Il nuovo numero in edicola e online
da domenica 20 novembre
a cura di Angiola Codacci-Pisanelli
Il maschilismo si nasconde dietro parole apparentemente innocue. Il veleno che porta ai maltrattamenti in famiglia e al femminicidio si nutre di frasi fatte, detti e proverbi misogini. Che c’è di male nel ripetere “Moglie e buoi dei paesi tuoi” o “Auguri e figli maschi”? Ma “La violenza non è un luogo comune”, si legge sulla copertina del nuovo numero de L’Espresso. Che in pieno clima di revisionismo sui diritti riparte dal linguaggio quotidiano, lanciando la campagna di sensibilizzazione realizzata dall’associazione Crisi Come Opportunità in collaborazione con Urban Vision e il nostro giornale. E affidando la voce delle iraniane che lottano per la libertà a un portavoce d’eccezione: Patrick Zaki.
Le mille sfumature della misoginia le racconta Simone Alliva nell’inchiesta di copertina. Silvia Andreozzi e Valeria Verbaro raccolgono le voci del “telefono viola”, Susanna Turco sottolinea i limiti delle politiche del governo Meloni. E mentre Celeste Costantino racconta nei dettagli il significato della campagna da lei ideata e Fiorella Mannoia spiega a Emanuele Coen perché i concerti non bastano, Chiara Valerio sottolinea il valore della memoria condivisa e Lirio Abbate dedica il suo editoriale alle ragazze, che meritano una società guarita dal patriarcato. Loredana Lipperini invece invita ad aprire gli occhi sul “femminicida della porta accanto”: anzi, quello con cui condividi casa.
Nel Paese intanto il Pd si avvia seriamente verso la dissoluzione (di Susanna Turco) anche perché, come scrive Michela Murgia, l’opposizione non la fa contro il governo ma contro la sinistra. Intanto Paola di Lazzaro e Giordana Pallone hanno raccolto in un libro le nuove parole che hanno accompagnato i cambiamenti politici degli ultimi anni.
Paolo Biondani, Gloria Riva e Leo Sisti rivelano i segreti dei consiglieri onorari, che sfruttano l’ombrello dell’immunità diplomatica per arricchirsi facendo affari discutibili. E Carlo Tecce denuncia che a Roma, a due anni dall’inizio dell’Anno Santo, i progetti faraonici previsti sono ancora a zero.
Vittorio Malagutti spiega i rischi per l’intera economia del crack delle criptovalute, Gianfrancesco Turano punta il dito contro l’ipocrisia che circonda i Mondiali di calcio del Qatar, Alec Ross e Isabella Weber parlano con Federica Bianchi di un nuovo modello per l’economia europea.
Negli Usa intanto cresce la tentazione di scaricare i due grandi vecchi, non solo Trump ma anche Biden (ne scrivono Manuela Cavalieri e Donatella Mulvoni). In Perù le miniere avvelenano i paesi vicini (lo denuncia Chiara Sgreccia). E mentre si inizia a parlare di tregua tra russi e ucraini (di Sabato Angieri), Gigi Riva già prevede il dilemma di chi ha radici tra tutti e due i Paesi e dovrà decidere in quale andare.
E L’Espresso chiude con un invito di Martha Nussbaum a lanciarsi nella politica con curiosità (di Wlodek Goldkorn) e un omaggio a Ennio Flaiano, riscoperto a cinquant’anni dalla morte dal mondo dell’editoria (di Gaia Manzini) e dalla sua città natale, Pescara (di Antonia Matarrese).
Donatella Di Cesare racconta l’ultimo libro di Giorgio Agamben mentre Alessandro Leone presenta i correttori di bozze specializzati nel “politically correct”. In due servizi centrati sulle immagini, Tiziana Faraoni mostra il nuovo calendario Pirelli mentre Salvatore Di Mauro racconta, con le fotografie di Arianna Todisco la vita nomade dei “caminanti” siciliani. E mentre Massimiliano Salvo ritrae gli ultimi cavalli selvaggi della Liguria, Violante Placido spiega a Claudia Catalli perché la cosa migliore è fare carriera «andando al trotto e non al galoppo».