L’ultima conquista di Pompei
L’ultima conquista di una ricerca scientifica che contribuisce a completare il quadro storico dell’epoca e della civiltà romana
POMPEI | CITTÀ METROPOLITANA DI NAPOLI – Le ultime notizie diffuse sulla rilevazione del DNA di una delle vittime dell’eruzione del 79 d.C. che distrusse parte del vesuviano si inseriscono all’interno di un più ampio filone di studi, condotto dal Parco archeologico che da anni lavora – insieme con il contributo di Università e Istituti scientifici – ad una mappatura di tutto il DNA disponibile, riservandosi di diffonderne i risultati per completare un quadro scientificamente esaustivo.
Il DNA degli abitanti di Pompei venne estratto per la prima volta nel 1998, profilandosi come uno dei più radicati ambiti di analisi scientifica nel sito. L’ultimo studio è il tassello di una ricerca di che va ad integrare un quadro molto più vasto ed esauriente.
Lo studio recentemente effettuato ha un suo punto di forza nell’individuazione per via genetica di una vistosa patologia, la tubercolosi, già rilevata autopticamente, sebbene l’individuo in esame abbia permesso l’estrazione di un genoma al 33%, quindi non completo. Il soggetto in studio, essendo stato scavato nel 1934 ed essendo rimasto a lungo esposto, presenta percentuali di un DNA endogeno inferiori agli standard che si rilevano nella mappatura strutturata e ragionata ancora in corso.
Questa monumentale mappatura genetica che interessa l’intera popolazione pompeiana, avviata dal 2015, è in corso a cura del Parco con la collaborazione dell’Università di Firenze, con il fine di avere un vero e proprio ritratto di una popolazione dell’epoca imperiale romana.
Il progetto nasce dalla consapevolezza che il deposito vulcanico abbia agito come involucro protettivo sui resti dei pompeiani, di fatto evitando che venissero “inquinati” da fattori esterni. L’ambizioso progetto ha portato alla vincita di un PRIN | Progetti di Ricerca di Rilevante Interesse Nazionale finanziato per 800mila euro, dal titolo Pompeii molecular portrait.
Già in passato, lo studio del DNA di vittime dell’eruzione del vulcano aveva portato a risultati importanti, a volte sorprendenti. Per esempio, le analisi sui calchi del gruppo di un presunto nucleo familiare, rifugiatosi nella casa del Bracciale d’Oro hanno rivelato che lo stesso era composto da due adulti e due bambini di sesso maschile, ma privi di rapporti di parentela genetica.
Ogni dato in più che risulta dalle indagini è un’importante conquista per la ricerca scientifica che contribuisce a completare il quadro storico di un’epoca e di una civiltà. È frutto di collaborazioni interdisciplinari, di un lavoro di squadra lungo e paziente, che necessita anche di una volontà comune di divulgare notizie rigorose, evitando facili protagonismi che possono rendere fuorviante l’informazione. – dichiara il direttore del Parco Gabriel Zuchtriegel – Il Parco archeologico di Pompei è campo privilegiato di sperimentazione di tali studi, ed è il detentore dei conseguenti risultati, che raccolti e comparati sono in grado di assicurare una comunicazione corretta della ricerca archeologica, antropologica e in generale scientifica.
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