Dorotee nell’inferno di Aleppo: “Per strada a dare conforto”
“Pioveva, faceva freddo, tutti erano in strada: anziani, bambini, giovani. Siamo rimasti così quattro ore. È stato orribile, angosciante”. Così Suor Seba Al Khouri, giordana, 52 anni, superiora della Comunità delle Suore Maestre di S. Dorotea Figlie dei Sacri Cuori ad Aleppo, torna con la mente ai terribili momenti del 6 febbraio scorso, quando verso le 4 del mattino, ora locale, la terra ha tremato. Fortissimo. Nell’epicentro in Turchia mille volte più forte del terremoto di Amatrice, in Italia (l’ha detto il sismologo Alessandro Amato, dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia), portando morti e devastazione.
Abbiamo raggiunto la religiosa al telefono con difficoltà. L’elettricità viene concessa un’ora la mattina. Non c’è acqua, né gas. “Per fortuna possiamo contare su un generatore acquistato qualche anno fa grazie ad alcune donazioni dall’Italia”, spiega la religiosa.
Oltre a suor Seba la comunità delle suore Dorotee ad Aleppo, nel nord ovest della Siria, è composta da suor Lina Sanosian, anche lei giordana e suor Sini Mathew Annamma, indiana.
“Quando la terra ha tremato stavamo dormendo nel nostro appartamento – racconta suor Seba -. In tutta fretta abbiamo spento l’elettricità e il gas, abbiamo preso il passaporto e ci siamo precipitate in strada. Intanto qualcuno del condominio è venuto a batterci la porta per avvertirci. La prima scossa è stata interminabile, non finiva più. Dopo quattro ore al freddo ci hanno detto che potevamo rientrare in casa, ma dopo 10 minuti la terra ha tremato ancora. Siamo riscappate fuori e abbiamo aspettato altre 4 ore. Si gelava. È stato orribile, soprattutto per i bambini e gli anziani. Abbiamo cercato di sollevarci a vicenda, dando sollievo alle persone disperate pregando il santo rosario”.
Le tre religiose abitano in un condominio con altre 12 famiglie nel quartiere di Midan, uno dei più poveri e martoriati dalla guerra tra i ribelli jihadisti e l’esercito del presidente Bashar al-Assad. È abitato da molti cristiani armeni, ma anche da musulmani.
“Per fortuna stiamo bene, ma leggo la paura nel viso della gente – continua la religiosa -. Siamo state fortunate, il nostro condominio finora ha resistito. È stato ristrutturato recentemente dal Vicario Apostolico di Aleppo mons. George Abou-Khazen ofm, con l’intento di far ritornare i cristiani fuggiti. Prima del 2019 era distrutto, come tutte le case attorno. Ogni giorno sentiamo di edifici che crollano. La gente deve portare via quello che può. Il governo sta girando casa per casa per capire chi può restare, chi invece deve andarsene”. “Troppe persone sono morte e siamo state al alcuni funerali – aggiunge la superiora -. Tante case sono crollate: crepe, calcinacci ovunque. Certe zone sono molto pericolose”.
Il piano terra del condominio delle religiose è un Centro di proprietà del Vicariato, gestito dai Padri del Verbo Incarnato in collaborazione con le stesse Dorotee. Durante la settimana ospitava numerosi bambini del dopo scuola e la domenica bambini e ragazzi della catechesi. Ci sono diverse aule disponibili anche per corsi d’inglese, computer, arte, ginnastica. C’è anche una cappella dove vengono celebrate le messe per i cristiani del quartiere. “Ci sono brutte crepe nelle pareti, abbiamo dovuto interrompere le nostre attività” spiega suor Seba che con suor Lina e suor Sini gestiva anche una mensa che distribuiva un piatto caldo a circa 200 famiglie ogni giorno. Oggi continuano a farlo. Come possono. “Abbiamo trovato ospitalità nel Vicariato, sede del Vicario Apostolico, dove ci prendiamo cura di una trentina di famiglie sfollate. Tante altre persone vengono da noi a mangiare, oppure noi scendiamo in strada per andare da loro. Gli aiuti cominciano ad arrivare e cerchiamo di gestirli supportate da un gruppo di giovani volontari”.
La missione in Aleppo delle Suore Dorotee è iniziata nel settembre del 1997, ma nel 2013 è stata sospesa, dopo la tragica scomparsa sotto i bombardamenti di suor Reema Nasri, religiosa siriana, rimasta nel cuore di tutti per l’amore per il suo Paese e la predilezione verso gli ultimi. Uscita il mattino del 15 gennaio 2013 non è più rientrata. Del suo corpo non fu ritrovato nulla.
Nel 2019 il ritorno in un Paese martoriato dai conflitti armati, nello stesso appartamento, per sostenere umanamente e spiritualmente la popolazione.
Suor Seba non vuole rientrare in Italia. “Non ci penso neppure – conclude -. Qui le persone hanno bisogno di noi, della nostra presenza”.
(Fonte: AgenSIR – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)