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Attualità

Cento anni fa il colpo di stato fascista: con la Marcia su Roma, Mussolini prende il potere

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Cento anni fa la marcia su Roma, un anniversario che acquista un valore altamente simbolico proprio in questi giorni di insediamento del nuovo esecutivo a guida Centro-Destra.
Corsi e ricorsi storici per qualcuno che teme il ritorno ad un passato funesto, che portò ad instaurare in Italia la prima dittatura fascista europea che durò oltre 20 anni e che spinse il Paese nel baratro, un periodo nefasto che culminò con la folle partecipazione al secondo conflitto mondiale.
Fu un vero e proprio colpo di Stato messo in atto tra il 27 e il 28 ottobre del 1922, quando a Roma arrivarono migliaia di fascisti armati.
Ma non accadde tutto all’improvviso, “la presa di Roma”, da parte delle camicie nere, fu programmata e preparata con pazienza già anni prima.
Mussolini fondò i fasci di combattimento nel 1919 a Milano. Già prima della Grande Guerra era un militante molto attivo del Partito Socialista, dal quale però venne espulso in seguito alla sua campagna per l’entrata nella Prima guerra mondiale dell’Italia, perché in opposizione con le idee e le direttive del Partito che invece sosteneva la neutralità.
La fine della guerra lasciò un Paese affamato e la crisi economica che ne seguì mise in ginocchio soprattutto i lavoratori delle fabbriche e i contadini e dal punto di vista sociale fu un periodo assai turbolento. Le rivendicazioni e il malcontento dei lavoratori furono appoggiate e in parte promosse dal partito socialista tanto che gli anni 1919-1920 passarono alla storia come “Biennio rosso”, con una rivoluzione socialista che sembrava imminente e con la forte preoccupazione degli industriali e del Governo liberale di Giolitti.
In questo clima di instabilità e di rivoluzione, Mussolini sembrò risorgere: durante la guerra era stato isolato politicamente, ma seppe cavalcare il periodo buio del dopoguerra assumendo posizioni nazionalistiche che attirarono gli scontenti, gli industriali preoccupati, i mutilati di guerra e gli ex combattenti che sarebbero poi diventati i primi spietati squadristi.
I fasci non erano un partito, anzi secondo l’idea originale di Mussolini, dovevano essere “l’anti-partito”, agire al di fuori del sistema politico e in netta opposizione a tutti gli schieramenti.
Tra le caratteristiche di questa formazione c’era lo sprezzo del pericolo che sfociava nell’ intimidazione, nell’irriverenza, nella violenza, nel militarismo e nel culto della morte e i suoi militanti, organizzati in squadre, si impegnarono a portare avanti un’offensiva antiproletaria partendo dalle città del Nord Italia. I loro obiettivi erano le sedi del Partito Socialista, quelle dei sindacati, le cooperative dei lavoratori, i giornali (soprattutto quelli di sinistra) e in generale tutti coloro e tutte le istituzioni che erano oppositori di questo nuovo movimento. Era nato il fascismo.
Dovevano restare fuori dal sistema politico, ma non fu così: Mussolini capì che non bastava solo la violenza, per ottenere potere doveva insinuarsi fra le maglie del governo. E infatti alcuni militanti dei “fasci di combattimento” si presentarono alle elezioni del 1921, candidandosi nelle liste dei Blocchi nazionali di Giolitti e 35 di loro furono eletti alla Camera.
Nell’anno successivo il movimento divenne molto forte e gli iscritti passarono da 220mila ad oltre 322mila, e ad agosto occuparono Palazzo Marino a Milano, spodestando con la forza e la violenza l’amministrazione comunale socialista. Successivamente furono occupate prefetture, uffici pubblici, stazioni in tutte le città del Nord.
Forse è proprio in questo periodo che in Mussolini maturò l’idea di poter “prendere” Roma, ma sostanzialmente si era già preso l’Italia intera. La marcia su Roma fu solo una formalità, l’ultimo tassello di un piano distruttivo.
Gli squadristi che arrivarono a Roma partirono, in maggioranza dalla Toscana, erano meno di ventimila e con scarsi armamenti. A loro fu promessa la gloria, avrebbero marciato su Roma e assaltato la Capitale. In realtà non fu così: furono fatti accampare e aspettare le nuove direttive a nord della città e l’assalto vero e proprio non ci fu. Si voleva indurre, attraverso la paura, il governo in carica presieduto da Facta a dimettersi per lasciare poi l’incarico del Governo a Mussolini.
Intanto Mussolini aveva ricevuto un telegramma dal Re che gli comunicava la disponibilità di affidargli l’incarico di formare il Governo.
Il 31 ottobre il nuovo governo Mussolini, giurò nelle mani del re e le camicie nere accampate fuori la Capitale furono invitate ad entrare in città, in marcia da Piazza del Popolo a Piazza Venezia e poi fino al Quirinale. Alcune frange entrarono in quartieri popolari ed iniziarono a compiere le loro violenze: alla fine della giornata si contarono sette morti.
Gli squadristi diretti su Roma non erano molti e sarebbe bastato da parte del re Vittorio Emanuele III, proclamare lo stato d’assedio perché si mobilitasse l’esercito contro di loro. Perché il re non firmò il decreto che pure il presidente del Consiglio Facta gli aveva presentato? È il dubbio di molti storici: alcuni affermano che il re abbia agito così scegliendo la via più pacifica, altri che era a conoscenza di connivenze con il fascismo di alcuni importanti membri dell’esercito e che quindi sarebbe stato inutile, altri ancora che abbia agito in questo modo convinto dalla Massoneria vicino alla monarchia e infatti pochi giorni prima Mussolini aveva incontrato il capo della Gran Loggia d’Italia ottenendo l’appoggio massonico al fascismo.
Il 16 novembre 1922 Mussolini pronunciò il suo primo discorso da Presidente del Consiglio. La Camera votò la fiducia al nuovo esecutivo con 306 voti favorevoli e 116 contrari, il Senato con 196 favorevoli e 19 contrari.
Fu la fine del sistema liberal-democratico, in poco più di tre anni, l’Italia divenne una dittatura fascista a partito unico, pur confermando la Monarchia per tutto il Ventennio. Fu instaurato un regime di terrore, basato sul massiccio uso della violenza più efferata verso gli oppositori e iniziò il periodo più buio per il Nostro Paese.
Adesso molti sostengono che i tempi sono cambiati, che non è possibile il ritorno del fascismo seppure molti militanti del nuovo Governo non rinneghino le loro idee vicine al movimento. È vero, il fascismo non tornerà, ma ogni principio che solo si avvina a quell’ideologia va combattuto!
La Costituzione Italiana: “È vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista…”.

(Fonte: DeaNotizie – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

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