Disturbi alimentari. Zanna (Bambin Gesù): ‘Esordio sempre più precoce ma la percentuale di guarigione è molto alta’
Sono raddoppiati negli ultimi due anni (2021-2022) gli accessi per disturbi del comportamento alimentare al pronto soccorso dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma: 911 contro i 463 del biennio precedente. Aumentati di oltre il 50% anche i ricoveri, passati dai 180 casi pre-pandemia (2019) a quasi 300 casi nell’ultimo anno. In Italia il fenomeno dei disturbi del comportamento alimentare (Dca) coinvolge circa 3 milioni di persone e rappresenta nel mondo, secondo l’Oms, la seconda causa di morte per le ragazze tra i 12 e i 25 anni. E l’esordio è sempre più precoce: anche a 8/9 anni. Oggi, Giornata nazionale del fiocchetto lilla, dedicata all’anoressia, alla bulimia e agli altri disturbi della nutrizione e dell’alimentazione, abbiamo intervistato la neuropsichiatra Valeria Zanna, responsabile del Centro per l’anoressia e i disturbi alimentari del Bambino Gesù. Questa mattina, presso la sede del Gianicolo, viene presentato il documentario Vite sottili, prodotto da Garbo Produzioni per Warner Bros. Discovery (trasmesso in prima Tv alle 22:40 su Real Time), che racconta le storie di tre ragazze tra i 14 e i 18 anni – Lorenza, Beatrice e Irene – e dei loro genitori, all’interno del Bambino Gesù. Sempre oggi, a partire dalle 14.30, si svolgerà una diretta social sulla pagina Facebook dell’ospedale: i diversi specialisti che si occupano dei disturbi del comportamento alimentare saranno disponibili per rispondere alle domande di pazienti, famiglie, e di chiunque voglia saperne di più.
Dottoressa, come si spiega questo boom di accessi e ricoveri?
È difficile dare risposte esaustive. Certamente vi è un insieme di concause. Anzitutto l’effetto cumulativo di uno stress protrattosi per molto tempo e legato all’interruzione, dovuta all’emergenza pandemica, di quel filone di continuità sociale che contraddistingue il sistema scolastico. Un’interruzione che ha avuto un impatto significativo su ragazzi che già avevano qualche difficoltà e per i quali anche la ripresa della scuola è stata faticosa.
Le altre cause?
Occorre considerare anche l’effetto imitativo. Se parlare di una certa problematica dà la possibilità di individuare il problema, esiste, contemporaneamente, un aspetto di “apprendimento” del problema stesso. Basta che in una classe una ragazza si ammali perché in quel contesto si sviluppi una dinamica di attenzione, visibilità e sollecitazione rispetto a questo fenomeno.
Ieri l’Istituto superiore di sanità ha pubblicato la mappatura territoriale aggiornata dei Centri di riferimento per la cura dei Dca: 126 su tutto il territorio nazionale, la metà dei quali al nord…
Purtroppo, a fronte di un aumento della domanda, non c’è stato un adeguamento da parte del territorio sul quale i servizi specialistici sono rimasti più o meno gli stessi, troppo pochi per offrire una risposta efficace. Il discorso si complica ulteriormente nel momento in cui parliamo di età evolutiva perché questi servizi sono in gran parte dedicati alla fascia adolescenziale dai 16 anni in su, oppure agli adulti. Noi del Bambino Gesù, come polo pediatrico di eccellenza, costituiamo molto spesso il primo contatto per le famiglie, ed anche questo giustifica i nostri numeri. Un dato positivo è l’istituzione nella Regione Lazio di un Tavolo tecnico per ridefinire le risorse che il ministero della Salute ha messo a disposizione, fondi finalizzati all’ampliamento della disponibilità di servizi territoriali.
Nei bambini l’esordio è sempre più precoce, anche 8/9 anni. E’ legato all’anticipazione della pubertà?
L’abbassamento dell’età puberale è certamente un fattore importante
perché in queste bambine il processo di sviluppo del fisico è molto più veloce della maturazione emotiva e psicologica; risulta pertanto difficile affrontare i cambiamenti del corpo. A questo si aggiungono la “adultizzazione” dei nostri bambini – basta guardare come si vestono già alla scuola primaria – e l’impiego dei social; strumenti che proprio per loro natura sfuggono all’osservatorio dei genitori. Abbiamo bambini di 9/10 anni che attraverso gli smartphone si scambiano informazioni e parlano di questioni che non possono essere “supervisionate”, e sappiamo come in questa fascia di età le informazioni tra i pari attecchiscano molto di più di quelle trasmesse da un adulto. Con un effetto che non è indolore.
Viviamo in una società dell’immagine nella quale il fenomeno del body shaming, amplificato dai social, in particolare TikTok, può essere distruttivo…
Già in terza elementare il 70% delle ragazzine lamenta un disagio rispetto alla propria forma fisica. Il tema del peso e della taglia diventa argomento su cui confrontarsi, quasi un’ossessione. Nelle bimbe di 9/10 anni l’esordio del disturbo alimentare viene spesso innescato proprio da questo confronto sul peso che per loro è semplicemente un numero. Per questo, se la compagna presa a modello pesa 35 chili, quella che ne pesa 40, è più alta e ha una conformazione fisica diversa, si sentirà prigioniera di un corpo troppo “grosso” e cercherà di uniformarsi alla compagnetta.
Che cosa possono fare i genitori?
Il nostro consiglio è di osservare di più i loro figli (anche se in misura minore, pure i maschietti soffrono di disturbi alimentari, ndr). Anoressia e bulimia sono il segnale dell’invisibilità: io mi rendo invisibile per tentare di sollecitare una maggiore attenzione da parte del mondo che mi sta intorno.
I ragazzi che si ammalano si allenano a mangiare e a vomitare di nascosto vivendo i sintomi dei disordini alimentari come normalità e non come sofferenza o disagio.
Hanno un obiettivo da perseguire cercando che gli altri non se ne accorgano. Se i genitori riescono a stabilire una comunicazione “calda” con i propri figli, volta a cercare di capire che cosa realmente succede nella loro vita, sarà più facile rendersi conto di eventuali campanelli d’allarme per intervenire in tempo.
Quanto è importante l’intervento precoce?
In età evolutiva, se il trattamento viene iniziato precocemente e condotto correttamente, la percentuale di guarigione è molto alta.
In questa fascia, prima si individuano i disturbi alimentari, prima si ha la possibilità di evitare che si strutturino e vengano percepiti dai ragazzi come una parte costitutiva della loro personalità.
Questa mattina viene presentato il documentario “Vite sottili”…
E’ stato pensato per far raccontare, proprio da chi lo vive, il percorso di sofferenza che contraddistingue questa malattia. Una malattia che subisce ancora uno stigma perché la ragazza che si ammala viene spesso rappresentata come una che pensa solo ad essere bella, che vuole fare la modella, che deve essere perfettamente funzionante: una sorta di giudizio critico che penalizza chi soffre di disturbi alimentari che in realtà sono il tentativo di combattere contro le proprie fragilità. Queste ragazze poi tornano a scuola, nei loro contesti: far passare dunque questo tipo di messaggio peer to peer lo rende molto più diretto ed efficace.
A seguire, una diretta Facebook con i medici…
La Giornata nazionale del fiocchetto lilla è dedicata a sensibilizzare e fare cultura su questi disturbi. Per questo noi specialisti che ce ne occupiamo saremo disponibili per rispondere alle domande di quanti hanno dubbi e vogliono saperne di più. Con me ci saranno, ad esempio, la dottoressa Castiglioni che si occupa della relazione con i genitori e la dottoressa Marchili, pediatra di riferimento.
(Fonte: AgenSIR – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)