco’ è sempre il cuore: la vitalità comunicativa trae linfa dalle sue pulsazioni”. Questi i quattro film scelti da fare da “guida” al sussidio “Cinema che parla col cuore”, curato da Massimo Giraldi, Sergio Perugini, don Andrea Verdecchia ed Eliana Ariola: “Grazie ragazzi” (2023) di Riccardo Milani; “The Fabelmans” (2022) di Steven Spielberg; “Un anno con Salinger” (2021) di Philippe Falardeau; “Non così vicino” (2023) di Marc Forster. Per ogni film un verbo che ricorda il movimento: andare, vedere, ascoltare e parlare col cuore. A corredo del testo un omaggio a un classico del cinema, “Vacanze romane” (1953) di William Wyler, di cui ricorrono i 70 anni. “Sulla figura del protagonista Joe Bradley (Gregory Peck) – sottolinea il direttore dell’Ufficio Cei – il ricordo diventa invito agli operatori della comunicazione a rimettere al centro il codice deontologico, i valori. Insomma, ad agire con il cuore”. “Non è un affare solo di lettere, di vocali e consonanti di qualsivoglia lingua”, spiega Arianna Prevedello, responsabile della formazione e azione pastorale dell’Acec,  in una nota: “È cercare posture e atteggiamenti che dicano prima di tutto il bene per l’altro, prima ancora che per le sue idee, il rispetto della sua condizione prima ancora che il venire riconfermati nei nostri modi di vedere il mondo”.

“Grazie, ragazzi” è il remake del francese “Un triomphe” (2020) di Emmanuel Courcol, che recupera una storia vera avvenuta quasi quarant’anni fa in Svezia: l’esperienza di un laboratorio teatrale in un carcere per la messa in scena di Aspettando Godot del Premio Nobel Samuel Beckett. “Una scommessa forse azzardata, che però cambierà la vita di tutti”, si legge nel sussidio: “Un attore al capolinea professionale, ma anche esistenziale, si mette in gioco con un gruppo di detenuti. Tutti loro sono spaesati, mossi da un senso di sfiducia e sconfitta verso la vita, ma l’esperienza del palcoscenico, le prove sul copione di Godot, finiscono per riaccendere entusiasmo nelle loro vite”.  La prima parte del film richiama il film dei fratelli Paolo e Vittorio Taviani “Cesare deve morire” (2012), Leone d’oro al Festival di Berlino, ma subito dopo “lo supera”: lì veniva raccontato il percorso di messa in scena teatrale del Giulio Cesare di William Shakespeare a Rebibbia, sino al debutto; in Grazie ragazzi si va oltre raccontando la sera della prima, le repliche e persino la tournée nei teatri del Centro Italia. Poi il finale, che affascina e spiazza, con una suggestione aulica e un retrogusto di amarezza. “Pregio del film – commentano i curatori del sussidio – è il mettere a tema la vita nelle carceri, il bisogno di vedere tali strutture non solo come luoghi di detenzione ma (soprattutto) come spazi di recupero, di cambiamento. Un cambiamento che può partire dalla cultura, dall’arte, dal teatro, un cambio di rotta esistenziale che apre alla salvezza”.

L’ultimo film di Steven Spielberg, “The Fabelmans”, è il film “manifesto” del sussidio, dove il regista statunitense rilegge la propria biografia familiare e professionale, raccontando il momento in cui da bambino ha scoperto il potere del cinema. È la stessa suggestione di Paolo Sorrentino nel suo personale, bellissimo, “È stata la mano di Dio” (2021): cinema che salva e apre all’idea di futuro.

“Un anno con Salinger” (My Salinger Year, 2021) di Philippe Falardeau si muove nel perimetro della commedia sentimentale, attorno alla figura di J.D. Salinger, noto autore del romanzo cult generazionale Il giovane Holden (1951). Un film che mette a tema, oltre al valore della cultura, anche un’etica e una deontologia professionale che poggia sull’attenzione al prossimo, sull’umanità e tenerezza. La giovane protagonista – si racconta nel sussidio – si mette in ascolto, attento, dei tanti ammiratori di Salinger: legge davvero le lettere, si sintonizza sulle storie di chi si appella al celebre scrittore in cerca di consigli, conforto o semplicemente ascolto. Sente che quelle persone meritano ben più di una risposta standardizzata, così scrive pagine nuove, di umanità autentica.

Il film “Non così vicino” (A Man Called Otto, 2023) di Marc Forster, con protagonista un sempre magnifico Tom Hanks, tratteggia una dolce riflessione sulla vita. È la parabola di un uomo solo, ferito, assillato dall’idea del suicidio, che grazie a vicini affettuosi e “invadenti” impara una nuova grammatica, quella della condivisione. Da burbero riscopre un comunicare con il cuore. Per i curatori del sussidio, il film merita di essere visto “perché con ironia e dolcezza affronta temi di stringente attualità: il senso di solitudine in una società mediaticamente rumorosa e caotica; l’importanza della riscoperta dell’altro, di quella prossimità solidale che è andata sbiadendo sempre più”.

(Fonte: AgenSIR – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

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