La Riflessione, Il segreto di Bruto
Realtà, storia e finzione si intrecciano nel romanzo Il segreto di Bruto di Raffaele Allegrio
di Ettore Sannino
Capita molto raramente di poter parlare di un libro senza timore di svelare troppo del suo contenuto o, volendo usare un termine ormai molto alla moda, di spoilerarlo.
In buona parte questa considerazione può essere vera nel parlare di Il segreto di Bruto di Raffaele Allegrio ma, di converso, rimane necessario non raccontare tutto, ma proprio tutto. E vi spiego il motivo.
Il romanzo si sviluppa mescolando molta realtà e qualche finzione storica funzionale alla vicenda. Si basa sull’opera Ab urbe condita di Tito Livio nonché sullo studio di documenti storici.
Il libro parla di vicende che riguardano l’antica Roma, la Roma monarchica e più precisamente della truce circostanza grazie alla quale Tarquinio il Superbo divenne il settimo re di Roma.
Ma in verità è raccontata la storia di Lucio Giuno Bruto, nipote di Tarquinio che viene adottato dal perfido re dopo che gli ha sterminato la famiglia.
Bruto ben conosce le intenzioni dello zio, sa che non esiterebbe a farlo uccidere se vedesse in lui una minaccia per il suo regno e si adegua alle circostanze.
Infatti si finge stupido, lento, incapace di sviluppare un pensiero politico, obbediente ai voleri dello zio.
Ma Bruto non è niente di tutto ciò ed i fatti storici dimostreranno il suo reale valore.
Infatti sarà l’uomo che, destituito lo zio re, segnerà la fine della monarchia a Roma. E lo farà in maniera astuta, sottile, mostrando un’abilità politica non comune. Si direbbe a Napoli che “fa lo scemo per non andare in guerra”.
Le vicende sono perciò note, e fin qui niente di nuovo, almeno per chi la conosce (differentemente è una magnifica occasione per impararla in maniera poco scolastica).
Ma perché il segreto di Bruto? Qual è il suo segreto? Ce n’è uno soltanto?
La storia è magistralmente romanzata mescolando abilmente le carte ed è come il gioco delle scatole cinesi, in cui ciascun personaggio determina, con le sue scelte, la sua condotta, le sue decisioni, lo svolgersi della vicenda ed i successivi sviluppi.
C’è poi un universo femminile fatto di parricide, succubi, consigliere, compagne, amanti e molto di più. Donne silenziose quando è necessario, ma abili nell’ordire, suggerire, condividere e custodire.
Mogli devote, vittime di una società maschilista, costrette anche al gesto estremo, ma sempre mogli.
E c’è il popolo, umile, sfruttato, emarginato, ma con una forza materiale e morale capace di determinare situazioni di grande rilevanza (si vedano le ribellioni aventiniane).
I senatori, messi al bando, con il senato chiuso, depauperati dei loro poteri politici ed esclusi dall’esercito con la conseguente perdita dei benefici derivanti dalle razzie, che cospirano contro il re.
Ed i piccoli re delle città limitrofe, sottomesse e non, situate dei dintorni di Roma, pronti ad essere usati per realizzare la palese determinazione di fare in modo che Roma, governata dai tarquini, sia di fatto una città etrusca e non romana.
Storia intensamente allegorica, dove l’arroganza del potere verrà sopraffatta dall’astuzia e dagli intrighi, dove il popolo chiederà conto di determinate condotte, dove si mescoleranno la religione arcaica e profetica degli antichi etruschi e quella pragmatica dei romani.
Il segreto di Bruto quindi riguarderà la sua finta stupidità, il suo tramare contro lo zio re oppure sarà quanto appreso quando, mandato dallo zio assieme al cugino a Delfi, avrà le rivelazioni della Pizia che anticiperanno quanto contenuto nei libri sibillini (perché probabilmente la vecchia venditrice che tenta invano di vendere i libri del destino a Tarquinio altri non sarebbe che la Sibilla cumana).
Sta di fatto che Bruto, divenuto consapevole, inizia ad osservare quello che accade, apparentemente si piega alla volontà dello zio, ma in realtà la piega a suo favore ed attende il momento propizio, che sa bene che arriverà.
Tesse, trama, ordisce, prepara tutto e farà in modo di prendere il potere, ma non da tiranno, bensì da acclamato ed eletto a furor di popolo.
La lettura scorre veloce, non annoia; la narrazione non indulge a noiosi storicismi, non perde mai il ritmo romanzato ed il lettore viene abilmente coinvolto nella vicenda. Alla fine sarà un bel romanzo, ma l’appendice con i riferimenti storici riporta con i piedi per terra, conferendogli anche un po’ la veste del saggio storico.
Insomma libro da leggere, da conservare e di tanto in tanto rileggere perché nelle scatole cinesi si possono nascondere segreti non sempre svelati di primo acchitto.
Ettore Sannino, nato a Napoli, vissuto a Portici, città che gli è rimasta nel cuore, attualmente vive a Caserta. Neurochirugo, opera in ospedale. Lettore appassionato e scrittore fecondo, nel 2022 ha pubblicato il suo libro d’esordio, “Un possiile senso della vita, Graus Edizioni. una di racconti.
Dice di sé: Cresciuto scienziato in una famiglia di umanisti, mio nonno che era scultore e pittore diceva che ero incapace persino di fare la lettera “o” col bicchiere e se ne rammaricava.
Ma anche se non condivido assieme al suo nome il suo talento con pennello e scalpello, la mia passione è altrettanto artistica: scrivere, e mi accompagna dai tempi del liceo, quando qualsiasi tema in classe per me era l’occasione per un racconto, l’incipit di una storia. Perciò eccomi a voi, come sono, venendo dal nulla, pronto a tornare nel nulla e sperando di non essere nulla più che uno a cui piace scrivere
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