Successo di pubblico per “Berretto di Squille” al Ricciardi di Capua
Ieri una sala gremita c’è stata una doppia proiezione presso il Teatro Ricciardi, che mira a offrire un’offerta sempre più variegata al proprio pubblico. Alle 18 è stato proiettato il film “Il primo giorno della mia vita”. Un personaggio interpretato da Tony Servillo (un angelo? Forse sì, ma non è detto) accoglie le anime di quattro persone, molto diverse tra di loro, con storie completamente differenti e le riunisce in un albergo romano nel giorno in cui tutti hanno scelto di uccidersi. Inizia così un viaggio di sei giorni in cui ognuno di loro, un’atleta ormai in carrozzina, una poliziotta che ha perso la figlia, un giovanissimo influencer e un mental coach avrà modo di rivedere parti della propria vita, di scoprire cose fino a quel momento sconosciute e di riflettere sulla propria scelta estrema, potendo anche tornare indietro. È un viaggio tra sentimenti e dolori, speranze e delusioni. Non tutti faranno la stessa scelta. Ma colpisce la delicatezza del film nel trattare grandi e piccoli drammi, il bisogno di speranza che c’è in tanti, come può esserci anche una sofferenza irriducibile. Un’opera che emoziona, in profondità ma quasi con leggerezza.
Alle 20 e 15 è stato proiettato il Berretto di Squille di Gaetano Cucciardi, prodotto dal Teatri Ricciardi. Il corto è in finale in numerosi contest, ma ha già vinto il Gold Milan Awards con una menzione speciale alla regia e il contest Venice Film Awards, con la menzione speciale come miglior cortometraggio d’esordio. L’opera cinematografica è tratta dalla novella di Fiorenzo Marino vuole essere una piccola lente di ingrandimento sulla Battaglia sul Volturno del 1860 per poi raccontare il coraggio di un giovane tra i Mille che tenta di percorrere lo stivale per unificare la Penisola italiana. Al centro del racconto l’amore tra il garibaldino Aristide Panseri (interpretato da Christian Brandi) e Maria (interpretata da Marina Cioppa), una contadina di Squille, una frazione di Castel Campagnano, paese segnato dal passaggio del fiume Volturno.
Il regista, intervistato dal Direttore artistico Francesco Massarelli, ha parlato del suo corto come di una trasposizione tratta da una novella, per mostrare le bellezze del nostro territorio e per raccontare la storia d’amore e il coraggio universale di un giovane (il protagonista) che è senza tempo. Fiorenzo Marino, l’autore della novella, sempre intervistato da Massarelli, ha sottolineato come la letteratura e il cinema abbiano il compito di trasmettere emozioni e ciò avviene quando la fantasia è accompagnata dalla ricostruzione credibile. La novella, così come la sua trasposizione cinematografica, -ha continuato Marino- sono state anche l’occasione per far conoscere il nostro territorio, sia dal punto di vista paesaggistico che per le risorse umane che i nostri territori sono in grado di coltivare.
L’ Attore protagonista (Christian Brandi),incalzato da una domanda sul tema dell’accoglienza, ha sottolineato come tale tema sia evidente quando il dialetto di Maria si contrappone all’italiano e all’austerità di Aristide, che arriva da un’altra terra (Bergamo). Maria (Marina Cioppa) ha infatti interiorizzato l’accoglienza che i greci erano soliti riservare agli stranieri.
L’attrice, che ha vestito i panni di Maria, ha infatti annesso di aver dovuto imparare il dialetto di Squille e che per lei questa è stata un’esperienza molto formativa. Il suo personaggio, del resto, è quello di una donna che affronta una serie di prime volte e compie un percorso di formazione
Gianmaria Modugno, il produttore, ha ironicamente trovato divertente “fare l’ospite a casa sua” e dopo un interruzione simpatica del Direttore Antonio De Blasio (che si è palesato facendo ripartire il film)- tra i sorrisi del pubblico- ha sottolineato che il Teatro ha potuto produrre il corto, perché già possiede una sua orchestra è una sua Accademia, utilizzate non a caso nel film. Il regista, su suggestione di F. Massarelli, ha fornito poi alcuni dati sul film, informando il pubblico sul fatto che le location sono reali, infatti è stato sfruttato gran parte del Volturno, partendo da Squille e passando per Limatola, anche se parte del film è stato girato altrove, a causa dell’inquinamento del nostro fiume. Il casolare, dove sono state girate le scene principali, si trova a Bellona. Il film ha richiesto due ore di lavorazione ed è stato girato in dieci giorni di fine luglio.
Intervento del dottore in storia Fabio Carbone
La storia di Aristide e Maria si svolge sullo sfondo degli eventi passati alla storia come la Battaglia del Volturno, combattuti a cavallo del settembre e dell’ottobre 1860 tra le forze dell’esercito borbonico, facente capo al sovrano Francesco II, e quelle dell’esercito meridionale guidato da Garibaldi, numericamente inferiori di almeno il doppio delle unità delle truppe reali. La battaglia del Volturno, momento conclusivo della Spedizione dei Mille, fu un momento cruciale nella storia dell’Italia moderna e del Risorgimento, poiché permise di consolidare l’unificazione del paese e di dare inizio alla formazione dello stato italiano unitario. Inoltre, la vittoria dell’esercito garibaldino e il conseguente dissolvimento del Regno delle Due Sicilie, rappresentò un importante passo in avanti verso la creazione di un sistema politico e istituzionale stabile e democratico, che avrebbe permesso all’Italia di diventare una delle principali potenze europee nel corso del XX secolo. Gli scontri armati iniziarono il 26 settembre e si conclusero il 2 ottobre, e interessarono quattro fronti: Casertavecchia, Sant’Angelo in Formis, Santa Maria Capua Vetere e i Ponti della Valle, verso Maddaloni. La battaglia più cruenta e decisiva fu combattuta a Sant’Angelo. Qui l’esercito regolare, guidato dal generale Ritucci, attaccò i garibaldini costringendoli a restringere l’avanguardia, ma l’animosità dei volontari guidati da Garibaldi, animati da uno spirito di lotta e di impeto che ebbe la meglio sull’incertezza tattica dei comandanti Regi, fu tale da riuscire a respingere l’assedio e spezzare le resistenza dell’esercito regolare che, stretto in più punti e rimasto senza ordini, si sbandò e fu travolto dalle controffensive delle camicie rosse. L’esercito borbonico, numericamente superiore, avrebbe potuto contare sulle forze fresche sparsa tra Capua e Gaeta, ma la desistenza di Francesco II, che preferì rifugiarsi nella fortezza della città laziale sperando in rinforzi internazionali e rispendendo al mittente proposte di resa, fece sì che perdesse qualsiasi scintilla di rivalsa e di riorganizzazione. La conquista di Capua permise all’esercito garibaldino, con alla sua testa 1500 piemontesi, di consolidare la posizione sulla sponda destra del Volturno e di avanzare verso nord, infliggendo una serie di sconfitte decisive alle truppe borboniche e aprendo la strada alla completa unificazione dell’Italia, non senza lasciare sul campo più di 600 soldati morti, oltre duemila feriti e tremila prigionieri in una settimana di cruentissimi scontri lungo il fiume Volturno.
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