Imperiale, il “boss dei Van Gogh” – “Mi entravano 300 mila al mese”- vendetti sul territorio napoletano a circa 31.000 euro al kg, ricavando, quindi, 9 milioni di euro”. Dai verbali emerge che il narcos aveva investito 40 milioni di euro in lingotti d’oro.
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Imperiale, il “boss dei Van Gogh” e le chat sul “comma anti-infami”
L’EX NARCOS – “Mi entravano 300 mila al mese”
11 DICEMBRE 2022
Napoli. “Anche i pentiti che non mi conoscono dicono che mi sanno dall’infanzia… per scagionarsi loro… perciò abbiamo preso la strada di ammissione delle colpe con la restituzione dei quadri (i due Van Gogh rubati al museo di Amsterdam, ndr)… perché l’unico modo per difendersi dai pentiti… senza danneggiare nessuno… c’è una legge, il comma 7 dell’articolo 74, se smantelli l’organizzazione dando i guadagni illeciti… c’è uno sconto (di pena, ndr) da 2/4 a 2/3… se uno non si difende così… per colpa di ’sti infami… io per metterlo a quel servizio ai pentiti che mi hanno cantato… ho fatto la strada del comma 7”. Quando Raffaele Imperiale, il capo del narcotraffico europeo, scrive questo su una chat criptata con Bartolo Bruzzaniti, broker della droga per conto del clan di ’ndrangheta dei Mammoliti, è ancora un uomo libero. Si tratta di un documento inedito, che il Fatto ha potuto consultare. Una chat che illumina tratti importanti della personalità di Imperiale: un lucido calcolatore, che valuta con attenzione i pro e i contro delle sue scelte, anche attento a non turbare gli equilibri del mondo criminale in cui nuota e prospera. “Ho fatto la strada del comma 7… chiedendo sempre autorizzazione al boss Amato… sono cresciuto con lui…”, aggiunge.
È il 23 febbraio 2021 e Imperiale, inseguito da una condanna per traffico di droga e da accuse di affiliazione camorristica al clan degli Scissionisti di Napoli, non sa ancora, o forse teme, di essere agli sgoccioli di una pluriennale latitanza dorata a Dubai. È accompagnato dalla fama internazionale di “boss dei Van Gogh”, per la vicenda dei due quadri del pittore olandese rubati al museo di Amsterdam nel 2002, ricettati dal narcos a un prezzo stracciato, e fatti ritrovare nel 2016 nella villa del padre a Castellammare di Stabia. Grazie a quella restituzione, otterrà un forte sconto della condanna per narcotraffico.
Tutti sapevano dove si trovava Imperiale (“io non sono mai scappato, io vivo all’estero ormai da 20 anni”, disse in un’intervista a il Mattino), eppure è rimasto a lungo in cima alle classifiche dei latitanti più ricercati al mondo. Grazie a una fitta rete di protezioni ha potuto continuare a fare affari e vivere nel lusso di hotel a otto stelle, rifornendo mezza Europa di droga proveniente dal Sudamerica. Imperiale verrà fermato dalle autorità emiratine nell’agosto 2021, e poi restituito all’Italia nel marzo 2022.
Rinchiuso nel carcere di Rebibbia, Imperiale ha deciso di collaborare con la giustizia. Da ottobre i pm di Napoli Maurizio De Marco, Giuliano Caputo e Lucio Giugliano, con il coordinamento del procuratore reggente Rosa Volpe, ne stanno raccogliendo confidenze e rivelazioni. La notizia è emersa la scorsa settimana, col deposito dei primi quattro verbali in un’udienza al Riesame di Napoli.Le confessioni di Imperiale – dettate con la premessa che non intende ricorrere in futuro a un programma di protezione – disvelano le cifre da capogiro che il narcos gestiva: “Sul territorio europeo, oggi si guadagnano 2.500 euro per ogni kg di cocaina, prima anche 7.000 al kg. A me, da ultimo. entravano circa 300.000 euro al mese”.
Imperiale dice di aver speso fino a 400 mila euro al mese per soci e affiliati, per le famiglie dei detenuti, il noleggio e le assicurazioni di auto e camion utilizzati per il trasporto della droga. Ricorda l’arrivo a Dubai nel 2010 “con 100 milioni di euro di cocaina che si trovava a Napoli, su diversi appoggi, provento dei miei affari in Brasile all’insaputa degli Amato-Pagano”, poi l’ordinanza di arresto del 2016, l’inizio della latitanza e la consapevolezza “di aver sperperato tutto”.
Da qui parte la sua riscossa. Come? Attraverso l’aggancio di un potentissimo narcotrafficante, attualmente detenuto in Olanda, Rico Riquelme, definito in patria “il cileno più pericoloso del mondo”, attualmente detenuto in Olanda. “Lo contattai mediante sistemi criptati, mi diede la possibilità di reintrodurmi nel sistema affìdandomi 300 kg di cocaina e dicendomi che lo avrei potuto pagare quando potevo, anche in sei/dodici mesi: Si trattava di sostanza comprata in Spagna a 25.000 euro al kg, quindi valeva 7, 5 milioni, e che vendetti sul territorio napoletano a circa 31.000 euro al kg, ricavando, quindi, 9 milioni di euro”.
Imperiale è stato in affari coi Mammoliti e per la cosca calabrese la droga arrivava al porto di Gioia Tauro: “Lo usavamo perché c’è una nave della MSC che fa Panama-Gioia Tauro. È per noi un porto come tutti gli altri (Algeciras, il Belgio, Rotterdam, la Germania, la Lettonia, anche a Napoli)”.
Tra pagine e pagine infarcite di omissis, spuntano brandelli della rete di protezione di Imperiale. Preoccupato per un sodale, Raffaele Mauriello, sicario della camorra, per il quale temeva esistesse un mandato di arresto, il narcos dice ai pm che “gli avevo fatto consegnare un passaporto messicano, sotto falso nome” e “tramite un amico marocchino feci fare un controllo nei sistemi Interpol”. Il mandato non c’era e a Mauriello fu detto “di venire immediatamente a Dubai”, per entrare nel suo gruppo.
Negli ultimi anni, Imperiale non si sarebbe più occupato direttamente di droga: “Avevo deciso di occuparmi solo di flussi economici”. Dai verbali emerge che il narcos aveva investito 40 milioni di euro in lingotti d’oro.
FONTE:
(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)
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