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Attualità

Via Rasella: cronaca spacciata per storia* di Vincenzo D’Anna*

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Via Rasella: cronaca spacciata per storia*

di Vincenzo D’Anna*

Il divario tra cronaca e storia dovrebbe essere solo di ordine temporale. La prima, infatti, racconta quello che accade; la seconda ciò che è accaduto. Quando più ampio è il lasso di tempo tra le due diverse fattispecie, tanto più solida, obiettiva e credibile diventa la narrazione storica. Quest’ultima dunque ha bisogno di una buona “stagionatura” per essere ritenuta fonte di verità. E tuttavia non sempre diventa anche inappuntabile, per la semplice circostanza che può essere manipolata o falsata già nel periodo in cui essa era relegata al semplice fatto di cronaca. Un modo di dire piuttosto diffuso è quello che la storia la scrivono i vincitori e più, in generale, coloro che all’epoca dei fatti seppero orientare l’informazione verso le sponde degli interessi di parte, di quella parte, cioè, che aveva maggiore potere di incidere nel racconto, piegando il medesimo al proprio modo di vedere oppure di addomesticare la notizia. Non è difficile che quella ricostruzione arrivi allo storico già edulcorata oppure “conformata”. Per capirci: gli esiti di una battaglia vengono descritti da coloro che la vinsero, gli episodi più svariati subiscono il punto di vista del commentatore. Ne deriva pertanto che il primo compito dello storico dovrebbe essere quello di verificare le fonti, ascoltare (se esistono ancora) i testimoni, approfondire i particolari dell’evento anche da una diversa visuale. In sintesi: egli avrebbe il compito difficile di approcciare il racconto pervenuto con la diffidenza e la cautela di un agnostico e non con il fervore del credente. Cosa che, ahinoi, non sempre accade (studiosi di diversa identità politica e culturale giungono sovente a conclusioni del tutto diverse tra loro!!). Parliamoci chiaro: alla fine di veramente e definitivamente acquisito rimane non molto se non quello che, spacciato come storico, altri non è che pura narrazione e falsificazione degli eventi. Ancor più mistificante è la storia che si nutre del “sentito dire”, oppure quella riferita ad epoche così lontane da poter essere attinta solo attraverso le antiche scritture degli intellettuali di quel periodo. Insomma, per dirla con altre parole: in giro ci sono non pochi falsi e molta approssimazione. Una premessa, la nostra, che può sembrare ridondante ma che contiene la descrizione dei limiti intrinsechi della ricerca e della sua conseguente credibilità. A complicare le cose è arrivata, alla fine degli anni ’90 del XX secolo, l’improvvida decisione di ridurre lo studio della storia e del suo corollario, la geografia, nelle scuole italiane ove queste materie sono diventate rare e, di conseguenza, semi-sconosciute. Un handicap culturale che confonde le menti e impoverisce l’opinione pubblica. E’ di queste ore la polemica divampata sulle dichiarazioni rese dal presidente del Senato Ignazio La Russa, il quale ha definito l’attentato di via Rasella a Roma, il 23 marzo del 1944, un evento che non rende onore alla storia della Resistenza. Secondo l’esponente di FdI, l’attacco dinamitardo dei Gap (Gruppi di Azione Patriottica), che costò la vita a 33 soldati e sei civili (2, tra cui un bambino, morirono nell’esplosione; altri 4 nella sparatoria che seguì lo scoppio), colpì un plotone di semplici riservisti, addetti a varie mansioni sussidiare (La Russa ha parlato di “musicanti”), non proprio protagonisti sui campi di battaglia. Il prezzo pagato per quel raid fu, l’indomani, l’eccidio della Fosse Ardeatine ove 335 italiani (più di 10 per ogni tedesco ucciso) , prelevati dalle carceri di via Tasso e Regina Coeli, furono massacrati per rappresaglia. Morirono politici, sindacalisti, semplici sospettati ed ebrei. Le parole di La Russa hanno subito attivato le “bocche da fuoco” della sinistra e quelle dell’associazione degli ex partigiani, ANPI ormai priva per decesso dei veri protagonisti impegnati nella lotta, oltre che della comunità ebraica romana. Ritenute come delle bestemmie in chiesa, le affermazioni dell’esponente della Destra sono state paragonate ad una sorta di “revisionismo storico” e di mera offesa alla meritoria lotta del movimento partigiano contro l’oppressore nazifascista. Tuttavia, ancorché inopportune per la seconda carica dello Stato, esse sono state per taluni versi confermate dagli storici neutrali come un atto che fece pagare un altissimo prezzo alla comunità antifascista senza che se ne ravvisasse l’utilità e la necessità. Obiettivo dell’attentato furono, infatti, i soldati del battaglione Bozen, militari addestrati e inquadrati ed impiegati per compiti di sorveglianza nella Capitale. Non facevano parte delle SS e non si trattava proprio di feroci criminali macchiatisi di chissà quali spregevoli reati. Tra i contendenti di oggi volano parole grosse che condiscono il solito quotidiano vituperio tra esponenti del governo e della opposizione. Il tutto accade nel generale disinteresse dei vecchi e soprattutto di quei giovani all’oscuro dei fatti ed insensibili alla cronaca della polemica spacciata per storia. In una nazione popolata solo da contemporanei privi di cultura del passato , inclini all’oblio delle reminiscenze storiche, resta solo il “ flatus vocis” della schermaglia polemica.

*già parlamentare

FONTE:

(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

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