Una maxi-frode fiscale alimentata da fatture false e favoreggiamento al riciclaggio. Ancora: caporalato con lo sfruttamento dei lavoratori della logistica e anche tangenti. Sta tutto nel doppio decreto del Tribunale di Milano, sezione misure di prevenzione, con cui ieri, su richiesta della Dda e del pm Paolo Storari, è stata disposta l’amministrazione giudiziaria per un anno a carico dei colossi della logistica Brt (già ex Bartolini) e della sede italiana di Geodis (per l’agevolazione al riciclaggio di un rappresentante delle cooperative), entrambe controllate da due diverse società francesi in parte partecipate dallo Stato. Un sistema che secondo il Tribunale permetteva a Brt “di risparmiare 100 milioni l’anno a tutto detrimento dei lavoratori e dell’Erario”. Per questo, secondo la Procura, i modelli di tutela societari “non avevano alcun efficacia in quanto costruiti per mere finalità cosmetiche”. Tanto più che “i vertici erano consapevoli dell’inadeguatezza delle tariffe imposte ai fornitori”.

Per il settore facchinaggio Brt, spiega l’accusa, avrebbe gestito la parte degli appalti con i “padroncini” pagati al minimo in busta paga e poi bonificati con altro denaro sulla cui differenza non venivano versati i contributi. In Brt, secondo la Dda, era stato deciso di cambiare la cooperativa ogni due anni. Anche per questo la Procura sta verificando per Brt i cosiddetti “controlli di transumanza” su 3 mila fornitori per una “forza lavoro” di “26.105 autisti”. A questo si aggiunge un’ipotesi di corruzione tra privati, per stessa ammissione dell’ex Ad, Costantino Dalmazia Manti, “a conoscenza del sistema” e che davanti al pm ammetterà di aver preso, tra il 2016 e il 2022, tangenti fino a 1 milione dai fornitori del gruppo che volevano lavorare. L’indagine coordinata dal Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di finanza è diventata nota nel dicembre scorso con un sequestro (convalidato dal Gip) per entrambe le società più un terzo soggetto di circa 126 milioni di euro in relazione a una frode fiscale collegata ai cosiddetti “serbatoi di manodopera”. La Procura aveva segnalato “una frode caratterizzata dall’utilizzo, da parte delle multinazionali, di fatture per operazioni inesistenti e dalla stipula di fittizi contratti di appalto”. Nella ricostruzione della Gdf è stato “rilevato che i rapporti di lavoro con le società committenti sono stati (…) schermati da società filtro che si sono avvalse di diverse cooperative-serbatoio”. Queste a loro volta “si sono avvicendate nel tempo, trasferendo la manodopera, omettendo il versamento dell’Iva e (…) degli oneri previdenziali e assistenziali”. Lo scorso gennaio, poi, solo a carico di Brt è stato disposto un sequestro di 24 milioni dove è stato contestato anche il reato di caporalato. L’attenzione si è infine incentrata sul settore dei trasporti, “nell’ambito del quale è emerso un sistematico sfruttamento di diverse migliaia di lavoratori”. Le indagini “hanno consentito di accertare che i committenti, al fine di proporsi sul mercato con prezzi competitivi, approfittando dello stato di necessità dei lavoratori, li sottoponevano a orari e ritmi di lavoro estenuanti, sottopagandoli”.

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