UN CROLLO …STUPEFACENTE!
Morandi e hashish: “Il furgone è caduto, il fumo non c’è più”
CROLLO “STUPEFACENTE” – I clan a caccia del carico
La conversazione viene intercettata il 9 marzo 2020 da una cimice piazzata nell’appartamento di Palaia. Il gip Vincenzo Bellini dà credito alla sua storia, sebbene allo stato non vi siano altri riscontri: “Nel discutere con il proprio sodale dei futuri traffici di stupefacente da organizzare – scrive il giudice – Palaia faceva riferimento al fatto che nel crollo del Ponte Morandi, era stato coinvolto un cargo frigo imbottito di numerosi chili d’hashish che erano destinati a dei malavitosi campani. Secondo quanto riferito, i soggetti dell’hinterland partenopeo avevano ingaggiato Palaia per effettuare un tentativo di recupero. Palaia con le proprie aderenze nel settore del recupero rottami, avrebbe potuto individuare e trasportare la carcassa del mezzo”.
Palaia ha contatti nel settore della rottamazione ai Castelli Romani, e da qui verrebbe il basista che dovrebbe aiutarlo nella missione: servirebbe, dice, “un carrellone con la buca” e soste “ogni 250 chilometri”. Il camion sarebbe stato “confiscato dalle assicurazioni”, parcheggiato a Latina e infine dissequestrato. Notizia apprese dal contatto di Palaia grazie a “un amico di Secondigliano”: “Dopo 6-7 mesi che lo guardavano mi dice: ‘Francesco, hai la possibilità?’ Perché, mi dice, a questo punto ‘io ai neri non gli posso dire… loro sanno che si è perso… punto (…) Adesso se loro vengono dove siamo noi a Secondigliano (…) Io questi 900 chili glieli voglio fottere’”.
Le notizie in arrivo dalla Calabria, anticipate ieri dal sito antimafia Fivedabliu, sono del tutto inedite per la Procura di Genova. Gli investigatori hanno provato a incrociare i dati dei veicoli caduti con il ponte e dai primi accertamenti emerge come fra i mezzi coinvolti, apparentemente, l’unico Eurocargo fosse quello guidato da due camionisti dell’Est Europa: Anatoli Malai, moldavo, e Marian Rosca, romeno. Il primo è morto sul colpo, il secondo, sopravvissuto, è poi deceduto in ospedale. Lavoravano per la ditta di trasporti internazionali francese Alba Démenéagements. Era quello il camion a cui fa riferimento l’uomo dei Bellocco? Innanzitutto Palaia fa riferimento a un sopravvissuto, e non a una vittima. Il colore del mezzo, a ben vedere è bianco, e non giallo, e non risulta avesse celle frigorifere. Né ci sono elementi per dire che, nell’eventualità, chi guidava sapesse davvero cosa stava portando. C’è un mezzo di quel colore, giallo, ma senza carico, che nelle riprese della polizia stradale del 14 agosto 2018 precede di pochi metri i due autotrasportatori, all’uscita della galleria che porta sul viadotto. Ma potrebbe essere una suggestione. C’è, inoltre un altro elemento. Il difensore della famiglia di Rosca, residente tra la Francia e la Romania, è di Latina, posto in cui si danno appuntamento tante coincidenze in questo racconto: “Noi della vicenda non sappiamo niente, ma mi pare di poter dire che è senza fondamento – spiega l’avvocato Simona Verdesca Zain – Ci siamo occupati dei risarcimenti, mai del dissequestro del mezzo. La famiglia ci ha trovato attraverso una collega che lavora in Romania. E con la ditta non abbiamo contatti”.
Insomma, i dettagli che non tornano, in questa storia, sono ancora tanti. E, pare di capire, chi li potrebbe conoscere, o non li vuole raccontare, o è morto, oppure preferisce rimanere un fantasma.
FONTE:
(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)