Casal di Principe, anno 1955: capraio uccise possidente che lo aveva redarguito ‘per una mangiata di grano’
Nel 1955, in Casal di Principe, il capraio Cipriano Magliulo uccise il possidente Ulderico Corvino
che lo aveva redarguito perché le pecore avevano mangiato il suo grano
Per comprendere la genesi di 4 processi e cinque perizie (tra quelle di ufficio e quelle di parte) bisogna riavvolgere il nastro e ritornare indietro al 1955 allorquando il maresciallo maggiore Renato de Benedictis, comandante la Stazione dei carabinieri di Casal di Principe, alle ore 18 del 12 giugno del 1955, inviò un cablogramma all’Autorità giudiziaria per informare che poco prima in località “Difesa Casale”, in agro di Casal di Principe, Cipriano Magliulo di anni 19, pastore, aveva – per motivi da chiarire – esploso alcuni colpi di pistola automatica contro Ulderico Corvino, 32enne, agricoltore del luogo, ferendolo gravemente in varie parti del corpo. La vittima trasportata al nosocomio di Aversa veniva giudicato in imminente pericolo di vita. Lo sparatore subito dopo il delitto si era dato alla fuga.
Il giorno successivo i carabinieri cercarono invano il Magliulo che si era dato alla macchia ma interrogato il ferito presso l’ospedale lo stesso dichiarava che “recatosi in un fondo di sua proprietà sito nella località “Difesa Casale”, per mietere il grano aveva constatato che alcune pecore del gregge di proprietà del Magliulo stazionando in quei pressi, avevano mangiato un intero solco di grano ed aveva pertanto redarguito due garzoncelli che si trovavano presso le pecore invitandoli a chiamare subito il proprietario del gregge che veniva identificato per Luigi Magliulo da Casal di Principe di anni 45, che poco dopo aveva inviato sul posto il figlio Cipriano. Dopo aver fatto constatare il danno arrecato dalle pecore al giovane pastore questi però per tutta risposta estraeva dalla cintola dei pantaloni una pistola e faceva fuoco numerose volte all’indirizzo del Corvino dandosi poi alla fuga assieme a tale Giuseppe Coppola che aveva assistito al ferimento. Il giovane pastore, però, venne arrestato nella notte nella propria abitazione.
Il delitto fu così ricostruito: Verso le ore 16:00 del 12 giugno del 1955 in località “Difesa di Casale” di Casal di Principe, l’agricoltore Ulderico Corvino veniva fatto segno di alcuni colpi di pistola esplosigli a breve distanza dal pastore Cipriano Magliulo, riportando una lesione alla faccia posteriore dell’ ascellare posteriore con ritenzione del proiettile. Interrogato dei carabinieri nell’ospedale civile di Aversa – ove venne ricoverato qualche ora dopo il fatto – il ferito raccontava che recatosi in un fondo nella detta località per mietere del grano aveva constatato che alcune pecore del gregge di Luigi Magliulo, padre del Cipriano, che pascolavano in quei pressi avevano danneggiato un intero solco del suo grano ed aveva quindi rimproverato due garzoncelli che erano a guardia delle pecore e invitato gli stessi a chiamare il loro padroni.
Il Cipriano Magliulo, tratto in arresto in data 17 giugno dichiarava che mentre, aiutato da Giuseppe Coppola, praticava un salasso ad una pecora colpita da malora era stato raggiunto dal suo garzoncello Antonio Di Caterino che con le lacrime agli occhi disse che il Corvino a circa 100 metri di distanza – da dove stava pascolando il gregge – lo aveva minacciato e aveva ordinato di chiamarlo. Accompagnato dal Coppola egli si era recato dal Corvino. Ma costui appena lo vide, andando in escandescenze gli rivolse le seguenti frasi: “Neppure la vuoi finire, ti hanno ucciso le pecore, ti hanno sparato e non ti hanno ucciso, ma ora va a finire che ti uccido io, vedi che hanno fatto le tue pecore?”. Ed alla sua risposta che non era il caso di ucciderlo per così poco, sempre più infuriato, soggiunse ancora: “Questa sera vado alla caserma e se il maresciallo non fa quello che voglio ti uccido io”… e indi si diresse verso il posto ove erano i suoi indumenti dando la impressione che si recava ad armarsi.
I carabinieri di Casal di principe con rapporto del 19 giugno del 1955 riferivano quanto sopra precisando che i due garzoni che avevano assistito al fatto, in sostanza avevano ripetuto la versione di questo ultimo e che Francesco Pignata e Giuseppe Petrillo confermando di aver rinvenuto verso le 17:15 il Corvino, bocconi, nel suo fondo e di averne curato il trasporto in ospedale.
Diversa è la versione dei fatti data da Ulderico Corvino (la vittima) lo stesso dichiarava confermando quanto già aveva detto i carabinieri – che il Magliulo nulla rispose ma portò la mano al fianco estraendo la pistola; mentre il Coppola esclamava: “ Parli con questa fesseria non sai ancora quando ne dovete subire”… mentre lui ribadiva che la sera sarebbe andato dai carabinieri e il Magliulo sentendo nominare la caserma dei carabinieri di digrignò ( mandò dei grugniti ) e cavata la pistola incomincio a sparare; che egli si dette alla fuga ma cadde e lo sparatore che l’aveva inseguito gli esplose l’ultimo colpo, quello che lo aveva attinto quando era già a terra. Il Corvino, inoltre, negava recisamente di avere offeso o minacciato di morte il Magliulo e di essersi diretto verso i suoi indumenti per armarsi.
La cattura – Il secondo delitto – Le indagini
Il 5 agosto del 1955 il Corvino decedeva e nel cimitero di Casal di Principe i periti del tribunale dottori Michele Sanvitale, Pasquale Tagliacozzi e Mario Pugliese, tutti di Santa Maria Capua Vetere, eseguirono l’autopsia sul cadavere di Ulderico Corvino – e conclusero che “la causa della morte era stata una sepsi con prevalente localizzazione broncopolmonare.
Il Coppola insisteva nell’affermare che il Corvino aveva insultato e minacciato il Magliulo di tirargli delle schioppettate e che il Magliulo estrasse l’arma quando il Corvino si era diretto al suo posto di lavoro annunziando che sarebbe ricorso ai carabinieri, mentre Sabino Petrillo e Costantino Corvino a loro volta riferivano di avere appreso dal Coppola che il Magliulo aveva sparato solo perché minacciato di denuncia. Antonio Di Caterino dichiarava che il Corvino aveva minacciato di denuncia e anche di morte il Magliulo sia quando gli ordinò di andarlo a chiamare, sia quando il Magliulo fu alla sua presenza. Antonio Benformato e Francesco De Angelis raccontavano che nell’agosto del 55 il fratello dell’ Ulderico Corvino, Ubaldo fermò in campagna il Di Caterino per farsi raccontare i particolari del fatto e il ragazzo disse che: il Magliulo aveva sparato in risposta alla minaccia di denunzia.
Su parere conforme del pubblico ministero, il giudice istruttore, con propria sentenza, il 27 novembre del 1957, chiese il rinvio al giudizio della Corte di assise di Santa Maria Capua Vetere di Cipriano Magliulo per avere a fine di vendetta e per futile motivo, mediante un colpo di pistola sparato da breve distanza ed alle spalle, attingeva alla ottava vertebra Ulderico Corvino, cagionato al medesimo lesioni personali gravissime (sezione del midollo spinale) per paralisi flaccida degli arti inferiori, degli sfinteri (anale e vescicale) e la morte conseguita per una sepsi con prevalente localizzazione broncopolmonare e con ingresso attraverso le piaghe da decubito istituitesi in esso Corvino”. Inoltre il giudice istruttore rinviava al giudizio della Corte di assise anche il guardiano campestre Giuseppe Coppola – che fu testimone oculare del delitto – per avere omesso di prestare l’assistenza occorrente a Ulderico Corvino, rimasto gravemente ferito e di darne avviso all’Autorità”.
In dibattimento la Corte rilevò “che non poteva dubitarsi che si sia effettivamente verificato l’episodio di pascolo abusivo che formò oggetto delle rimostranze fatte da Ulderico Corvino al Cipriano Magliulo immediatamente prima che avvenisse l’omicidio. Il Magliulo compì quindi l’aggressione non già in reazione ad un fatto ingiusto del Corvino ma per ritorsione alla giusta minaccia di denuncia dello stesso fattagli. Il motivo dell’omicidio fu infatti ad un tempo futile ed abietto.
Mentre era in “itinere” il giudizio di appello il Magliulo fu rimesso in libertà per la decorrenza massima dei termini di custodia cautelare ed escarcerato gli fu assegnato il domicilio coatto in quel di Mondragone. Ma in questo comune per futili motivi venne a diverbio con tale Francesco Sorrentino contro il quale esplose alcuni colpi di pistola senza colpirlo. Dopo molto tempo trascorso in latitanza venne catturato quasi per caso. Nell’ambito di un normale controllo i carabinieri intimarono l’alt! ad una Fiat 850 targata CE 58915. Il conducente dell’autovettura, però, forzò il posto di blocco e si diede alla fuga. Inseguito dalla pattuglia di carabinieri sulla strada in località Ponte Annecchino nella tratta Casal di Principe-Capua nel tentativo di deviare in un viottolo la macchina si capovolse. Uscito indenne il guidatore dichiarò di chiamarsi Nicola Corvino, di essere nato e residente in Macerata Campania e di essere sprovvisto di patente e documenti. Precisò che l’autovettura l’aveva sottratto al cognato Vincenzo Iasevoli, da Macerata Campania. Ma i militari insospettiti preferirono accompagnare il giovane presso la loro caserma. Intanto le informazioni richieste ai carabinieri di Macerata Campania non corrispondevano ai dati del fermato. Quest’ultimo, accortosi di essere stato scoperto dichiarò volontariamente ai carabinieri di chiamarsi Giuliano Martino, di Pasquale nato nel 1934 a Casal di Principe e residente alla via Santa Maria Purgatorio. Subito fu convocato in caserma il padre del ragazzo fermato Pasquale Martino, che però, attraverso i vetri della sala mensa non riconobbe il giovane per suo figlio. La cosa si tingeva di giallo ma i carabinieri andavano avanti e finalmente il loro intenso e certosino lavoro fu premiato. Dopo varie ore il sedicente Martino, Iasevoli, Corvino…dichiarò di chiamarsi Cipriano Magliulo: l’assassino latitante!
(di Ferdinando Terlizzi – Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)