La fluidità dell’art. 416 bis c.p.: l’applicazione alle mafie di “nuovo conio” L’art. 416 bis c.p. risulta applicabile anche alle mafie di “nuovo conio”.
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• Diritto penale – 02/02/2023 – REDAZIONE GIURIDICA
La fluidità dell’art. 416 bis c.p.: l’applicazione alle mafie di “nuovo conio”
L’art. 416 bis c.p. risulta applicabile anche alle mafie di “nuovo conio”.
Con l’ordinanza n. 3548 del 18 novembre 2022, la II Sezione penale della Corte di Cassazione offre di nuovo l’occasione per ritornare su una fattispecie di particolare importanza nel diritto penale. Si tratta dell’art. 416 bis del c.p. che, inserita nel tessuto penale dei c.d. reati associativi, si occupa di criminalizzare quegli umani consorzi caratterizzati non solo dallo scopo di commettere reati ma soprattutto da una struttura verticistica complessa, organizzata in livelli gerarchici che si ramificano in ogni settore dell’ordinamento lecito e miranti ad ottenere la sopraffazione di un determinato territorio per il conseguimento di maggiori utilità economiche.
L’ordinanza in commento si caratterizza per una accurata analisi dell’articolo in questione e segnala come il legislatore non si sia limitato esclusivamente a criminalizzare alcune porzioni di criminalità storiche come la mafia, la camorra o la ‘ndrangheta estrapolando dalla realtà sociale i tratti peculiari di queste associazioni. Difatti, ciò avrebbe comportato infatti un gravissimo vulnus di tutela ogni qual volta l’aggregazione criminale fosse priva di una “storia” ma rimanga comunque altamente pericolosa in quanto utilizzi metodi che perseguono scopi speculari a quelli delle associazioni criminali classiche. Viceversa, il legislatore dell’82 si è preoccupato con lungimiranza di tipizzare nella disposizione de quo, in omaggio al principio di tassatività costituzionalizzato ex art. 25 Cost., di individuare il fil rouge del fenomeno associativo: il c.d. “metodo mafioso”. Partendo dalla logica premessa che le finalità perseguite dalle consorterie criminali possono essere le più eterogenee, spaziando dalla tradizionale realizzazione di un programma criminale allo svolgimento di attività in sé lecite, come l’acquisizione della gestione o comunque del controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, appalti e servizi pubblici, il legislatore ha preferito qualificare il nucleo della fattispecie nelle modalità con cui si esternalizza il proposito mafioso e che dunque alimenta le finalità dei consociati. Questo nucleo è caratterizzato dalla “forza di intimidazione del vincolo associativo e dalla condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva […]”.
Da siffatte premesse emerge dunque che l’art. 416 bis c.p. è fattispecie fluida che, seppure nata per fronteggiare un fenomeno storico quale le c.d. “mafie tradizionali”, permette di adattarsi attraverso l’elemento normativo del metodo mafioso anche a fattispecie fenomeniche diverse tra loro. Non basta dunque la parola “mafia”, o “’ndrangheta” semplicemente autoproclamata da una cellula criminale ma occorre che le finalità perseguite dai consociati siano caratterizzati, nel loro concreto atteggiarsi, dal summenzionato metodo mafioso che dunque contribuisce a tipizzare e a concretizzare la fattispecie. Per l’effetto, anche una affiliazione ad una consorteria criminale storica avvenuta con modalità rituali (es. pungitura, bruciatura del santino) può al più costituire un indice ex art. 416 bis c.p., ma deve essere sempre corroborato in punto materialità e di offensività da elementi esterni idonei a porre in pericolo l’ordine pubblico quale bene giuridico tutelato dalla norma in commento.
FONTE:
(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)
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