Giuseppe, chi sei? Perché ci interpelli?
Tutti sanno chi sia Giuseppe. La risposta sarebbe immediata e netta. Lo sanno davvero oppure si tratta di uno stereotipo che ha solcato i secoli ed è difficile da scalzare?
In realtà: Giuseppe chi sei? Perché ci interpelli e ci costringi a pensare e, talvolta, anche a cambiare il nostro pensiero?L’iconografia offre un ventaglio di interpretazioni e di suggestioni, di colori e di forme, è innegabile. Attesta anche però la mentalità dell’epoca: Giuseppe canuto e tenero, indubbio custode di un figlio che figlio non gli è ma è il Figlio che diviene per lui, nel suo contesto quotidiano, figlio e Figlio, cui dedica la sua esistenza.
Non si può dire che, per Giuseppe, tutto sia fluito con disinvoltura. Meno male che ha accusato il colpo e voleva decidere applicando la legge, in modo umano e non vendicativo, ma è stato riscosso e riportato ad un’altra ottica. Matteo ci tramanda la delicatezza ma anche la capacità decisionale di Giuseppe dinnanzi a Maria gravida: “Giuseppe suo sposo, che era giusto e non voleva ripudiarla, decise di licenziarla in segreto”.
Buon per noi! Può infatti scortarci in tutte quelle occasioni in cui non avremmo mai voluto ritrovarci.I testi evangelici sono ridotti al minimo, non per chiedere loro folklore ma per conoscere più a fondo questo ragazzo, perché è ben difficile pensare ad un uomo senescente cui affidare non solo un bimbo ma IL Bimbo.
La letteratura apocrifa si è sbizzarrita e può anche risultare simpatica ma è sempre preferibile lasciar parlare i Vangeli che ci dicono tutto quanto è opportuno noi si sappia di Giuseppe.
Marco non ci dice nulla direttamente, riporta solo quanto vanno dicendo i nazareni: Gesù è figlio di Maria e di professione è carpentiere. Giuseppe è ignorato.
Matteo e Luca ci riferiscono il suo nome Giuseppe, cioè “aggiunge”, nel senso che l’Altissimo aggiunge e dona figlio su figlio, creando una genealogia ben precisa.
Per Matteo (13,55) Giuseppe è un artigiano che lavora il legno o la pietra. Carpentiere appunto. Forse produceva gli strumenti agricoli, per esempio l’aratro, oppure era un carraio. Considerando però la Galilea dell’epoca si può legittimamente pensare al carpentiere che predispone le strutture per erigere le case.
Gesù quindi ha conosciuto la bottega del padre e dal padre ha appresa l’arte di un lavoratore che sostiene la famiglia con il lavoro quotidiano, faticoso e impegnativo. Può però garantire alla famiglia il viaggio annuale a Gerusalemme e provvedere alle spese richieste.
Se tentiamo di comprendere la famiglia Giuseppe entriamo in un ginepraio perché i dati non sono chiari e fratelli e sorelle, nel linguaggio e nella mentalità di allora, avrebbe potuto significare anche cugini.
Dovremmo chiedere a Giuseppe di insegnarci a …cedere… dinanzi alla volontà dell’Altissimo quando ci si manifesta, magari in contraddizione con la nostra mentalità. Non solo ma anche di abbracciarla e farla nostra, perno dell’esistenza che accolga la volontà dell’Altissimo.
La vita quindi subisce una svolta perché deve, giorno dopo giorno, imparare a fidarsi, a cogliere il rivelarsi di un piano provvidenziale non scaturito dai propri interessi e progetti, ma sempre da un’accettazione che incarna la giustizia, la fedeltà.
Chissà quale nome aveva pensato il giovane Giuseppe per il suo primogenito? Quello di suo padre o di un suo antenato? Un nome augurale? Ecco Giuseppe pronto a fare suo il nome che l’angelo gli suggerisce: Gesù.Con il nome egli, dinanzi, al popolo, alla famiglia e, soprattutto, dinnanzi all’Altissimo, riconosce il bambino, come figlio suo: ben Joseph. L’Emmanuel, il Dio con noi, tanto atteso da Israele.
Sognatore sì, ma non …fasullo…l’Altissimo lo guida e la risposta è efficace: una cura ubbidiente di chi gli pone fra le mani, l’irruzione del Creatore nella sua vita è esigente ed imponente.
Non solo, la risposta è immediata, pronta, senza tempi di attesa, di riflessione o di confronto con qualcuno più addentro nelle vie di Dio.
Giuseppe risponde subito.Non si sarebbe rivelata una cura banale e scontata: avrebbe contemplato anche una fuga notturna ed ancora una volta Giuseppe ubbidisce e si organizza in fretta. Notte di fuga e notte di prontezza per custodire chi gli è affidato: il Bimbo e sua madre.
Luca lo denomina infatti “padre di Gesù”, per ben due volte.
“San Giuseppe è la più bella figura d’uomo concepibile e che il Cristianesimo ha realizzato… ha vissuto come tutti: non c’è una parola sua, non c’è niente, niente: più povera di così una figura non può essere” (L. Giussani).
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