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Napoli-Bari. Ferrovia Alta Velocità: ‘altolà’ del TAR quando gran parte della rete è conclusa

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E così il Tar della Puglia ha sospeso i primi lavori del grande progetto per l’alta velocità Napoli-Bari, già completati all’80 per cento, 205 milioni dell’Europa su 426, per un investimento finale di sei miliardi.

Sono i veri nemici della Resilienza, i soli in grado di fermarla, acronimo contro acronimo, Tar contro Pnrr, il primo pronunciabile grazie alla vocale “a” che, tra due consonanti dure, permette un’intonazione di superiorità, di scherno e di dispetto.

Dunque, “tar” suona come l’interiezione della ripicca: “tiè”. E così il Tar della Puglia ha sospeso i primi lavori del grande progetto per l’alta velocità Napoli-Bari, già completati all’80 per cento, 205 milioni dell’Europa su 426, per un investimento finale di sei miliardi.

E non bisogna credere che siano solo dispettosi e non anche attenti e rigorosi i giudici amministrativi che hanno accolto il ricorso degli ambientalisti «perché ci vuole una valutazione comparativa sull’impatto ambientale» che mette a rischio i mandorli e i carrubi, tanto più che l’ambiente dal 2021 è espressamente tutelato dalla Costituzione (articoli 9 e 41).

Sembra ispirarsi al San Paolo della seconda lettera ai tessalonicesi, il Tar che «contiene e trattiene — in greco katéchon — il vento dell’empietà». Massimo Cacciari ha dedicato un piccolo libro (Il potere che frena, Adelphi 2013) a quest’azzardo religioso-filosofico inventato da San Paolo, ma non aveva certo immaginato che i “katecontici” contro l’Anticristo potessero essere i giudici del Tar pugliese. Spaventati, intanto, dal “potere che frena” il governatore Emiliano, le Ferrovie e l’Anas hanno chiesto al Consiglio di Stato la sospensione della sospensione.

Ma, come si sa, l’orologio del Pnrr non è quello delle bocciature e delle revoche delle bocciature, delle sospensioni confermative, delle sospensioni sospese e delle sospensioni rigettate che in Italia azzerano carriere, licenziano rettori, revocano nomine. È chiaro che la girandola dei ricorsi qui è solo all’inizio, ma l’Europa non ha i tempi della scuola, dell’università, della Rai.

Insomma, l’Europa, che resiste a Putin e supera i guai della Brexit inglese, è impantanata nel Tar, anzi nei Tar italiani, visto che altri ricorsi già pendono a Trento, a Reggio Calabria, ad Ancona e ovviamente nel Lazio dove il Tar è già famoso perché reintegrò nello stalking i falsi centurioni del Colosseo e poi bocciò ben 5 bravissimi direttori dei musei italiani perché erano “stranieri”, come l’Anticristo di San Paolo. Lo scontro è dunque vitale e coinvolge pure i lavori per il gassificatore di Piombino di cui il sindaco vuol chiedere al Tar della Toscana la sospensione. Alla fine davvero i Tar italiani sono gli strumenti più tenaci della cultura del freno, ma nella versione rassegnata della filosofia del “non si può” che l’erudito napoletano del Settecento Antonio Genovesi battezzò “nonsipuotismo” e che sempre si accompagna all’eternità della nostra indolenza. I ricorsi che si rincorrono sono il romanzo delle anime morte, la più crudele pena inflitta all’Italia.

(Francesco Merlo – Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

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