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Italia, Politica, elezioni, magistrati e giornalisti da tacitare: ‘diritto alla buona fama’ nel programma della destra

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Oblio e zero intercettazioni. La destra prepara i bavagli.

LA PROPOSTA  

La coppia di avvocati Sisto-Bongiorno inserisce il “diritto alla buona fama” nel programma: ennesima stretta per pm e giornalisti!

 Tecnicamente è un “rimedio alla compressione della reputazione in forza della presunzione di innocenza”, per usare la formula burocratica di Jacopo Morrone, capogruppo della Lega in commissione Giustizia. In sostanza è un bavaglio in arrivo. Nei confronti di giornalisti e pubblici ministeri. Quattro parole – “diritto alla buona fama” – inserite nel programma della coalizione di centrodestra e dietro cui si cela il nuovo tentativo di Matteo Salvini e Silvio Berlusconi di rendere più difficile la cronaca delle indagini e degli scandali che coinvolgono la politica. Il principio è stato inserito al tavolo di coalizione al capitolo giustizia e approvato dai tre leader del centrodestra. A volerlo è stata la coppia Francesco Paolo Sisto (Forza Italia) – Giulia Bongiorno (Lega), entrambi aspiranti ministri della Giustizia in un governo di centrodestra. Recita così: “Giusto processo e ragionevole durata, efficientamento delle procedure, stop ai processi mediatici e diritto alla buona fama”.
Il diritto alla “buona fama” (un termine che non esiste nella letteratura giuridica) per ora resta un principio nero su bianco: più fonti, nel centrodestra, riferiscono che non ci sono ancora dettagli e la coalizione aspetterà di vincere le elezioni e andare al governo per trasformarlo in legge. Nel programma comune si è preferito rimanere sul generico. Ma, soprattutto nella Lega e in Forza Italia, le idee su come tradurre in norma quel principio sono molto chiare. In primis, la “buona fama” riguarderà due fasi: quella dell’indagine-processo e quella successiva alla sentenza definitiva. Nella prima fase, l’obiettivo è quello di muoversi in linea con il decreto legislativo di Marta Cartabia che già impone pesanti restrizioni ai rapporti tra i magistrati e la stampa: niente nomi alle inchieste, solo i procuratori possono parlare con i giornalisti tramite atti ufficiali, niente informazioni ai giornalisti.

Ma al centrodestra non basta. Il linguaggio sarà al centro della misura: le notizie sulle indagini dovranno essere date spiegando che si è sempre innocenti fino a sentenza definitiva, andrà evitata l’equiparazione “indagati uguale condannati” e si imporrà che le sentenze di assoluzione sui media abbiano lo stesso spazio delle inchieste o delle sentenze di condanna. Ipotesi che sono state sintetizzate così nel programma della Lega: “Prevedere strumenti in grado di garantire il diritto a una buona fama, per riconoscere effettivamente, anche a livello mediatico, il principio della presunzione di innocenza dell’indagato o imputato coinvolto in un procedimento penale”.

Inoltre dietro al principio della “buona fama” si cela anche una stretta sulle intercettazioni, vecchio pallino berlusconiano: l’idea sarebbe quella di limitare ulteriormente la diffusione delle informazioni “non penalmente rilevanti” che riguardano personaggi pubblici e spesso finiscono nei brogliacci degli investigatori, spiega un parlamentare di Forza Italia. Uno strumento, quello delle intercettazioni e della loro pubblicazione, che è già stato fortemente depotenziato dalla politica negli ultimi anni. La seconda fase, invece, è quella successiva alla sentenza definitiva. In caso di assoluzione, l’obiettivo del centrodestra è quello di coinvolgere il garante della Privacy perché i motori di ricerca e i siti siano “ripuliti” dalle notizie delle indagini e di ipotetiche sentenze di condanna precedenti all’assoluzione. Una sorta di diritto all’oblio tout court. Idee che piacciono a Sisto, già avvocato di Berlusconi e oggi sottosegretario alla Giustizia, che parla di “programma autenticamente liberale, volto a fare del cittadino il punto di riferimento dell’intero sistema Paese”.

Ma il nuovo “bavaglio” non è l’unica idea sulla giustizia del centrodestra. Oltre alla separazione delle carriere, nel programma della Lega è spuntata una proposta anch’essa ispirata agli anni d’oro del berlusconismo. Il ritorno alla legge Pecorella, dal nome dell’avvocato dell’ex premier Gaetano, che rendeva inappellabili le sentenze di assoluzione e proscioglimento, poi in gran parte definita incostituzionale dalla Consulta pochi mesi dopo. Oggi la Lega propone di ripristinarla. Con il naturale via libera di Silvio Berlusconi: “Renderemo inappellabili le sentenze di assoluzione” ha scritto su Twitter a Ferragosto.

 

(DI GIA.SAL. – Fonti. Fatto Quotidiano – Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

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