C’è un altro stile di comunicazione
“Sogno una comunicazione ecclesiale che sappia lasciarsi guidare dallo Spirito Santo, gentile e nel contempo profetica, che sappia trovare nuove forme e modalità per il meraviglioso annuncio che è chiamata a portare nel terzo millennio. Una comunicazione che metta al centro la relazione con Dio e con il prossimo, specialmente il più bisognoso, e che sappia accendere il fuoco della fede piuttosto che preservare le ceneri di un’identità autoreferenziale. Una comunicazione le cui basi siano l’umiltà nell’ascoltare e la parresia nel parlare, che non separi mai la verità dalla carità”.
C’è il richiamo al “sogno” nel messaggio di Papa Francesco per la 57ª Giornata mondiale delle comunicazioni sociali dal titolo “Parlare col cuore. ‘Secondo verità nella carità’ (Ef 4,15)” che ricorre il 21 maggio.
Sognare non è una fuga dalla realtà e dalla responsabilità ma è osare percorsi inediti, profetici, per condividere con l’altro le gioie e le preoccupazioni, le fatiche e le speranze. Per far nascere domande sul senso della vita di fronte allo scorrere quotidiano di immagini, parole, pensieri.
Sognare una comunicazione che ascolta e parla con il ritmo del cuore può apparire molto distante dall’accavallarsi e dall’annullarsi di onde mediatiche in spazi antichi e moderni.
Ascoltare e parlare con il cuore diventa difficile, a volte impossibile, considerando i meccanismi che sovente fanno ruotare su sé stessa la mediasfera portando al bivio tra lo staccare la spina e il cercare parole alternative a quelle usurate e svuotate.
A questa seconda scelta che richiama la cura dell’altro il Papa invita non solo i professionisti a far sì che la comunicazione sia un esercizio di umanità e di fraternità, un esercizio generativo di fiducia e di stima reciproca nella diversità di orientamenti e di scelte. A questo esercizio è chiamata una Chiesa che si lascia guidare e rinnovare dallo Spirito Santo. C’è l’invito ad andare alla sorgente del cambiamento interiore perché avvenga un cambiamento nelle relazioni interpersonali, nel discorso pubblico, nelle espressioni mediatiche. Questa sorgente è il cuore dell’uomo, “un cuore che vede” come scrive Benedetto XVI citato da Francesco.
Si può leggere in questa immagine l’invito ad avere sul mondo e sulla storia lo sguardo di Dio, uno sguardo di tenerezza, uno sguardo che accompagna con umiltà l’ascolto e con sincerità il racconto.
Tornano alla mente le parole dell’apostolo quando chiede di essere “pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi. Tuttavia, questo sia fatto con dolcezza e rispetto, con retta coscienza…”
In quelle di Pietro si pongono le parole di Francesco: “Solo ascoltando e parlando con il cuore puro possiamo vedere oltre l’apparenza e superare il rumore indistinto che anche nel campo dell’informazione non ci aiuta a discernere nella complessità del mondo in cui viviamo”.
C’è uno stile da scoprire e condividere, uno stile che pur incontrando molteplici difficoltà, può fare della comunicazione un terreno di incontro e non di scontro, può fare dei dibattiti mediatici e dei confronti di ricerche e di opinioni diverse occasioni per conoscere, pensare, scegliere.
L’invito è rivolto a tutti. Afferma Papa Francesco: “In un tempo storico segnato da polarizzazioni e da contrapposizioni – da cui anche la comunità ecclesiale non è immune – l’impegno per una comunicazione ‘dal cuore al cuore’ non riguarda esclusivamente gli operatori dell’informazione ma è responsabilità di ciascuno. Tutti siamo chiamati a cercare la verità e a farlo con carità. Noi cristiani in particolare siamo continuamente esortati a custodire la lingua dal male…”.
Nella mediasfera sono coinvolti mondi diversi: la famiglia, la scuola, la società, luoghi dove i pensieri possono nascere liberi o prigionieri possono fiorire nella creatività o appassire nella mediocrità. Ed è proprio qui che il tema della comunicazione si coniuga con quello dell’educazione, della formazione della coscienza, dell’arte di ascoltare e di parlare con il cuore.
Viene allora da Francesco un accenno all’attualità: “Abbiamo bisogno di comunicatori disponibili a dialogare, coinvolti nel favore un disarmo integrale e impegnati a smontare la psicosi bellica che si annida nei nostri cuori. (…) Si rimane atterriti nell’ascoltare con quanta facilità vengono pronunciate che invocano la distruzione di popoli e territori”.
Le parole quando vengono da “un cuore che vede” esprimono lo splendore e non il declino di una civiltà, esprimono il desiderio dell’uomo di camminare verso le mete alte del pensiero e della vita.
(Fonte: AgenSIR – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)