*Il camorrista* di Vincenzo D’Anna*
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*Il camorrista*
di Vincenzo D’Anna*
Finalmente ce l’hanno fatta. Nicola Cosentino è finito nuovamente in carcere per un reato che…non c’è e che è stato costruito con pazienza ed abnegazione a botta di sentenze. Un reato, insomma, di tipo “giurisprudenziale”, che, agendo in combinato disposto con la legislazione sui pentiti, sta consentendo, da decenni, agli stessi magistrati inquirenti – ovvero alle Procure ed ai pubblici ministeri – un’impunità ed una discrezionalità che stride con il dettato della Carta Costituzionale ed i diritti normalmente riconosciuti ai liberi cittadini. Più volte nella mia veste di deputato prima e di senatore poi, insieme con i colleghi di fede liberale, ho chiesto al Parlamento di voler “adeguare” tipizzando il reato inserendolo poi nel vigente codice penale, sia per quanto riguarda il concorso esterno sia per quanto concerne la gestione dei cosiddetti collaboratori di giustizia che si dice costi ai contribuenti italiani circa un miliardo di euro all’anno, per le agevolazioni economiche che vengono concesse. Aggiungiamo anche gli sconti di pena e il dissequestro dei beni ai malavitosi e ci troviamo fior fiori di malviventi liberi e sostenuti dallo Stato!! Il tutto senza alcun preventivo riscontro, fattuale, logico- temporale, da parte di un giudice terzo (al processo in corso) che ne attesti l’affidabilità e la reale significativa importanza delle dichiarazioni via via rese. Eppure la legge sui pentiti è ormai vecchia di mezzo secolo, essendo stata adottata in uno stato di emergenza negli ormai lontani tempi in cui imperversavano le Brigate Rosse, spalleggiate da quanti intendevano sovvertire le istituzioni democratiche della Repubblica. Così per il concorso esterno in associazione mafiosa, reato del tutto estraneo ai codici penali delle nazioni emancipate e libere ove per condannare qualcuno occorrono le prove e non le chiacchiere per convincere il pubblico ministero di turno. Costui, dominus dal quale “dipendono” i pentiti, pur essendo l’accusatore dell’imputato, promette ed elargisce quel che vuole a cura e spese della pubblica amministrazione. Per quanti ancora non lo sapessero, in questa fattispecie di reato dal sapore incerto, l’onere di fornire la prova passa dal pubblico ministero all’imputato, costretto spesso a dover dimostrare egli stesso che le dichiarazioni del pentito siano fasulle o di nessuna rilevanza. Un siffatto sistema può inquisire e quindi carcerare chiunque: basta acquisire qualche dichiarazione su fatti ed eventi che non necessariamente devono anche essere provati. In questa cornice di violazione sistematica dei diritti e delle libertà si incastona la vicenda giudiziaria dell’ex leader campano di Forza Italia, colui che in un lasso breve di tempo riuscì a ribaltare il dominio ventennale della sinistra stracciando il bassolinismo che, fin lì, aveva imperato nella nostra regione. Per dare la dimensione del valore politico di quella impresa, basti pensare che sotto la guida di Cosentino il centrodestra vinse alle politiche con la percentuale del 51% dei voti espressi, cancellando finanche il record di voti che nel lontano 18 aprile del 1948 aveva visto trionfare la Dc di Alcide De Gasperi. Un politico di grande spessore che aveva avuto la “sfortuna” di nascere a Casal di Principe terra in cui imperversavano i clan dei Casalesi. E veniamo al fatto specifico: Nicola Cosentino è sempre stato accusato da pentiti e senza altra prova esibita dagli inquirenti, sulla base di dichiarazioni rese de relato (ascoltate non direttamente) da soggetti che mai lo videro, sentirono o frequentarono. Ritenuto apoditticamente il capo dei camorristi, l’ex sottosegrerario è stato assolto in ben due analoghi procedimenti perché il fatto non sussiste!! Incarcerato quindi, grazie alla legge sul concorso esterno, ha scontato oltre quattro anni di carcere per quei processi finiti poi nel nulla. Cancellate le ipotesi di reato più infamanti, restava l’accusa di scambio elettorale e con essa la possibilità di poter pareggiare i conti da parte della Procura per la ingiusta detenzione e la conseguente imbarazzante situazione, per gli inquirenti, di veder dimostrata la completa nullità delle accuse dopo anni di indagini, contro colui che aveva fatto un assunto la “camorrista” per antonomasia agli occhi di tutti gli italiani. In quest’ultimo processo l’accusa è’ quella di aver segnalato persone da assumere, e se a ciascuno che si sia raccomandato venisse irrogata una pena a dieci anni di carcere l’Italia sarebbe un deserto.!!! L’accusatore è stato uno solo: Gaetano Vassallo, ex presidente del Consorzio per smaltire i rifiuti, ritenuto poi colluso con gli ambienti malavitosi, poi pentitosi. Ritenuti attendibile per aver fatto condannare un altro galantuomo politico, Mario Landolfi, ex ministro del governo Berlusconi, reo di aver agito politicamente (legittimamente) per mantenere in piedi la giunta municipale di Mondragone, intervenendo in tel senso su di un assessore dimissionario (!!). Vassallo dunque è considerato attendibile e quello che dice non deve essere provato. Al contrario per Cosentino sono stati attendibili anche pentiti che dicevano di averlo incontrato e corrotto nel periodo in cui questi camorristi giacevano detenuti in carcere!! Insomma non si poteva assolverlo anche stavolta!! Evidentemente alla giustizia scalcagnata e politicizzata di questa nazione serviva, per non sfigurare, e tenere candido l’ermellino della toga, un camorrista eccellente e meglio ancora un politico di Centro Destra distrutto. Sono stati accontentati.
*già parlamentare
FONTE:
(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)
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