Non le manda certo a dire, sul poco recondito business della guerra (in Ucraina; poco rileva, come sempre, il Medio Oriente)
l’unico politico italiano fuori dal coro, sodale di nessuno e che, in questi giorni, non sfoggia sorrisi di malcelata convenienza, promettendo mari e monti dai teleschermi di varie emittenti, peraltro foraggiate da noialtri elettori: Alessandro Di Battista :
Dopo lo scioglimento delle Camere Draghi e Guerini (ministro della difesa, PD) hanno varato acquisti di armamenti per 7 miliardi di euro.
Vi consiglio di approfondire il tema. C’è un bel pezzo di Franco Bechis al riguardo pubblicato su Verità & Affari.
Sette miliardi. Una montagna di soldi. Vi ricordo che l’Italia investe nelle università pubbliche 7 miliardi di euro all’anno.
Lo stesso denaro speso in armi con decreti varati dai “migliori” dal 25 luglio ad oggi.
Oltretutto, cito il pezzo “a beneficiarne saranno industrie americane, israeliane e in qualche caso anche nazionali”.
“Io mi sono vergognato quando ho letto che un gruppo di Stati si sono compromessi a spendere il 2% del Pil per l’acquisto di armi come risposta a questo che sta accadendo, pazzi!” disse alcuni mesi fa Papa Francesco.
Da mesi sostengo che l’invio di armi in Ucraina e soprattutto l’aver abbandonato immediatamente qualsiasi tentativo diplomatico da parte di governi succubi degli Stati Uniti, avesse un grande obiettivo: far digerire alle pubbliche opinioni una nuova, enorme, corsa al riarmo.
Oltretutto a vantaggio di multinazionali che spesso e volentieri neppure sono europee.
Nei prossimi anni, dunque, assisteremo a quello stesso fenomeno descritto da Assange rispetto alla guerra in Afghanistan quando disse che l’obiettivo non era una guerra di successo ma una guerra duratura.
Ovvero il passaggio di denari provenienti dalle nostre tasse direttamente nelle mani delle transnazionali degli armamenti.
Un dramma per noi cittadini. Una garanzia di sopravvivenza politica per quei politici che quando Washington parla sanno solo dire signorsì!