Il nuovo numero in edicola e online
da domenica 15 gennaio
a cura di Angiola Codacci-Pisanelli
Una mano che fa il segno della vittoria. La pelle è coperta di vernice bianca, rossa e verde ma quella del polso si vede, e aggiunge un colore in più: perché la mano scelta da Oliviero Toscani per la foto in copertina sul nuovo numero de L’Espresso è quella di un’immigrata. “L’Italia di domani”, dice il titolo: quell’immagine, spiega nel suo editoriale il direttore Alessandro Mauro Rossi, «disegna quello che vorremmo fosse, e che in parte sarà per forza di cose, il nostro Paese: multietnico, accogliente, vincente, resiliente, tollerante, che guarda al futuro».
Con questa copertina inizia una nuova fase della vita dell’Espresso. La differenza più evidente è nel formato allungato e nella qualità della carta. Molte le novità anche all’interno: nuova scansione degli argomenti, nuovi opinionisti, nuove rubriche. Non cambia però la predilezione per le inchieste. A partire da quella di copertina, firmata da Vittorio Malagutti, che fa il punto sulle vie di uscita da una crisi che, anche se ancora minacciosa per le famiglie meno abbienti, mostra segnali di speranza. I ricchi, aggiunge Gloria Riva, possono contare anche sui vantaggi promessi dalla riforma sull’autonomia regionale proposta da Calderoli. E mentre Chiara Sgreccia racconta l’iniziativa che accoglie minorenni inserendoli a scuola, Simone Alliva fa il punto sull’Italia degli immigrati: che cominciano a calare proprio quando erano arrivati a produrre il 9 per cento del Pil.
La pagina politica apre con un’analisi di Susanna Turco sui primi cento giorni del governo Meloni: che a sorpresa, dai rave alle accise sulla benzina ai Pos, si è distinto per indecisionismo, compromessi e retromarce. Il cerchio magico della premier, intanto, è tutto preso dalla corsa alle nomine: Carlo Tecce racconta le strategie di chi decide, da Giorgetti a Fazzolari, e i curriculum dei papabili. Un’inchiesta di Sergio Rizzo si concentra invece sullo scandalo dei giudici amministrativi, che arrotondano gli stipendi con lauti incentivi, bonus e arbitrati. Alza lo sguardo Massimo Cacciari che bacchetta governo e Pd che si occupano di particolarismi e non della crisi della democrazia. Gianfrancesco Turano ricostruisce i giochi di sport e potere della premiata ditta “Abodi & Lotito”, Edoardo Prallini sceglie dieci giovani aziende destinate a cambiarci la vita, Emilio Cozzi fa il punto sulla “space economy” italiana. Eugenio Occorsio invece racconta il “New Deal” di Biden, che negli ultimi tempi elargisce soldi a pioggia, con il risultato che le aziende americane hanno sovvenzioni molto più alte di quelle permesse ai concorrenti europei.
Inizia con questo numero il diario della settimana firmato da Toscani, una personalissima rassegna di immagini d’attualità accostate ad aforismi che ne allargano il significato. E L’Espresso chiude con un focus sulla “green vague” dei musei d’arte (di Sabina Minardi) e una selezione delle mostre più interessanti del momento firmata da Giuseppe Fantasia.
Francesca De Sanctis parla con Renzo Arbore di Giorgio Gaber, nel ventennale della sua scomparsa, Aisha Cerami raccoglie le confidenze di Antonio Albanese. E mentre crescono gli utenti di BeReal, la app “anti-Instagram” che spinge gli utenti alla sincerità (di Valeria Verbaro), si scopre che molti cantautori mentono: alla vigilia di Sanremo un ghost-writer rivela a Tommaso Giagni che le canzoni apparentemente intime di molti applauditissimi artisti a volte non sono affatto farina del loro sacco.