Pd: l’unica salvezza è ritornare a sinistra e allearsi coi 5Stelle di PAOLO ROSSI*
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Provengo originariamente dalla sinistra Dc, una realtà che oggi sarebbe molto più a sinistra di questo Partito democratico. In verità ci vuole poco. Sono stato per 12 anni parlamentare prima della Margherita nell’Ulivo, poi dello stesso Pd. La premessa semplicemente per motivare quella che ritengo essere la vera priorità per quel partito e cioè scegliere una sua radicalizzazione a sinistra. Detto da uno come me che di certo non proviene dalla storia comunista.
Oggi i dem, impegnati in una sfrenata corsa al centro, potrebbero essere considerati (volendo nobilitarli) come liberal-democratici. Politica estera appiattita acriticamente sugli Usa, perdita del consenso popolare e dei ceti più deboli. Oggi a sinistra esiste uno spazio vuoto che non può essere portato a reddito dai soli 5Stelle. Tralascio l’idiozia di aver ideato una legge elettorale senza saperla gestire, rinunciando preventivamente a un necessario e conveniente rapporto con i grillini. Una scelta che non avrebbe probabilmente consegnato una vittoria, ma di sicuro ben altro responso elettorale.
Dopo che Renzi ha distrutto il Pd e la sinistra in genere, quel partito ha veleggiato in piena deriva. Confuso e senza identità, non ha avuto la forza né le caratteristiche per rappresentare il centro moderato e nel contempo ha lasciato praterie elettorali a sinistra. La questione non può essere ridotta a semplici convenienze elettorali perché è invece più profonda e intrisa di contenuto politico. Il M5S, che ho avversato all’inizio della sua comparsa in Parlamento, ha sì rappresentato agli arbori un ambito populista e demagogico ma, seppur in mezzo a varie incongruenze, ha incarnato alcune scelte ideali e di rappresentanza dei più deboli che non si possono trascurare. Credo che la necessità sia ora quella di ricostruire una sinistra degna di tale nome, una sinistra che sappia “stare dalla parte dei più deboli”. Dovrebbe peraltro essere una vocazione naturale. Sta attraverso un rinnovato impegno politico uscire dal semplice slogan. A sinistra c’è dunque un grande spazio libero da occupare con intelligenza. Certo, sul piano elettorale spostarsi da quella parte contiene il rischio di rinforzare nel breve il cartello neo-doroteo e trasformista di Calenda-Renzi. Ma non mi preoccuperei più di tanto. È un rischio che si deve correre perché del resto è inutile sopravvalutare le “virgole” che certa politica propone con regolarità.
Sono probabilmente un visionario, ma ho sempre pensato che la buona politica sia anche quella di vedere cosa ci potrebbe essere dietro l’angolo e anticipare un futuro possibile. Non credo del resto che ci siano grandi alternative per il Partito democratico oramai destinato all’anonimato, ma onestamente neanche per lo stesso Movimento. Iniziare gradualmente un lavoro congiunto diventa quindi fondamentale non solo per la sopravvivenza di entrambi, ma per la sinistra in genere, sempre che abbia ancora senso definirla in tal modo. Prima un paziente lavoro insieme, poi un cartello elettorale, infine, nel giusto tempo, la costituzione di un nuovo soggetto politico. Certo ci vorrà tempo, ma occorre che da entrambe le parti il realismo superi l’orgoglio partigiano che ha regolarmente prodotto lacerazioni. Lo spartiacque è certamente il (tardivo) congresso del Pd. Cambiare il nome è ovviamente uno specchietto per le allodole, non prendiamoci in giro. Ci vuole chiarezza e l’assunzione di scelte finanche radicali e coraggiose con la necessità di cambiare decisamente linea e rotta politica. Se questo non dovesse avvenire, considerato a quel punto il Pd su un binario morto ed esaurita la sua funzione storica, non sarebbe da considerarsi follia un’eventuale separazione.
*Ex parlamentare del Pd
FONTE:
(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)
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