Bufale (e mozzarelle) verso la fine, 200 abbattute in un giorno: gran danno per allevatori e consumatori ma gran lucro per pochi?
Cronache di una sola giornata di abbattimenti: chi ci perde e chi ci guadagna; solo lunedì 200 animali abbattuti: un grande danno per gli allevatori e i cittadini ma un utile per troppi.
Sul sito di Altragricoltura,Gianni Fabbris ricostruisce la cronaca della sola giornata di lunedì. si duecento animali macellati, di chi ci sta perdendo e chi ci sta guadagnando e pone alcuni interrogativi, invitando la stampa a porre degli interrogativi “ai responsabili dello scempio in atto“.
Abbiamo rivolto al Presidente De Luca una domanda chiedendo di sapere cosa c’è da festeggiare per 11 animali vaccinati dopo mesi di attesa (vaccino reso possibile solo grazie all’azione sindacale del Coordinamento); da gennaio ad oggi, per effetto delle sciagurate scelte volute dai dirigenti che ispirano il Piano della Regione Campania (in primis il direttore del’IZSM, dott. Antonio Limone) sono state inutilmente macellate 13.000 bufale per sospetta brucellosi che risulteranno nella quasi totalità certamente sane.
Osservando quello che è accaduto nella sola giornata di ieri, ne aggiungiamo altre cui speriamo di avere da qualcuno risposte invitando la stampa e i cittadini a rivolgerle direttamente ai responsabili dello scempio in atto.
Nella sola giornata di ieri sono stati macellati centinaia di animali in diverse aziende e, di queste, ne analizzeremo due di cui abbiamo contezza diretta. Le chiameremo “Babbo Natale” e “Bianca Neve” non rivelando i nomi dei titolari delle imprese per rispetto degli allevatori che sono sempre più intimoriti da quello che sta accadendo nelle campagne del casertano e per le possibili ritorsioni.
” Babbo Natale” ha visto caricare ieri sul camion che ha portato al macello gli ultimi 128 animali di 580 capi abbattuti in 8 mesi per sospetta brucellosi. L’allevatore, dopo aver avuto un primo abbattimento, ha atteso inutilmente l’esito delle analisi per mesi anche per poter isolare adeguatamente gli animali infetti e cercare di contenere il rischio. Tutto inutile: la stalla di questo allevatore da ieri è vuota e la sua azienda è ridotta sul lastrico senza che abbia, al momento, un riscontro ufficiale che certifichi quanti animali fossero realmente “positivi” ovvero per quanti animali sia stata effettivamente isolata la malattia.
“Bianca Neve”, invece, ha subito a luglio dell’anno scorso il primo abbattimento di 56 capi senza che per lungo tempo si sia conosciuto l’esito dei prelievi. A Marzo del 2022, alla fine di molte pressioni, ha saputo che di quei 56 casi considerati positivi solo 3 (tre) lo erano realmente. Ieri hanno caricato sui camion per il macello altri 74 capi di 350 animali abbattuti negli ultimi due anni per un totale di poco più del 50% della stalla. Numeri per cui ancora oggi l’allevatore, nella gran parte, non ha riscontro della reale positività alla malattia.
Dunque, solo per queste due aziende, e solo per la giornata di ieri, possiamo calcolare in circa 200 animali (in modo da fare cifra tonda) gli animali abbattuti e macellati per una perdita di valore medio di circa 600.000 euro di cui agli allevatori verranno rimborsati circa 200.000 euro dalle risorse pubbliche (che arriveranno dopo due anni).
A queste andranno aggiunti i soldi che il macellaio di turno darà direttamente e cash all’allevatore. Soldi, in realtà, che saranno la base per un lucroso business per chi gestisce la filiera della carne.
Il macellaio di turno (percentualmente ed in gran parte riscontrabile in chi gestisce la filiera industriale della macellazione come per esempio il Gruppo Cremonini che assorbe la gran parte della macellazione degli animali) pagherà la carne a circa 2 euro al kg. Carne che (come tutti gli altri giorni da quando la politica nazionale ha regalato all’industria il vantaggio di poterla etichettare come carne bovina) entrerà, poi, nella filiera del consumo come carne bovina nazionale pur essendo stati gli animali macellati per “brucellosi”.
Proviamo a fare due conti. Duecento animali alla media di tre quintali saranno stati pagati un 120.000 euro circa che, l’industriale di turno venderà come carne bovina. Se questo industriale di turno avesse dovuto comprare animali di altre specie bovine non della razza bufalina (una qualsiasi mucca) li avrebbe dovuti pagare almeno tre volte tanto. Dunque, quei duecento animali ammazzati a “Babbo Natale” ed a “Bianca Neve” per brucellosi ma poi rivenduti nella stragrande maggioranza per il consumo umano, hanno garantito un “vantaggio competitivo” di circa 240.000 euro (ovviamente parliamo di medie) all’industriale della carne.
Una beffa per i due allevatori, una sorpresa per i consumatori inconsapevoli ma un bell’affare per i commercianti di carne. Ma andiamo oltre e cerchiamo di capire se e chi altri potrà guadagnarci.
Da tempo stiamo ponendo un problema relativo al vorticoso giro di affari di denaro pubblico che si muove intorno alla filiera di macellazione, effetto diretto del cosiddetto Piano di Eradicazione della Brucellosi e da tempo stiamo chiedendo di sapere i numeri reali. Un parlamentare della Repubblica (On.le Antonio Del Monaco) nella scorsa legislatura ha messo nero su bianco in una sua interrogazione una ipotesi: quella per cui, per ogni animale abbattuto per BRC o TBC, le casse pubbliche pagano circa 8.000 euro (fra i soldi della UE, quelli dello Stato e quelli della Regione), di questi circa 1.500 di media vanno ad indennizzare parzialmente gli allevatori mentre gli altri 6.500 finanziano il grande apparato pubblico (veterinari, ASL, tecnici, costi intermedi, IZSM, ecc,,) che dovrebbero garantire il fatto che le malattie siano contenute e risolte.
Se tutto questo risponde al vero, i duecento animali dei due allevatori abbattuti ieri, avranno prodotto per la filiera pubblica di gestione un incasso di un milione e trecentomila euro che saranno serviti a pagare il numerosissimo e sempre più vasto numero di “dipendenti, contrattisti e consulenti” che dovrebbero essere impegnati a risolvere il problema della zoonosi pur se, al momento, non si vedono risultati altri che non l’enorme espandersi della spesa pubblica e della malattia.
Ma, da qualche mese, le tasche dei cittadini italiani si vedono alleggerite per un’altra spesa che devono sostenere per effetto delle scelte della Regione Campania: quella della struttura commissariale nominata dal Presidente De Luca. Nomina su cui persino il Garante Regionale dei cittadini sta cercando di vederci chiaro tanto da annunciare esposti.
Noi abbiamo cominciato a guardarci dentro e leggiamo dagli atti della Regione (delibera di giunta n. 261 del 24/5/22 e conseguente Decreto del Presidente della Giunta Regionale n. 72 del 27/5/22) che la nomina del Generale Luigi Cortellessa come “Commissario Straordinario per il superamento dell’emergenza connessa all’eradicazione delle malattie infettive della specie bovina e bufalina in Regione Campania” non è gratis ma ha un costo pesante per i cittadini.
Pur se il Garante dei Cittadini della Regione Campania nel suo esposto agli organismi europei denuncia che (a suo dire) questa nomina non avrebbe i titoli adeguati, a noi qui interessano i costi per capire come quei duecento animali macellati producano “valore”.
Il Commissario viene equiparato al costo di un “Direttore Generale di Azienda del Sevizio Sanitario Regionale di fascia più elevata”. Se tanto mi da tanto, il compenso del Commissario costerà alle casse pubbliche circa 150.000 euro. A quel costo andrà aggiunto quelle della struttura tecnica e del subcommissario per un totale di oltre 500.000 euro.
Un normale cittadino potrà dire: “ben vengano, saranno soldi spesi bene dal momento che questa nomina sostituisce le mansioni di chi gestiva prima e, dunque, sarà comunque un risparmio”.
Non è proprio cosi: i dirigenti che prima gestivano il servizio continuano ad essere in carica ed a percepire regolarmente gli stessi emolumenti di prima e il costo del “Commissariamento si aggiunge duplicando la spesa”. E, allora, chi paga? La cosa sconcertante della delibera è che vi si legge “nero su bianco” che questo costo è imputato al “Servizio Sanitario Regionale”.
Come è possibile, vi chiederete? La legge non lo vieta? Non vieta la possibilità di usare i soldi del Servizio Sanitario pubblico per queste finalità? Noi non lo sappiamo e lasciamo al Garante dei cittadini Regionale, agli organismi regionali, al TAR ed alla Corte dei Conti il compito di valutare.
Ci limitiamo a osservare, stupendoci e interrogandoci, che la morte per sospetta brucellosi di 200 animali che fino a ieri vivevano serenamente nelle stalle di Biancaneve e Babbo Natale potrebbero essere una straordinaria fonte di business. Se cosi fosse, lo slogan proposto dal movimento degli allevatori “FINCHE C’È BRUCELLA, C’È BUSINESS” sarebbe un monito inquietante.
(Gianni Fabbris. portavoce del coordimanento – Comunicato Stampa – Elaborato – Archiviato in #TeleradioNews © Diritti riservati all’autore)