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Attualità

In sala “Air. La storia del grande salto” di Ben Affleck e su Apple TV+ il doc “The World vs. Boris Becker” 

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Due stelle dello sport esplose nel firmamento degli anni ’80 brillano ora tra cinema e piattaforma. Il primo è il campione del basket Michael Jordan, uno dei più grandi atleti di tutti i tempi, che viene raccontato in maniera “inedita” da Ben Affleck in “Air. La storia del grande salto” – al cinema dal 6 aprile con Warner Bros. –, un film che segna il ritorno del sodalizio con l’amico di sempre Matt Damon. È la storia di come la divisione basket della Nike guidata dal lungimirante Sonny Vaccaro intuì le potenzialità di Jordan, offrendogli un contratto di sponsorizzazione a quel tempo unico, che comprendeva il lancio della linea di scarpe Air Jordan. Su Apple TV+ dal 7 aprile sbarca il documentario in due parti “The World vs. Boris Becker” di Alex Gibney passato in cartellone al 73° Festival del Cinema di Berlino, il ritratto, tra ascesa e caduta, dello straordinario campione di tennis tedesco Boris Becker, il più giovane trionfatore di Wimbledon. 

“Air. La storia del grande salto” (Cinema, 06.04)

Il primo Oscar Ben Affleck lo ha vinto insieme all’amico Matt Damon nel 1998 per la sceneggiatura originale di “Will Hunting. Genio ribelle”. Il secondo titolo dell’Academy è arrivato nel 2013, la statuetta per il miglior film “Argo”, da lui diretto, interpretato e prodotto. Dopo un giro di giostra tra alti e bassi, tra set e vita personale, da tempo Affleck è tornato sulla cresta dell’onda infilando un progetto riuscito dopo l’altro. Dal 6 aprile è nei cinema con la sua quinta regia “Air. La storia del grande salto” (“Air”), un copione scritto da Alex Convery, film che gli ha permesso di riformare sullo schermo lo storico sodalizio con Damon, cui si aggiungono anche altre stelle di peso di Hollywood come il Premio Oscar Viola Davis, Jason Bateman, Chris Messina e Chris Tucker.
Affleck ha deciso di raccontare la storia del mito sportivo Michael Jordan attraverso un’angolatura meno prevedibile, poco conosciuta: lo storico accordo con la Nike nel 1984, a inizio carriera, che ha portato anche alla nascita della scarpa Air Jordan. Un’impresa dove ha giocato un ruolo decisivo la mamma del campione, Deloris. “Forse la cosa più interessante del film per me – ha sottolineato Affleck – è stata che, con lo sviluppo della trama, il vero protagonista non è così scontato. In effetti mi sono reso conto che il fulcro del film è il personaggio interpretato da Viola Davis, Deloris Jordan”.

La storia. Stati Uniti, 1984. Il manager Sonny Vaccaro (M. Damon) viene incaricato dal fondatore-CEO della Nike Phil Knight (B. Affleck) di far crescere la divisione basket dell’azienda. Si mette pertanto alla ricerca del giocatore capace di fare la differenza, di far spiccare il volo all’azienda tra le calzature da basket in America (in quel periodo soffriva il dominio del mercato da parte di Converse e Adidas). Insieme al vice del marketing Rob Strasser (Jason Bateman), Sonny adocchia le potenzialità di Michael Jordan e si reca personalmente a casa della famiglia del ragazzo dove incontra la madre Deloris (Viola Davis). Inizia così una serrata trattativa tra i due affinché Michael leghi il suo nome alla Nike…
“Air. La storia del grande salto” è anzitutto un tuffo inebriante nel vorticoso decennio ’80, nel flusso musicale, cinematografico, culturale e della moda oltre che sportivo. Una grintosa e brillante operazione nostalgia che trova immediata presa sullo spettatore. Raccontando la stagione della scoperta di Jordan, il film ci consegna alcune suggestioni interessanti. La prima è la spericolata impresa finanziaria di un gruppo di “visionari”, capaci di intuire e scommettere sulle potenzialità di un giovane, accettando di avventurarsi in accordi economici azzardati che poi hanno fatto la storia dello sport, del marketing e del business in generale.
A ben vedere, il film “Air. La storia del grande salto” ci parla del “sogno americano”, del mito del “homo faber fortunae ipsius”, di quella capacità di emergere cambiando corso al proprio futuro. Il manifesto del self-made man a “stelle e strisce” che unisce desiderio, ambizione e gloria, una gloria legata a doppio filo al denaro: è una visione profondamente terrena, materialista.
Detto questo, il film di Ben Affleck è assolutamente coinvolgente, il racconto di un’impresa pioneristica, del successo di un team creativo-produttivo, e al contempo della forza trascinante di una madre, Deloris Jordan, che ha saputo osservare e custodire il talento del proprio figlio, accompagnandolo sino al podio più grande.
“Air. La storia del grande salto” funziona, è ben diretto e interpretato, ha grande ritmo e procede con agilità, forte anche di un’atmosfera di grande richiamo, memorabile. E che meraviglia, poi, ritrovare il duo artistico Affleck e Damon, che passati venticinque anni da quell’Oscar non appaiono affatto appannati. Anzi, la loro luce brilla più che mai. Consigliabile, brillante, per dibattiti.

“The World vs. Boris Becker” (Apple TV+, 07.04)

Uno dei più grandi campioni di tennis degli anni ’80-’90, il più giovane sul podio di Wimbledon a soli 17 anni, viene raccontato nel documentario “The World vs. Boris Becker” (“Boom! Boom!: The World vs. Boris Becker”) diretto da Alex Gibney, Premio Oscar nel 2008 per “Taxi to the Dark Side”. Diviso in due parti della durata di 120 minuti – la prima “Triumph”, la seconda “Disaster” –, il documentario ci conduce nella straordinaria e tragica vita del campione tedesco Boris Becker, vincitore di 6 titoli del Grande Slam (3 volte sull’erba a Wimbledon), 49 titoli in generale in carriera e un oro olimpico. Un fuoriclasse della racchetta, precipitato però in una vertigine di guai finanziari e giudiziari, che lo hanno portato a un’amara condanna nel 2022.
Il documentario fa un sapiente uso di filmati di repertorio, capaci di raccontare il percorso sportivo ed esistenziale di Becker, dall’ascesa a Wimbledon nel 1985 a successivi traguardi, come pure di efficaci interviste: dello stesso Becker, di John McEnroe, Bjorn Borg, Michael Stich, Ion Tiriac, Nick Bollettieri, Mats Wilander, Barbara Becker e Novak Djokovic. Il regista Gibney, con un lavoro durato tre anni insieme al produttore John Battsek, ha composto un quadro dettagliato del campione e dell’uomo, mostrandone luci e ombre, incanto e scaltrezza, talento e sfrontatezza.
Nella narrazione entrano in primis la disciplina sportiva, il legame con il coach Günther Bosch e lo spigoloso manager Ion Tiriac, poi con il team di Nick Bollettieri; ancora, si assiste  all’ammirazione per Björn Borg, le brucianti rivalità con Andre Agassi e Michael Stich. A far parte del racconto sono tutti gli aspetti della vita di Becker, le sfumature del rapporto con i genitori, la scelta di affidarlo al manager “padre-padrone” Tiriac, l’incontro folgorante con la prima moglie Barbara, il tradimento e il successivo matrimonio con Lily. Nel doc “The World vs. Boris Becker” vengono ben sottolineate l’ingenuità iniziale del campione nel farsi gestire carriera e patrimonio finanziario, per passare poi a una ricerca disincantata di sponsorizzazioni e introiti, sino alle accuse di evasione nel 2002 e alla dura condanna nel 2022.
Quello che resta dalla visione di “The World vs. Boris Becker” è l’intenso e affascinante ritratto di un campione dalle doti sportive straordinarie, un’icona del tennis anni ’80-’90, capace di risultati sorprendenti prima dell’arrivo delle divinità Roger Federer, Rafael Nadal e Novak Djokovic (allenato proprio da Boris Becker dal 2013 al 2016). Un uomo che ha sfondato il soffitto che lo ha portato nell’olimpo dei grandi campioni, che però si è perso dietro a vanità e ambizioni, precipitando in una vertigine asfittica. A ben vedere, il documentario ci consegna forse un nuovo capitolo della sua avventurosa vita, l’inizio di una risalita, l’avvio di un cammino di riscatto.
“The World vs. Boris Becker” è un film magnetico e avvincente, al di là di qualche sbavatura o soluzione visiva un po’ didascalica; un grande racconto sportivo-esistenziale, declinato tra lampi abbaglianti e toni del grigio, destinato ad infiammare appassionati di tennis ma non solo. Consigliabile, problematico, per dibattiti.

(Fonte: AgenSIR – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

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