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Turchia Corriere della Sera

Terremoti Il primo, alle 2.17 italiane, di magnitudo 7.8 della scala Richter. Il secondo, alle 11.24, di magnitudo 7.5.

Scosse Almeno 120 scosse di assestamento. Il professor Carlo Doglioni, presidente dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia: «Una sorta di “epidemia sismica” prolungata, come qualcuno l’ha definita, che potrebbe proseguire per giorni, forse mesi se non anni, come in qualche caso è avvenuto nel passato. Impossibile prevederlo ma fino a quando l’energia accumulata non sarà liberata il fenomeno non si interromperà».

Castelli Gaziantep, 2 milioni di abitanti, a 90 km dal confine con la Siria. Una moschea settecentesca, la celebre Sirvani, è distrutta. Soprattutto, dopo duemila anni, la fortezza che dominava la città – patrimonio Unesco, 36 torri, vi passarono gli arabi, gli Ottomani, i francesi – si è praticamente sbriciolata

Clarinetti Mario Avesani, musicista vicentino di 27 anni, non si aspettava di ritrovarsi sfollato tra gli sfollati quando tre settimane fa è arrivato a Gaziantep per dare una mano ai tanti profughi siriani della città, anche a suon di tromba e clarinetto.

Calciatori Christian Atsu, calciatore ghanese, 31 anni, già al Chelsea, ora all’Hatayspor, risultava fra i dispersi. È stato ritrovato in serata, e portato in ospedale con difficoltà respiratorie.

Allenatori Vincenzo Montella, in Turchia da due anni, allena l’Adana Demirspor. Domenica pomeriggio è partito per una trasferta, al momento della prima scossa si trovava a Istanbul. «E ci resto. L’albergo dove risiedo è stato evacuato: è andato a fuoco. Capisce perché mi sento un sopravvissuto?»

Ospedali/1 A Gaziantep i pazienti di un ospedale si mettono in salvo aggrappandosi «l’un l’altro per aiutarsi», sotto la pioggia, in pigiama e con le infradito. «Non ricordo nemmeno come ho tolto la flebo dal braccio per fuggire», racconta alla Bbc Gokce Bay, che domenica ha subito un trapianto di rene.

Ospedali/2 Dirar Al-Hammad, medico, 26 anni, rimasto tutta la notte al pronto soccorso del al Al-Razi Public Hospital di Aleppo a medicare, cucire e curare le vittime del terremoto.

Nemici/1 Anche Grecia e Cipro manderanno l’assistenza necessaria.

Nemici/2 Dieci ore dopo la prima botta di domenica notte, al valico d’Oncupinar le guardie turche si schierano a proteggere la frontiera. L’ordine è chiaro: respingere tutti i feriti e gli sfollati in arrivo dalla Siria. Stop. Solidarietà sospesa. Perché la Turchia è al collasso, sopporta già i profughi di guerra. E Gazantiep è distrutta: basta accoglienza ai siriani, è la decisione, a ciascuno il suo incubo.

Italiani Già ieri sera è atterrato in Turchia, nella base militare di Adana (Incirlik), vicina all’epicentro, una squadra di ricognizione composta da due funzionari della Protezione civile e due ispettori dei Vigili del fuoco, nell’ambito del meccanismo di Protezione civile europeo. Oggi poi arriverà il resto del gruppo, in tutto 60 persone, 47 pompieri (39 dalla Toscana e 8 dal Lazio) specializzati in emergenze (tra loro anche ingegneri strutturisti ed esperti di sostanze pericolose) e 13 tra medici e logisti della Protezione civile, oltre a 4 unità cinofile. A dirigere le operazioni di ricerca e soccorso tra le macerie ci sarà il comandante Nicola Ciannelli, già in Ecuador nel 2016 per il sisma di magnitudo 7.8 che fece oltre 600 morti. Sul C130 decollato ieri sera da Pisa sono stati imbarcati geofoni, robot, termocamere, search-cam oltre a divaricatori, cesoie e puntelli. «Tutto il necessario — spiega Luca Cari, responsabile della comunicazione dei Vigili del fuoco, anche lui sul C130 — per intervenire con efficacia in quella che viene chiamata golden hour, cioè il breve lasso di tempo entro cui è ancora possibile salvare vite umane. Ricordo che a L’Aquila riuscimmo a estrarre viva una ragazza dopo 42 ore».

Video I video dei salvataggi hanno fatto il giro del mondo. Abbracci. Applausi. Preghiere.

Neonati In caso di terremoto è benedetto il pianto acuto dei neonati che, come ieri, ha guidato molte ricerche andate a buon fine.

Adulti Migliaia di uomini da ieri all’alba scavano e spalano con il fiato che gela sulle labbra, cercano uomini, donne e bambini vivi.

Neve I soccorsi non si sono fermati neanche con il buio. Piove una pioggia gelida, mista a neve.

Morti Ieri sera le vittime accertate erano 3.800, di cui quasi 1.400 in Siria. Questa mattina 4.300. Secondo l’Oms, bisogna aspettarsi numeri otto volte più grandi.

Sisma di Lucio Caracciolo la Repubblica

Lo spaventoso terremoto che ha colpito la Turchia, insieme a gran parte del Levante, ha mosso di tre metri la geografia dell’Anatolia. Ed è stato percepito financo in Groenlandia. Evento geofisico straordinario, da cui potrebbero derivare altrettanto importanti conseguenze geopolitiche. Dalla risposta al sisma dipende in buona parte l’esito delle elezioni che a maggio potrebbero riconfermare Recep Tayip Erdogan al vertice della Repubblica Turca oppure segnare la fine del suo regno ormai ventennale. Se Erdogan fosse spodestato dal voto popolare — ciò che fino al terremoto appariva improbabile — i riflessi sulla regione sarebbero rilevanti. La Turchia è infatti da sempre chiave degli equilibri levantini e mediorientali, oggi soprattutto del Mar Nero, dove appare l’unico mediatore capace di contribuire alla futura tregua fra Russia e Ucraina, quando mai se ne daranno le condizioni.

Anche per questo il reis cerca di “nazionalizzare”, per quanto possibile, la risposta alla tragedia. Decine di Paesi, fra cui Stati Uniti, Cina e Russia, si sono offerti di aiutare nelle operazioni di soccorso. Ma Erdogan vuole dimostrare al suo popolo e al mondo che i turchi ce la faranno da soli, malgrado l’immensità dei danni materiali e la gravità delle perdite umane. Se nel giro di qualche settimana la sua gente si convincesse che la risposta al sisma è stata efficiente, la rielezione del presidente potrebbe assumere contorni plebiscitari. In caso contrario, Erdogan dovrebbe ricorrere a strumenti non ortodossi per evitare l’abdicazione.

Nelle ultime settimane gli Stati Uniti hanno aumentato la pressione sulla Turchia. Per Washington è inammissibile che un decisivo paese atlantico si installi a metà strada fra Russia e Ucraina, cioè fra Mosca e sé stessa. Specie se questo Stato è esplicitamente revisionista. Erdogan si è lanciato prima in Siria poi in Nordafrica (Tripoli è tornata turca), ha rafforzato la sua influenza nei Balcani di nuovo in ebollizione, venduto i suoi efficacissimi droni all’Ucraina mentre offriva sponda alla Russia, incluso l’Azerbaigian nel suo impero in espansione, minacciato di bloccare l’ingresso della Svezia nella Nato e di attaccare la Grecia (“possiamo arrivare di notte, all’improvviso”) formalmente alleata, di fatto nemica numero uno. La lista potrebbe continuare.

Quel che difficilmente continuerà è la pazienza americana. Ma fino a che punto gli Stati Uniti possono spingersi nel contrastare Erdogan? È possibile immaginare un colpo di Stato organizzato dalle Forze armate con il discreto sostegno americano? Nulla si può escludere, ma sarebbe estremamente rischioso. Il fallito golpe del luglio 2016 invita alla prudenza.

Le alternative elettorali alla riaffermazione del capo supremo sono finora pallide. Se il candidato del Chp, principale partito di opposizione, sarà il grigio Kemal Kilicdaroglu, Erdogan potrà sentirsi abbastanza sicuro. L’unico sfidante che avrebbe potuto forse battere il presidente uscente, il sindaco di Istanbul Imamoglu, è stato neutralizzato dalla magistratura istruita da Ankara, che gli ha inflitto più di due anni di carcere.

All’eventuale sconfitta del rais contribuirebbe certamente la crisi economica e finanziaria, inevitabilmente accentuata dal sisma. La lira ha ripreso a crollare e l’inflazione già altissima (il 57% a gennaio) continua a galoppare, mentre le riserve valutarie declinano. Erdogan è politico scaltro e disposto a tutto pur di restare al potere, considerando anche la rete di affari allestita attorno alla sua famiglia. Ma prima o poi nel fantasmagorico palazzo presidenziale di Ankara siederà il suo successore. Vedremo allora quanto del protagonismo geopolitico della Turchia fosse dovuto all’espansa personalità di Erdogan, quanto ai “nuovi” turchi. Di certo non c’è oggi al mondo Stato in grado di irradiare tanta potenza su basi economiche, demografiche e territoriali relativamente limitate.

FONTE:

(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

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