Il sistema De Luca è in crisi: solo il figlio strappa il seggio
Il sistema De Luca è in crisi: solo il figlio strappa il seggio
LA FAVOLA È FINITA – Tutti i fedelissimi del governatore sconfitti alle urne, compreso il braccio destro Bonavitacola: ce la fa solo Piero, confermato alla Camera
Perdono tutti. E De Luca perde il mito dell’imbattibilità, lui che da trent’anni occupa le istituzioni, quattro volte sindaco di Salerno e due volte presidente della Campania, con in mezzo un mandato da deputato, impiegato per fare il sindaco ombra di Salerno, il suo ex capo staff piazzato a fare il primo cittadino, ma le riunioni di maggioranza si facevano nella segreteria del parlamentare.
Finisce la favola del “valore aggiunto” che De Luca vanta di possedere rispetto ai dem. Favola che ha continuato a tenere sotto scacco i segretari del Pd, coi quali si è rinnovato di volta in volta un patto tacito e indigesto per chi non ne faceva parte: mani libere al Letta di turno, compresa la facoltà di paracadutare il Franceschini e la Camusso di turno nei collegi plurinominali ritenuti sicuri, in cambio di un posto sicuro al figliolo Piero De Luca e qualche incarico o candidatura per i corifei del governatore.
Ed è qui, secondo il sociologo Isaia Sales, che va cercato il motivo della sconfitta. “Vedere Letta omaggiare il padre che elegge il figlio è stato il più convincente spot contro la politica per il Sud del Pd”. E rimarca: “Sui 12 collegi uninominali vinti dal centrosinistra, nessuno in Campania e in Puglia, dove il Pd ha il monopolio del potere con De Luca ed Emiliano. Il sistema De Luca ha funzionato per il figlio e non per il Pd. Dai padrini non ne ricava neanche i voti. È una legittimazione a perdere”.
Sales è uno degli intellettuali firmatari di un appello a Letta contro il terzo mandato a De Luca, che dopo il silenzio del segretario si è tramutato in un libro-inchiesta sul governatore campano, Il Monarca (Paper-First), uscito dieci giorni prima del voto. I curatori del volume, Luciana Libero e Massimiliano Amato, indicano in De Luca “uno dei pilastri della crisi del Pd, con il suo familismo e la selvaggia autarchia regionale. De Luca è una delle maggiori cause della sconfitta, la perdita di ogni principio della sinistra, la personalizzazione della politica politicante del sud”. Chiosa l’editorialista Aurelio Musi: “De Luca ha salvato solo l’effetto della sua visione dinastica del potere”.
Andrebbe aggiunto che il modello di ricerca del consenso col quale De Luca vince in Regione e a Salerno si è costruito negli anni sullo svuotamento del Pd (a Salerno storicamente si rinuncia persino al simbolo) e con l’uso spregiudicato di liste civiche infarcite di trasformisti e impresentabili. Roba inutilizzabile alle elezioni politiche.
In questo disastro qualcuno ha azzardato leggere nelle valutazioni post voto di De Luca un annuncio di candidatura alla segreteria, da lui smentito immediatamente. “Offriamo un personale politico senza nessun legame con i territori, cresciuto nelle stanze ammuffite delle correnti, o nei salotti pieni di luce e privi di aria – ha scritto il governatore – non si vede gente che provenga dalla fatica e che conosca l’odore della terra bagnata, o il rumore di una fabbrica o l’angoscia di una vita di povertà, di una bottega che chiude, di un lavoro che non arriva mai”. Da psicanalisi, però, la critica al Pd incapace “di selezionare i suoi gruppi dirigenti sulla base del merito e della militanza”. Mentre nel Mondo di Sottosopra dove comanda De Luca, la selezione avviene solo per fedeltà o parentela.
(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)