Ecco la tregua fiscale di Meloni: via le cartelle sotto i 3 mila euro IL PRIMO DECRETO – Rottamazione. Nuova sanatoria, dopo quella appena fatta da Draghi. E intanto Confindustria boccia la Lega su Quota 102 e “tassa piatta” DI PATRIZIA DE RUBERTIS E GIACOMO SALVINI
Ecco la tregua fiscale di Meloni: via le cartelle sotto i 3 mila euro
IL PRIMO DECRETO – Rottamazione. Nuova sanatoria, dopo quella appena fatta da Draghi. E intanto Confindustria boccia la Lega su Quota 102 e “tassa piatta”
La proposta, in linea con quanto inserito nel programma elettorale di Meloni, prevede un condono di tutte le cartelle esattoriali da mille a tre mila euro (forse 3.500): il contribuente versa solo una somma tra il 10 e il 20% della cartella pendente, mentre il restante 80-90% viene condonato. Una misura una tantum che non servirebbe per finanziare misure economiche strutturali ma, sostiene un dirigente di Fratelli d’Italia, permetterebbe di produrre un gettito immediato. Insomma, l’obiettivo di Meloni è quello di mettere insieme anche gli spiccioli per fare un decreto più corposo possibile. Quello che però a tutti gli effetti è un gioco delle tre carte: fare cassa subito con un condono, storico cavallo di battaglia di Fdi quanto della Lega, togliendo risorse all’Erario.
Del resto il governo Draghi aveva fatto lo stesso. Insediatosi da appena un mese, il premier uscente aveva inserito nel decreto Sostegni la cancellazione automatica delle cartelle esattoriali di multe, bolli e tasse fino a 5 mila euro non pagate dal 2000 al 2010 da debitori con redditi fino a 30mila euro. “È un condono, ma riguarda una platea piccola di contribuenti e multe di dieci anni fa. Lo Stato non ha funzionato nella capacità di reperire queste risorse”, fu costretto a dire Draghi per giustificarsi della mancata intesa interna alla maggioranza. Addirittura saltò un Consiglio dei ministri e dopo un lungo braccio di ferro con Pd e Leu, contrari al condono, si decise che la misura non fosse generalizzata come chiesto da Matteo Salvini ma avesse un tetto. Il meccanismo, però, è rimasto: lo Stato invece di incassare, ci rimette. E in questo caso, “l’aiutino” offerto da Draghi è costato 666 milioni, con un impatto negativo per le Entrate dal 2021 al 2025 tra costi di annullamento, rimborsi spese e diritti di notifica a carico dell’Erario.
Rimandato il discorso, invece, sulla flat tax: nella legge di Bilancio la prossima maggioranza non avrà fondi a disposizione e al massimo potrà essere estesa l’aliquota da 65 mila a 100 mila euro, ma solo per i lavoratori autonomi.
E, proprio a proposito dei conti pubblici, ieri il presidente di Confindustria Carlo Bonomi, che nelle ultime settimane si è spesso confrontato con Meloni, ha mandato un messaggio al governo che verrà: “Non possiamo permetterci immaginifiche flat tax sull’Irpef che dimentichino Irap e Ires. Non possiamo permetterci nuovi strumenti di prepensionamento” ha detto all’assemblea dell’Unione degli industriali di Varese. Un messaggio rivolto soprattutto a Matteo Salvini che chiede lo scostamento di bilancio, la flat tax e Quota 102 sulle pensioni. Misure troppo costose che il prossimo governo non potrà permettersi. “Non immaginiamo di negare ai partiti il loro legittimo desiderio di perseguire obiettivi che hanno descritto ai propri elettori, ma l’invito è alla prudenza” ha concluso Bonomi chiedendo al prossimo governo di “salvaguardare gli industriali dalla crisi energetica”. Un altro segnale, dopo l’accoglienza di sabato a Coldiretti a Milano, di come il nuovo interlocutore privilegiato delle categorie sia diventata Meloni.
(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)