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La ‘Pasqua di Borodjanka’: considerazioni su una guerra che non tutti sembrano ripudiare

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Il cardinale elemosiniere Konrad Krajewski, inviato in Ucraina dal Papa per il Venerdì Santo, è stato a Borodjanka, una delle città martiri di questa guerra, per celebrare la Via Crucis.

Il porporato si è soffermato innanzi ad una delle fosse comuni scoperta in quel luogo.

Peccato non si sia fatto accompagnare da Tony Capuozzo oppure dal prof. Alessandro Orsini, di recente balzato agli onori della cronaca televisiva, entrambi antesignani del cosiddetto fronte degli apoti (coloro che non la bevono) come li chiamava Giuseppe Prezzolini.

Innanzi ai plurimi riscontri degli eccidi commessi dai russi, da parte di giornalisti ed operatori televisivi, di organizzazioni ed enti assistenziali internazionali, è difficile conferire il crisma della legittimità di espressione democratica alle affermazioni negazioniste che ancora circolano sul conflitto.

Ma non è un sepolcro vuoto quello a cui guardiamo, attoniti, in queste ore, bensì le squallide e desolanti fosse che ospitano morti innocenti, vecchi e soprattutto bambini.A Pasqua non c’è tempo per le polemiche, né per discutere cosa sia più utile alla martoriata Ucraina, ai milioni di profughi che vagano per l’Europa per ricevere aiuto ed assistenza. Ccelebriamo la Resurrezione di Cristo, che rappresenta l’unica speranza per i credenti di poter aspirare ad una vita oltre la morte.

A Pasqua le nostre tavole sono imbandite da ogni genere di cibarie, con intorno le famiglie festanti: un contrasto stridente e divisivo tra due umanità, quella che ancora soffre le pene della passione e quella che può godere della Resurrezione.

Le parole sono pietre e quelle che si leggono – guerra, dolore e morte – sono scolpite nei cuori di tutti gli uomini liberi del mondo, nella mente di quanti hanno creduto che l’Uomo si fosse redento e potesse vivere in pace con tutti gli altri suoi simili.

A Pasqua migliaia di bambini saranno resi orfani, altri mutilati nel corpo e nell’anima per le mire di potere e di dominio di un altro uomo che mette a repentaglio la sopravvivenza del genere umano e la fede in un futuro migliore.

Ci eravamo illusi che la potenza distruttiva delle armi atomiche potesse in qualche modo affrancarci dalla follia di poterle utilizzate come metodo per dirimere le controversie tra gli Stati.

Come gli ebrei, negli anni più difficili della loro martoriata storia, gli ucraini stanno vivendo una sorta di nuova diaspora: una forzata trasmigrazione con lo smembramento di famiglie e la perdita dei propri averi (oltre che delle vite di centinaia di loro cari).

Si segnala, proprio in proposito, l’assenza dello Stato d’Israele nel panorama dell’invasione russa, ovvero del governo di un popolo che meglio di ogni altro può comprendere fino in fondo l’atrocità di una guerra che sembra essere non solo di conquista territoriale, ma anche di stampo “etnico”.

A Tel Aviv, ma anche a Nuova Deli ed a Pechino, gli interessi commerciali hanno avuto il sopravvento su ogni altro calcolo di umanità e partecipazione al dramma di un intero popolo.

La cupidigia ed il cinismo della ragion di Stato si sono rivelati prevalenti su ogni altra considerazione.

Sono questi silenzi a decretare la fine dell’illusione di poter costruire un nuovo umanesimo su una scala di valori condivisa da tutte le nazioni del mondo. Cincischiamo ancora intorno alle analisi politiche ed economiche e perdiamo di vista un più vasto orizzonte che è quello della pace e della cooperazione.

A cosa serva l’ONU e quanto siano ormai lontani e disattesi i principii universali dettati dalla carta dei diritti dell’Uomo che quell’organismo internazionale avrebbe dovuto custodire e tutelare, è difficile da capire. In questo quadro di disperazione appare evidente che la stessa globalizzazione dell’economia ed i suoi meccanismi di base, tesi ad un allargamento della cooperazione produttiva tra le economie nazionali, è servita solo sul piano economico.

Lo scopo di allargare la base della ricchezza, che comunque ha portato sotto il dieci percento la soglia di popolazione che vive in condizione di assoluta povertà, non ha travalicato l’ambito del benessere materiale. Le teorie socio economiche, il benessere ed il miglioramento degli stili di vita, non hanno avuto alcuna ricaduta sul piano dei principii immateriali che dovrebbero reggere il mondo.

Ed è guardando il sepolcro vuoto che la mente si concentra sulla vera essenza della vita, non legata solo ai beni di consumo ma anche alla sfera dei comandamenti e dei precetti, per creare un nuovo mondo che bandisca le umane tragedie dalla faccia della Terra.

 

Siamo troppo piegati sull’immanente per accorgerci del trascendente. Parole come pace, amore verso il prossimo, carità, bontà, fratellanza siano essenziali più degli agi di vita e del consumismo. L’imperio del progresso tecnico e scientifico ha illuso molte persone che quei valori umani siano diventati desueti, finanche inutili per poter vivere agiatamente la propria esistenza, confondendola e consumandola con la quotidianità.

Ma c’è uno scopo che va oltre le agiatezze della buona vita ed è la salvezza dell’umanità e per quanto possibile della nostra anima.

(di Vincenzo D’Anna * già parlamentare Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

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