Cronache dal Fronte. Al di là della cortina: come la Russia vede la guerra. Le parole di Karaganov
Nuovo appuntamento con la rubrica Cronache dal Fronte, il punto giornaliero sulla situazione in Ucraina: numeri, analisi, approfondimenti.
Cerchiamo oggi di scavalcare la cortina occidentale, ed entrare nei pensieri e nelle convinzioni russe sull’Occidente e la questione ucraina. E lo facciamo analizzando un’interessante interviste che Sergei Karaganov ha concesso al Corriere della Sera.
Chi è Karaganov – Sergei Karaganov è oggi a capo del Centre for Foreign and Defense Policy di Mosca. In passato è stato consigliere per la politica estera sia di Vladimir Putin che del suo predecessore Boris Yeltsin. Molto vicino tutt’ora al presidente e a Lavrov, il ministro degli esteri, è stato nel 2019 tra i primi teorici dell’invasione totale dell’Ucraina.
La Nato, l’Ucraina e il perché dell’attacco – Putin ha sempre dichiarato che l’Ucraina non sarebbe più esistita in caso di ingresso nella Nato.
“Nel 2008” – racconta Karaganov – “c’era un piano di rapida adesione. Fu bloccato dai nostri sforzi e da quelli di Germania e Francia“. Ma da allora – sostiene – l’Ucraina “è stata integrata nella Nato“, sebbene non ne sia un membro ufficiale.
In Russia questa mossa è stata avvertita come una grave minaccia, poiché ha contribuito al riarmo del Paese e al rafforzamento del suo esercito in una sfera d’influenza storicamente sovietica. “La guerra era inevitabile” – spiega Karaganov – “abbiamo deciso di colpire prima che la minaccia diventasse ancora più letale“. La miccia sarebbe stata una crescita del “sentimento neonazista” dell’Ucraina, animato da Zelensky e dai suoi rapporti con le frange dell’ultra-destra.
Le promesse infrante dall’Occidente – Secondo la Russia, l’Occidente e gli Stati Uniti hanno reso l’Ucraina una “punta di diamante“, uno strumento di forte pressione a Mosca e forse di aggressione.
Karaganov spiega che “dagli occidentali abbiamo avuto promesse di tutti i tipi in questi trent’anni. Ma ci hanno mentito o le hanno dimenticate“. Karaganov si riferisce al Founding Treaty del 1997, quando la Russia aveva accettato l’allargamento della Nato anche a Paesi dell’est Europa. “Fu il più grande errore nella politica estera della Russia negli ultimi 30 anni” – ammette – “Firmammo perché eravamo disperatamente poveri, al collasso“.
Mosca si sarebbe sentita tradita dal comportamento Occidentale nelle grandi crisi belliche degli anni successivi. L’intervento Nato in Serbia nel 1999, per esempio, definito uno “stupro, un’aggressione che devastava il Paese“, così come il processo a Milosevic, “un triste e umiliante spettacolo di meschinità europea“. E poi l’Iraq e la Libia.
La coesione dell’Occidente, la Cina, il gas – “La coesione crollerà, a causa dei problemi dell’Occidente” – dice Karaganov – “l’Occidente sta fallendo e perdendo la sua posizione nel mondo“, e i risvolti della politica internazionale ne sarebbero una prova.
L’Europa – spiega – sta scegliendo di “perdere la sua indipendenza” e, soprattutto, ha dimostrato un’inaspettata coesione nella demonizzazione della Russia. L’Europa ha “bisogno di un nemico, per il momento siamo noi“. Ma ora, con l’aggressione all’Ucraina, la Russia si sta comportando esattamente come l’Occidente. “Ora siamo sullo stesso terreno morale dell’Occidente” – dichiara – “Mi dispiace che abbiamo perso la nostra superiorità morale, ma stiamo combattendo una guerra esistenziale“.
L’inasprimento delle sanzioni ha aperto alla Russia la prospettiva di una maggiore dipendenza dalla Cina. Secondo Karaganov questo non è un male, perché non c’è competizione tra le due forze. “Ma” – precisa – “avremmo preferito avere migliori rapporti con l’Europa“.
Dal punto di vista delle risorse energetiche la prospettiva di perdere l’Europa come cliente privilegiato per gas, petrolio e carbone non è così spaventosa come sembra. “Spero che non vi suicidiate” – dice Karaganov – “Naturalmente ciò danneggerebbe anche la Russia, ma l’Europa minerebbe la propria economia e la sua situazione sociale. Se non volete il nostro carbone, lo venderemo altrove. Se non volete il nostro petrolio, dopo un po’ di tempo e qualche sofferenza, lo venderemo altrove. E se non volete il gas, be’, dopo qualche sofferenza alla fine potremo dirigerlo altrove“.
Le prospettive – Secondo i sondaggi ufficiali i russi continuano a sostenere Putin (81%). Ciò vuol dire che “la gente è pronta a un periodo duro“. Karaganov spiega che non si poteva restare fermi di fronte all’espansione occidentale in atto e la russofobia. La guerra ha come obiettivo la demilitarizzazione dell’Ucraina, il suo allontanamento della Nato, e non si fermerà finché non si raggiungerà l’obiettivo. “Tra l’altro questa operazione” – precisa – “sarà usata per ristrutturare l’élite e la società russa. Diventerà una società più militante, basata sulla nazionalità, spingendo fuori dalla classe dirigente gli elementi non patriottici“.
E conclude. “Vinceremo noi, perché i russi vincono sempre. Ma nel frattempo perderemo risorse e diventeremo poveri. Vogliamo costruire un sistema internazionale più giusto e sostenibile, e siamo pronti a sacrificare tutto per questo“.
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