In memoria di un amico: Tamy Ventre, tra i pochi che nel 1993 si opposero all’arresto di Giulio Andreotti
(Nella foto da sinistra: Ferdinando Terlizzi, Tamy, il giornalista Prospero Cecere e il Prof. Rosario Dores, Nel 2018 ai funerali di Nicola Di Muro a Santa Maria Capua Vetere)
Toccante ricordo del direttore Terlizzi
Tamy era un uomo di cultura. Latinista, colto, modesto, nel tratto gioviale e gentile con tutti. Gli ero amico da quando aveva iniziato a frequentare lo studio dell’avvocato Giovanni Leone. Abbiamo fatto delle cose insieme: ma siamo anche stati vittime della stessa persona che ha gettato fango sulle nostre vite. La giustizia poi, quella giusta e non corrotta, ci ha “riabilitati” agli occhi di tutti. Abbiamo presentato assieme un libro di Giuseppe Garofalo. Spesso, fino a qualche tempo fa, mi chiamava perchè aveva scritto un libro e voleva pubblicarlo. Se ne è andato – come ha scritto qualcuno – un pezzo di storia di Caserta. (Ferdinando Terlizzi)
L’ultima bandiera (di Vincenzo D’Anna, già parlamentare)
Risolvere i propri problemi è egoismo, risolvere quelli degli altri è politica. Credo che questo insegnamento, che viene da don Lorenzo Milani, pedagogo e sacerdote a Barbiana (piccolo centro nell’entroterra toscano), possa essere usato per comporre l’epitaffio dedicato ad un uomo illustre, politico onesto, persona colta, disponibile e gentile, che ci ha appena lasciati: Antonio Tommaso Ventre, per gli intimi e gli amici “Tamy”.
Allievo di Giovanni Leone, nei tempi del massimo fulgore professionale di quest’ultimo (quando divenne Presidente della Repubblica), oltre che coniugato con donna Vittoria, casertana purosangue, Ventre fu per lungo tempo al servizio della collettività di Terra di Lavoro.
Brillante avvocato, vide ben presto soccombere l’amore per la professione legale innanzi al radicato convincimento politico, allo slancio verso il sociale e quindi verso la passione politica che orientò le scelte di un uomo dalla vasta cultura classica e dalle molteplici capacità.
Erano quelli i tempi in cui la politica aveva proseliti convinti e l’idealità era la bussola di riferimento per le menti più preparate e gli animi più sensibili innanzi ai bisogni della gente, alla necessità di risollevare le sorti di una nazione uscita in macerie dall’ultima guerra.
L’azione cattolica era una vera fucina d’ingegni vocati al sociale ed al politico, corollari l’uno dell’altra, complemento di un’azione che si ispirava alla fede personale ed alla tradizione della dottrina sociale della Chiesa. Idee che avevano trovato degna accoglienza prima nell’azione del partito popolare di don Luigi Sturzo poi nella democrazia cristiana guidata da Alcide De Gasperi.
La lotta politica con la sinistra social comunista era acerrima e quotidiana, la militanza sul versante liberal popolare era condizione indispensabile perché “i liberi ed i forti nelle proprie idee” potessero adeguatamente fare da contraltare ad atei e marxisti ed all’idea di una società deprivata di libertà e di iniziativa. Fu così che tanti uomini come Ventre, furono spinti ad entrare in politica.
Lo stesso avvenne per “Tamy”, giovane di più che agiata famiglia, dopo gli studi liceali classici a Santa Maria Capua Vetere e la scelta universitaria in Giurisprudenza. Ben presto, seppur lontano dai clamori delle grandi città e delle amicizie che contano per fare carriera, il giovane avvocato si incamminò, con le proprie forze, verso il successo.
Consigliere ed assessore provinciale nei tempi in cui il parlamentino casertano vedeva presenti figure di alto livello in tutti i gruppi consiliari, fu poi funzionario apicale in alcuni ospedali partenopei fino all’approdo, come direttore amministrativo, nel nosocomio di Caserta del quale fu mentore e sostenitore oltre i suoi compiti d’istituto.
Si deve proprio a lui, alle conoscenze maturate in campo medico a Napoli, se il plesso sanitario del capoluogo di Terra di Lavoro potette vantare, negli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso, eccellenti primari fino a divenire un ospedale moderno e completo per ogni specialità.
Da lì alla candidatura alla Camera dei Deputati il passo fu consequenziale, nel collegio Napoli – Caserta, auspice anche la sincera amicizia politica che ebbe con un altro big benemerito della politica casertana, Giuseppe Santonastaso.
Entrambi, con lealtà e mutuo sostegno, divennero un vero e proprio punto di riferimento per tanti amministratori locali e di giovani militanti. Una classe politica la loro, quella democristiana, che nell’ultimo scorcio del secolo scorso, sbaragliò ogni concorrenza facendo dello scudo crociato casertano il partito più votato d’Italia della “Balena Bianca”.
Deputato, poi senatore, poi di nuovo deputato, Ventre fu sempre impeccabile negli interventi in Aula, infaticabile nell’opera di servizio alla comunità.
Lo incontrai giovanissimo, intervenendo per caso, al congresso provinciale dei giovani democristiani: erano gli anni delle lotte universitarie e professarsi “democristiano” non era affare semplice e privo di problemi negli atenei. Raccontai delle vicissitudini e della necessità di non mollare innanzi alle minacce ed alle provocazioni degli extra parlamentari.
Dopo il mio intervento scorsi da lontano due persone che chiesero di parlare con me per congratularsi. Uno con i capelli bianchi, oltremodo canuti per l’età che aveva, Geppino Santonastaso, doveva poi diventare il mio mentore e maestro; l’altro, Antonio Ventre, appunto, distinto signore dai capelli rossicci ed il sorriso affabile e sincero, doveva diventare il mio modello comportamentale.
Fu così che entrai nel mondo di quella politica provinciale facendo la trafila come delegato dei gruppi giovanili della Dc.
Ho vissuto gli anni in cui la politica era palestra di vita e di esperienze, di valori di riferimento certi e amati. Ho imparato tanto da uomini d’ingegno e di cuore come Ventre e Santonastaso. Ho imparato che chi non crede in nulla vale meno del nulla, che i maestri hanno il dono dell’umiltà, che senza servire l’idealità ed aiutare gli altri la vita è poca cosa.
E questi maestri io celebro e ricordo, come parte di quello che sono e di cui non ho mai dovuto lamentarmi ne’ vergognarmi.
Se la collettività casertana avrà memoria e riconoscenza per queste e altre valide figure politiche che servirono le genti della provincia, dovrà pur celebrarle e ricordarle. Oggi però è il tempo del dolore e dello scoramento, perché abbiamo ammainato l’ultima bandiera. Uno scudo crociato, bianco nel politico, rosso nel sociale, con una grande scritta in mezzo: libertà.
Sabato 6 agosto alle 17, nella chiesa di Santa Cristina della nativa Formicola, liturgia esequiale per Antonio Tommaso Ventre (Tamy), all’epilogo di una giornata terrena vissuta servendo con onestà, passione e competenza la sua terra nelle istituzioni civili e politiche.
Il 9 luglio aveva compiuto 91 anni. Punto di riferimento della cospicua famiglia e dei tanti amici che ancora lo legavano alla esaltante esperienza parlamentare, memoria storica della prima Repubblica, fu esponente di spicco della Democrazia cristiana.
Due volte deputato ed altre due senatore (esordì nel 1987), membro della commissione permanente Affari costituzionali, componente delle commissioni parlamentari Sanità e d’Inchiesta sulla P2, segretario della giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari, si era speso con una straordinaria produzione di interventi e di proposte che costituiscono pagine significative ed illuminanti della nostra storia legislativa.
Era stato primo firmatario dei disegni di legge per l’attribuzione di punteggio ai docenti nelle scuole per l’abilitazione alle professioni sanitarie ausiliarie quale titolo valido nei pubblici concorsi, per l’istituzione a Caserta di una sede distaccata del Tar Campania e della Scuola superiore di studi storico-politici, per la disciplina del lavoro notturno nei panifici e nelle pasticcerie, per la riqualificazione professionale e straordinaria degli infermieri generici e delle puericultrici, per l’allevamento dei colombi viaggiatori per impiego sportivo, per la trasformazione delle scuole di ostetricia in scuole dirette a fini speciali.
Rigoroso uomo di partito, leale avversario sui banchi di Montecitorio e di Palazzo Madama, scevro da preconcetti faziosi, aveva sempre coltivato i percorsi che univano e non dividevano gli opposti schieramenti quando si trattava di far fronte comune per la medesima causa.
Emblematica l’azione sinergica insieme col diessino Ferdinando Imposimato quando ferveva il dibattito per l’istituzione della pretura circondariale a Caserta, completa di procura della Repubblica.
Soluzione invocata fuori da ogni suggestione campanilistica ma sostenuta per migliorare il servizio giustizia sul territorio.
Tra i suoi interventi in assemblea maggiormente incisivi, quelli per Il Tar e la procura circondariale a Caserta nonché quelli per la nuova disciplina della prevenzione, riabilitazione e reinserimento sociale dei tossicodipendenti e la repressione del traffico illecito di droga così come quello sulla normativa per la tutela dei lavoratori italiani operanti nei paesi extracomunitari e di rivalutazione delle pensioni erogate dai fondi speciali gestiti dall’Inps.
Laureato in Giurisprudenza e perfezionato in diritto amministrativo all’Università di Napoli col massimo dei voti e la lode, avvocato, con l’esperienza politica coniugò quella professionale di segretario generale dell’ospedale civile di Caserta (sempre affettuosamente memore dell’opera svolta dal presidente del consiglio di amministrazione dell’ente che si andava ristrutturando, avvocato Luigi Michitto) e dei Pellegrini di Napoli.
Con tanta collaudata competenza divenne direttore generale dell’Asl Caserta 1 riuscendo, tra l’altro, a realizzare l’unità di Terapia intensiva coronarica all’ospedale di Piedimonte Matese.
Assessore provinciale alla Sanità, per esperienza e per dottrina, fu un costante riferimento nella gestione del complesso settore.
Con velata commozione, ricordava i tempi andati della sua formazione educativa, alla scuola del papà – che gli insegnò il senso del dovere, il rigoroso rispetto delle persone e della legalità, il valore della moderazione – e all’insegnamento speciale impartitogli durante gli anni terribili dell’ultima guerra dall’arciprete Michele Fusco, latinista di chiara fama, insieme agli altri giovani concittadini impossibilitati a raggiungere il liceo per la distruzione delle vie di comunicazione.
La medaglia d’argento al merito della Sanità pubblica conferitagli nell’ottobre del 2016, nell’auditorium del dicastero della Salute, dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella (foto sopra), presente il ministro Beatrice Lorenzin, è stata una delle maggiori gratificazioni raccolte durante l’intemerata vita, diventata patrimonio morale inalienabile della famiglia, della sua Formicola e della provincia di Caserta. (Fonte: Alberto Zaza . Il Mattino 6 agosto 2022)
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