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Intervista a Namika Ebisu sul suo incontro col Servo di Dio Giovanni Battista Sidoti

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Tokyo – Tra gli oggetti sequestrati dal magistrato di Nagasaki al missionario palermitano Don Giovanni Battista Sidoti dopo il suo sbarco in Giappone, l’immediato arresto ed il successivo trasferimento in quella città per i primi interrogatori, l’unico attualmente ritrovato e riconosciuto come certamente appartenutogli è una piccola copia in rame del dipinto della ‘Madonna del dito’. L’opera originale del pittore fiorentino del Seicento Carlo Dolci raffigura Maria Addolorata ed è nota come ‘Madonna del dito’ per il pollice della mano che spunta da sotto il manto di Maria. La copia portata in Giappone dal Sidoti è attualmente conservata a Tokyo presso il Museo Nazionale di Ueno mentre una sua riproduzione si trova anche nella parrocchia salesiana di Himonya, sempre nella capitale nipponica, dedicata a ‘Santa Maria di Edo’. In questa Chiesa e davanti a questa immagine nel capodanno del 2019 il percorso di conversione di Namika Ebisu, una giovane donna giapponese, ebbe una svolta che l’avrebbe portata all’ ‘incontro’ con Don Sidoti ed al battessimo. Le abbiamo chiesto di condividere la sua storia con i lettori di AgenSir. “Ero a Tokyo in un momento di crisi profonda e pensavo che la mia vita fosse finita, così mi precipitai nella chiesa più vicina. C’era un’immagine di Maria accanto all’altare ed è stato proprio mentre pregavo davanti a questo dipinto che sono stata chiamata da Dio”, ci racconta Namika, al tempo poco più che ventenne, non ancora battezzata e assolutamente ignara delle vicende di Don Sidoti e del suo legame con quel ritratto di Maria. Sebbene non cattolici, i suoi genitori avevano scelto per lei e per suo fratello due scuole cattoliche: l’Istituto ‘Seisen’ delle Ancelle del Sacro Cuore di Gesù e la scuola salesiana ‘SalesioGakuin’. “Tuttavia – ricorda Namika – poiché da piccola mia madre mi portava spesso alla scuola di mio fratello sono rimasta sempre legata ai salesiani ed alla figura di Don Bosco.” La formazione e la frequentazione di ambienti cattolici fino alle superiori con i momenti di preghiera, spesso subiti e dal senso oscuro, che l’hanno accompagnata lasciarono in lei il desiderio di un incontro più profondo con il Dio di Gesù Cristo che si fece più urgente al tempo dell’Università, spingendola spesso a rifugiarsi in qualche chiesa. Fu la recrudescenza di una grave malattia contratta dall’infanzia, a condurla in quella mattina del capodanno 2019 in quella parrocchia salesiana per invocare aiuto, forse inconsapevolmente, proprio davanti al ritratto della ‘Madonna del dito’. “Un colpetto sulla mia spalla di un sacerdote italiano – continua a raccontare la giovane signora giapponese – un breve colloquio e l’invito a degli incontri di preparazione al Battesimo hanno dato inizio alla mia nuova vita nella fede.” A prepararla al Battesimo tuttavia non fu quel sacerdote salesiano ma un frate minore, Padre Mario Canducci, missionario in Giappone da più di cinquant’anni che fu uno dei primi a recarsi nel 2014 nel luogo del ritrovamento delle ossa di Don Sidoti ed a seguire personalmente tutte le indagini condotte dalle autorità scientifiche che accertarono la effettiva appartenenza dei resti al missionario palermitano. Fu sempre il missionario francescano ad iniziare a raccogliere documentazione sulle vicende giapponesi del martire siciliano ed a stimolare la Diocesi di Palermo a promuoverne, in accordo con quella di Tokyo, il processo di Beatificazione, organizzando in Giappone gruppi di preghiera a sostegno di tale iniziativa.“Col tempo Padre Canducci – spiega Namika – mi chiese di aiutarlo nella ricerca storica alla quale stava lavorando. Fu così che conobbi Don Giovanni Battista Sidoti, Chosuke e Haru che più di 300 anni prima avevano offerto la loro vita per la fede e per annunciare il Vangelo in Giappone.” Ormai battezzata col nome di Maria Maddalena, colpita dalla testimonianza dei tre martiri, la signora Ebisu iniziò la sua collaborazione a titolo volontario, incontrò il Postulatore Don Mario Torcivia, approfondì la conoscenza della lingua italiana per la traduzione di testi, documenti e testimonianze necessari per la causa di Beatificazione. Tuttora, dopo la morte di Padre Canducci nel febbraio 2020, prosegue il suo lavoro di volontariato affiancando Don Torcivia e viaggiando tra Palermo e Giappone quasi ogni tre mesi. Namika non nasconde le difficoltà derivanti dalle barriere linguistiche culturali, dal confronto con persone più adulte ed erudite di lei, dai suoi limiti e fallimenti ed anche dalle difficoltà economiche: “Quando mi sono convertita avevo chiesto: ‘Dio, ti affido tutta la mia vita, Tu sei buono e farò tutto ciò che vuoi che io faccia’. E sono stata esaudita proprio in questo servizio per la Beatificazione dei tre martiri di Edo al quale mi ha condotto Dio attraverso fatti concreti della mia vita.Don Sidoti,Chosuke e Haru mi hanno insegnato a confidare nella preghiera perché la fede è credere che Dio ascolta e che se lasci fare a Lui, la risposta arriverà nel momento e nel modo che Lui ritiene giusti”.

(Fonte: AgenSIR – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

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