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Caiazzo. Elezioni comunali, arriva la conferma: Ida Sorba ‘molla’ Giaquinto e non si ricandida

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La notizia era nell’aria da tempo, amplificata da “radio fante” dacchè il sindaco non ha più citato il nome del suo secondo vicario che lo ha mollato ovvero da quando, dopo l’addio di Antonio Ponsillo, il primo cittadino ha perduto anche Ida Sorbo che, assente a tutti i recenti “grandi eventi” locali, ora ufficializza, con più che adeguate motivazioni, il suo ritiro dalla contesa elettorale cittadina, con un preambolo:

“Contemporaneo è colui che tiene fisso lo sguardo nel suo tempo per percepirne non le luci ma il buio” (Giorgio Agamben).

Chi vede solo le luci ne rimane accecato. Per salvare la politica, dobbiamo fare i conti con noi stessi, a partire dal nostro buio, individuale e collettivo.

Con questa lettera aperta comunico che non sarò candidata alle prossime elezioni amministrative 2023.

E’ stata una scelta maturata nel tempo, presa con grande sofferenza e rammarico ma necessaria perché ciò che mi spinse alla candidatura cinque anni fa, oggi mi impone di fermarmi, e non per incoerenza, ma per il rispetto che ho della politica, delle istituzioni e dei cittadini che ci hanno scelto come rappresentanti.

Già nell’inverno 2019, in giorni di vero sconforto, dopo il mio primo anno di consiliatura, ho capito che la politica “intrappolata” nel ruolo dell’amministratore locale produce effetti contrastanti e che c’è, nelle istituzioni cittadine, la tendenza a dare all’azione politica un orientamento di mercato, accontentando pochi, poi molti, poi magari tutti, ma dimenticando che spesso gli interessi condivisi da tutti possono non rappresentare gli interessi generali per una città che dovrà naturalmente sopravviverci e che, talvolta, andrebbero prese decisioni impopolari, anche in contrasto con tutti, per costruire l’avvenire.

Il consenso elettorale però ha tempi e scadenze diversi dalla politica che guarda al futuro lontano.

Il problema, se così possiamo definirlo, è proprio in questo presupposto.

Essere stata una consigliera comunale di maggioranza mi ha insegnato sin da subito a riconoscere il valore e la funzione del saper contraddire.

Il fondamento stesso della politica non è forse quello di saper governare il conflitto?

In questo è stato molto importante il ruolo di Presidente del Consiglio comunale da me esercitato per gran parte del mandato, non privo di errori ma svolto sempre con coscienza e senso di responsabilità, senza dimostrazioni di appartenenze fideistiche a un gruppo, tentando di garantire il confronto tra le parti politiche, condizionate spesso da livori e astio personale.

Anche il rapporto con i cittadini è stato complicato: spesso il voto viene visto dalla stessa cittadinanza come un’arma di ricatto ed è la stessa cittadinanza ad alimentare un sistema che poi è pronta a biasimare.

Piero Gobetti ebbe a dire che “la tribù preoccupa più del capo”: quando si mette in dubbio l’operato di un amministratore ma, oltre l’aggressione strumentale, non c’è un’effettiva e costruttiva partecipazione, allora viene a mancare qualsiasi presupposto dell’esercizio politico democratico.

Le idee camminano sulle gambe degli uomini, a Caiazzo vanno rimesse insieme le persone.

Ho guardato e riascoltato i comizi: ho visto in me una persona giovane e inesperta ma animata dal proposito di cambiare una cultura politica che ormai è spoliticizzata.

Quando mi sono accorta che stavo perdendo quell’entusiasmo di chi ha la presunzione di poter ancora cambiare il mondo,  ho compreso che era arrivato il momento che temevo ma che sarebbe stato necessario; me lo dovevo e ve lo dovevo.

Troppo facile dire di aver fatto bene: io di errori ne ho commessi molti, forse per inesperienza o forse per una serie di situazioni contingenti che mi hanno demoralizzato, portandomi a vivere la mia attività con profondo malessere.

Chi mi ha conosciuto in questi anni sa quanto sia stato difficile. Ciò nonostante amo la politica, sono rimasta la donna libera che ero cinque anni fa, anzi, oggi lo sono più consapevolmente.

Ci sono ancora battaglie da fare e altre da riprendere a cui non voglio rinunciare anche senza far parte della Civica Assise.

Di una esperienza che si appresta a finire si tirano sempre le somme e nelle ultime settimane ho ripercorso idealmente questi cinque anni: ho ricevuto più sconfitte che vittorie, più delusioni che soddisfazioni, mi sono sentita inadeguata e persa, a volte sola, umanamente e politicamente, e non è vero che sono due aspetti diversi: la politica va pensata e sentita.

Forse chiunque sceglie questa strada prima o poi fa i conti con la propria solitudine. L’aspetto migliore è che però ho studiato, tanto e sempre, e ho imparato molto, dalle carte e dalla relazione con gli altri. Non ci si può improvvisare amministratori, il senso di responsabilità deve essere un imperativo per le nostre coscienze politiche e il presupposto per le nostre azioni, al di là delle cariche rivestite.

Mi piace molto un proverbio arabo che dice che chi semina datteri non mangia datteri: bisogna gettare semi sperando che, presto o tardi, qualcuno di essi germoglierà; bisogna piantare oggi per vedere frutti rigogliosi maturare domani su alberi dalle salde radici; bisogna saper attendere e saper scegliere se ora é il momento di piantare un albero o di mangiare un frutto.

Nel pensiero greco, dove tutto è cominciato e dove ogni tanto torniamo per cercare le risposte, troviamo una massima pronunciata dall’oracolo di Delfi: Ίδια φύλαττε (“custodisci ciò che è tuo”): mi sembra un bel modo per cominciare a guardare lontano, custodendo il futuro.

Non rinnego la mia scelta di candidarmi del 2018 perché so quanto sia stata ponderata nonostante le prime opposizioni a tale scelta siano arrivate dalle persone a me più vicine.

Ho sempre tenuto mio padre fuori dalla mia attività, per tutelarlo e perché per me è un modello politico di ispirazione con cui diventa difficile però riuscirmi a confrontare; non ho ascoltato i suoi consigli, non mi sono fatta forte della sua esperienza di consigliere e sindaco e ho intrapreso la mia.

Forse non sarà d’accordo neanche questa volta con me. Lui, in questi anni, è stato il mio primo oppositore e, per quanto ne abbia sofferto, continua a dimostrarmi che la politica è un bene superiore e che costa, a volte, anche i rapporti affettivi.

Cito per la prima volta lui e l’unica cosa che mi ha sempre ripetuto instancabilmente: sapere, saper essere e saper fare.

Questo è il punto di partenza.

Sarà il tempo, più che il momento, a fare di noi dei buoni politici quando saremo in grado di pesarci.

(Ida Sorbo – Lettera Aperta – Archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web© Diritti riservati all’autore)

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