La pace che Andrea cercava e un’armonia da ritrovare
Andrea Papi ha commentato con una sola parola “Peace!” – in inglese, come fanno i giovani – il video inviato alla madre Franca con il panorama dei sentieri intorno a malga Grum. Ha immortalato quel suo ultimo giro di corsa, lasciando ai suoi cari un pensiero pacifico e gioioso. Vorremmo si sovrapponesse per sempre a quello del duello crudele con l’orsa JJ4 che pochi minuti dopo non gli ha lasciato scampo.
Come ha detto al funerale il parroco don Renato ci impegniamo a “vivere come nostro il dolore dei familiari di Andrea e offrire loro la nostra vicinanza colma di affetto, fatta non di parole di circostanza, ma di riflessione silenziosa e di impegno a costruire una società più fraterna“.
“Porteremo Andrea con noi”, come ha concluso il suo parroco, se ci impegniamo a coltivare il suo sogno di pace, che era anche d’impegno con gli amici e di stupore per il creato. Se avvertiamo insieme ai suoi genitori quell’umanissimo senso di “dignità offesa” – come hanno scritto nella loro sofferta lettera – che questa prima mortale aggressione trascina con sé.
“Almeno oggi un po’ di silenzio”, ha chiesto la fidanzata Alessia in un post nel giorno dei funerali, per mettere a tacere insulti e minacce, per lasciare liberi il pianto e gli abbracci.
La ricerca angosciata di Andrea nei boschi di casa, il ritrovamento del suo cadavere, ora l’individuazione di un’orsa, già ritenuta pericolosa, hanno segnato in questi giorni un trauma per tutta la comunità trentina. Per i tanti motivi – politici, gestionali, culturali… – che già erano affiorati nelle precedenti aggressioni ma ora esplodono davanti alla perdita di una vita umana e fanno pronunciare a tanti lo stesso doloroso aggettivo: tragedia “annunciata”. Vicinanza alla famiglia, in queste prime giornate di lutto parallele alla passione di Gesù, significa anche provare a individuare con la “giusta distanza” i criteri di riferimento.
Prima ancora del dibattito su un progetto che – lo hanno detto tutti – si è rivelato di gestione difficile e insufficiente, prima di valutarne quindi l’utilità in relazione agli obiettivi, ci preme sottolineare quanto talvolta rischiamo di dimenticare: il primato di una vita umana – meglio, della singola persona – rispetto a tutti gli altri esseri viventi; per chi crede, soltanto dell’uomo, si dice che Dio “lo ha fatto a sua immagine e somiglianza”, in una posizione che anche il pensiero umanistico laico talvolta condivide, con altre motivazioni. E la Sacra Scrittura, fin dalla Genesi e fino agli Atti degli Apostoli, ribadisce il piano di Dio sulla creazione e il posto speciale che l’uomo ha nella relazione con Dio, con il prossimo e con la terra: “Gloria di Dio è l’uomo vivente!”.
Anche Papa Francesco nelle pagine della Laudato Si’ in cui descrive l’equilibrio tra uomo e creato afferma: ”La capacità di riflessione, il ragionamento, la creatività, l’interpretazione, l’elaborazione artistica ed altre capacità originali mostrano una singolarità che trascende l’ambito fisico e biologico. La novità qualitativa implicata dal sorgere di un essere personale all’interno dell’universo materiale presuppone un’azione diretta di Dio, una peculiare chiamata alla vita e alla relazione di un Tu a un altro tu. A partire dai testi biblici, consideriamo la persona come soggetto, che non può mai essere ridotto alla categoria di oggetto”.
Attenzione, però, perché questa dignità riconosciuta all’uomo comporta una grande responsabilità: non solo nei confronti dei suoi simili, anche verso l’ambiente e quanti ne fanno parte, sempre più riconosciuto come manifestazione della bellezza creatrice di Dio. Ecco, l’uomo giardiniere del Creato: nella sua cura della casa comune talvolta deve fare anche scelte impegnative, sofferte. Improprio applicare direttamente questi principi in piani di trasferimento, strategie di dissuasione o campagne di comunicazione. È anche nel sogno di Dio che l’uomo possa godere del dono del Creato, conservandolo e valorizzandolo, rispettando i tempi e i ritmi, senza ergersi per questo a dominatore/soggiogatore come vorrebbe certo “antropocentrismo” che autorizza distruzione e prepara sottosviluppo.
“Life Ursus” – sul quale dovremo a lungo riflettere – non è forse soltanto il titolo di un progetto finanziato dall’Unione europea. Da oggi viene a indicare anche un esempio cruciale in cui – ben oltre la convivenza tra uomo e orsi – c’è un’armonia da ritrovare fra i criteri morali che sopra abbiamo richiamato in sintesi. Ben sapendo che essi vanno poi declinati in scelte politiche (non è un caso che tutti e quattro i responsabili provinciali ammettano ora delle perplessità), strategie amministrative e azioni culturali, anche pedagogiche.
Con una consapevolezza, confermata da tante storie d’impegno per un’ecologia integrale: che anche quest’armonia sarà comunque sempre delicata, sottoposta al limite che è insito nella natura umana. Un’armonia fragile, quindi continuamente da ritrovare. È anche questa la missione che dobbiamo assumerci per rincorrere il sogno di pace di Andrea.
(*) originariamente pubblicato su “Vita Trentina”
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