Mondragone. L’ex boss Augusto La Torre in attesa di poter discutere la tesi per la terza laurea
L’ex boss Augusto La Torre (con un permesso in sospeso) è in attesa di discutere la sua terza laurea: sulla “camorra mafizzata casertana”.
Augusto La Torre, l’ex boss di Mondragone «da tempo dissociato dalla camorra », uscito dal programma di protezione per le sue violazioni al codice di comportamento negli anni scorsi e liberato dal 41bis al quale era stato sottoposto fino al 2011, dovrà attendere il prossimo maggio per sapere se potrà essere operativo un permesso di nove ore – in una struttura protetta – concessogli a dicembre scorso da un Tribunale di Sorveglianza del Nord-Italia, ma al quale si è opposto la Procura.
Gli ultimi e limitati permessi a lui concessi, risalgono a oltre cinque fa.
Sessantadue anni e da quasi trenta in carcere -condannato all’ergastolo per la sola strage di Pescopagano dopo 29 anni dai fatti (al vaglio della Cassazione)- ha indicato e confessato una cinquantina di delitti.
La Torre, con il suo «status» ibrido, tra dichiarante ed ex pentito senza protezione, è chiamato anche boss «psicologo» per una prima laurea conseguita durante i primi periodi di detenzione (è in carcere dal 1996).
Nel frattempo ha anche scritto un libro, «Il Camorfista», neologismo da lui coniato che associa i termini «camorrista» e «mafioso» mentre è in procinto di discutere la prossima estate una tesi in materie giuridiche sulla «camorra mafizzata casertana».
La Torre, passato per varie carceri italiane in Molise, Abruzzo, Piemonte, Emilia Romagna e ora in un diverso penitenziario sempre al Nord, avrebbe dovuto lasciare il carcere già nel 2017 ma poi è arrivata l’ultima condanna nel 2019. Una prima revoca della protezione fu disposta nei suoi confronti nel 2003 a causa di un’estorsione ordinata dal carcere ai danni dell’imprenditore della mozzarella Giuseppe Mandara (che La Torre ha poi accusato, senza successo): un comportamento ambiguo durato dal 2004 al 2007 fino all’arresto eseguito sempre a Ferrara nel 2008. Il suo nome è stato legato a quello dei cosiddetti «Chiuovi», anche così conosciuto l’omonimo clan familiare. Un clan decapitato con inchieste e arresti che durante gli anni hanno coinvolto tutti i suoi familiari, anche quelli più stretti.
Augusto La Torre è detenuto da oltre 30 anni. In carcere si è dedicato allo studio.
Nel 2010 ha conseguito la laurea in Scienze e Tecniche Psicologiche e nel 2013 la laurea in Scienze Criminologiche per l’Investigazione e la Sicurezza. Dal 2011 collabora come volontario con l’Associazione Volontaria Penitenziario di Firenze con la rivista Spiragli prodotta da – gli internati (i matti) dell’ex Ospedale Psichiatrico Giudiziario di Montelupo Fiorentino (FI) e con la rivista L’Alba prodotta dai detenuti di Ivrea. Nel 2016 ha conseguito il Master post laurea in Criminologia Critica. Attualmente è iscritto al Corso di Laurea in Sociologia Giuridica, della Devianza e del Mutamento Sociale. Dovrebbe discutere a luglio la tesi della sua terza laurea dal titolo: “Camorra mafizzata casertana”.
E’ autore del libro “Il Camorfista” ( in ristampa) uno sconvolgente spaccato sulla camorra casertana scritto in prima persona dall’ex boss Augusto La Torre.
L’Autore, dopo aver accennato all’evoluzione della camorra, all’egemonia dei clan criminali, ha coniato un neologismo: camorrista, ’ndranghetista e mafioso uguale a camorfista.
Narra poi, con dovizia di particolari, freddi ed agghiaccianti gli omicidi (oltre cinquanta) da lui commessi o ordinati ed in particolare svela i retroscena inediti dei delitti di Antonio Bardellino, Enzo De Falco, Mario Jovine, Alberto Beneduce, Enzo Avino, Antonio Nugnes e don Giuseppe Diana.
Da’ conto poi della sua scelta collaborativa e della sua latitanza in Olanda; dell’organizzazione dell’attentato alla vita della giornalista Rosaria Capacchione e parla delle Lupare Bianche con una dura critica alla legge sulla collaborazione con la giustizia (L. 45/01) e del regime del 41 bis.
Confuta, poi, con probante documentazione, quanto scritto nei suoi confronti, nei libri dallo psichiatra Corrado De Rosa e dallo scrittore Roberto Saviano. Federico Cafiero de Raho, procuratore nazionale antimafia, lo ha definito: “un capo camorra che, per anni e anni, è stato incondizionatamente riconosciuto come tale, un vero re del crimine”.
Accenna alle vicende che lo hanno coinvolto con l’Armani della mozzarella, Giuseppe Mandara e stigmatizza alcune grossolane affermazioni del Buscetta Campano, Carmine Schiavone.
Nota: le foto si riferiscono al giorno della sua ultima laurea
(di Ferdinando Terlizzi< -Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)