Italia. Centrali nucleari e arte, da siti radioattivi a depositi sicuri: come buttare 300 milioni
Con “Recovery Art” il ministero Cultura voleva creare 5 bunker per salvare i capolavori dalle catastrofi naturali.
Il progetto è comparso nei piani del Pnrr a marzo 2021, ma la caserma di Palmanova non era nella lista dei siti selezionati. All’epoca l’elenco comprendeva le ex centrali nucleari di Bosco Marengo (Alessandria), Caorso (Piacenza), Garigliano (Caserta) e poi le ex caserme Cerimant di Roma e Le Casermette di Camerino (Macerata). Che tre su cinque dei siti fossero ex centrali nucleari, aveva lasciato subito perplessi gli addetti ai lavori. Quegli impianti sorgono, com’è ovvio, ben lontani dalle aree a rischio: difficile che un deposito lontano dal luogo dell’emergenza possa essere utile in caso di emergenza. In effetti è stata proprio una delle tre ex centrali a uscire dal progetto e lasciare il passo alla caserma friulana: dai sopralluoghi effettuati è emerso che non possiede le caratteristiche tecniche (l’unico edificio già decontaminato non ha le volumetrie minime indicate dalle Linee Guida) e neppure di tempistica. Il decomissioning, cioè lo smantellamento e bonifica, degli altri edifici non potrà essere completato nei termini del Pnrr, spiega al Fatto la segreteria generale del MiC. Palmanova in effetti, sembra un sito ideale, posto a nord-est (nessuno dei cinque identificati in precedenza lo era), al centro di scambi autostradali, con studio di fattibilità già disponibile. Non è chiaro quindi come, usando criteri che hanno a che fare con la conservazione e la protezione delle opere d’arte, fosse rimasto escluso a favore di una centrale nel Piacentino. L’allora ministro Franceschini, quando per la prima volta aveva presentato il progetto il 17 marzo 2021, parlava di “centrali già dismesse e già bonificate”: ma non lo erano.
Pare più facile spiegare come le tre centrali siano finite nel progetto, considerando che Sogin, la società statale partecipata dal ministero dell’Economia, che si occupa dello smantellamento degli impianti e della gestione, messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi e gestione delle ex centrali nucleari italiane, alla fine del 2020 era all’urgente ricerca di fondi per concludere la decontaminazione e riconversione dei tre siti: una necessità condivisa e rimandata per decenni. Il sito di Bosco Marengo doveva essere bonificato entro il 2020, ma lo sversamento di liquidi radioattivi, scoperto nel 2014, ha prodotto una contaminazione e richiesto la riprogrammazione delle attività di smantellamento dell’area. Problemi rilevanti erano noti anche per la centrale di Caorso e anche la centrale di Garigliano è in pieno smantellamento: la fine degli interventi sul reattore è prevista per il 2026, giusto in tempo per i tempi Pnrr. I ritardi negli obiettivi prefissati dalla società sono noti, come messo in chiaro dalla relazione della Corte dei Conti sulla gestione finanziaria del 2020, pubblicata pochi giorni fa. Tanto che il 21 giugno 2022 un decreto legge del governo Draghi ha disposto il commissariamento di Sogin “in considerazione della necessità e urgenza di accelerare lo smantellamento degli impianti nucleari italiani, la gestione dei rifiuti radioattivi e la realizzazione del Deposito nazionale”, con conseguente immediata decadenza del Consiglio di amministrazione. Qualche centinaio di milioni per rendere alcune ex centrali nucleari “depositi d’emergenza” per opere d’arte, trattandosi di luoghi che necessitano di una lunga e costosissima riconversione, potevano essere utili.
A oggi Sogin non sa quanto sarà stanziato per ciascuna delle centrali interessate (due, a questo punto). E non è chiaro chi dovrebbe gestire questi depositi una volta aperti, visto che, in teoria, dovrebbero essere dotati di personale tecnico ben diverso da quello di cui oggi è dotata Sogin: il Fatto ha posto la domanda alla società, ma non ha ottenuto replica. Dei 300 milioni previsti per il progetto, sono stati assegnati per ora 20 milioni alla caserma di Palmanova e 20 alle Casermette di Camerino, mentre per l’ex caserma Cerimant sono in corso valutazioni. Il segretariato generale del MiC spiega che “gli importi per i singoli progetti saranno commisurati alle effettive esigenze di adeguamento e miglioramento strutturale e di rifunzionalizzazione” oltre che dai vincoli del Pnrr. Facile prevedere che se i fondi non fossero necessari nella totalità, perché alcune caserme si riveleranno più funzionali e adatte rispetto alle centrali originariamente previste, andranno persi. Non resta che sperare quindi che i depositi siano pronti entro il 2026 anche se, forse, non vedranno mai un quadro al loro interno.
(Di Lenardo Bison – Fonti: Fatto Quotidiano – Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)