Buon compleanno O.k.!
Non tutte le parole di uso quotidiano possono vantare una data per “festeggiare il compleanno”.
Moltissime risalgono a tempi antichissimi, le prime addirittura ai sumeri, altre all’antica Grecia, ma senza avere una collocazione temporale precisa. Per molte altre ancora “la nascita” si potrebbe individuare con la loro introduzione sui vocabolari, come accaduto per il termine “petaloso” (provvisto di petali, pieno di petali) nel 2016, quando l’Accademia della Crusca ha deciso l’inserimento sui dizionari del nuovo termine coniato da Matteo, un bambino della terza elementare della scuola Marchesi di Copparo, in provincia di Ferrara, che l’ha utilizzato per descrivere un fiore come richiesto dalla sua maestra.
Però c’è una parola, o sarebbe meglio dire, un acronimo che ha data e luogo preciso di nascita e che può quindi vantarsi di festeggiare il compleanno. È l’espressione O.K.!
Il 23 marzo scorso Ok, l’acronimo più utilizzato al mondo, ha festeggiato il proprio compleanno tagliando il traguardo della veneranda età di 183 anni! Era infatti il 23 marzo del 1839 quando apparve per la prima volta sul Boston Morning Post alla fine di un paragrafo.
Più incerte invece sono le teorie sulla sua derivazione. Per molti, soprattutto americani, il termine ha avuto origine dalla campagna elettorale per l’elezione del Presidente nel 1840. Uno dei candidati era il presidente già in carica Martin Van Buren, soprannominato Old Kinderhook (il vecchio di Kinderhook) che per vincere le elezioni ed essere riconfermato a guida del Paese si servì di numerose associazioni e i cui partecipanti usavano l’espressione “O.K.” per identificare una precisa corrente politica e a significare che tutto sarebbe andato bene se Van Buren avesse vinto. Il nuovo temine non portò fortuna a Van Buren che non fu confermato, ma intanto era diventato il nuovo “va tutto bene”, con il significato positivo che tutti noi oggi conosciamo. Secondo altri, la sua origine risale invece alla Guerra di Secessione americana, quando i soldati dopo i combattimenti, perlustravano i campi di battaglia per individuare e raccogliere i caduti. Dopo l’identificazione usavano scrivere il numero dei soldati morti su una bandiera, seguito dalla lettera K, iniziale di Killed (morti) e quando non c’era nessun caduto, la bandiera veniva sventolata non la scritta Ok, dove o indicava lo zero e significava “nessun soldato è morto”.
Dalla Seconda guerra mondiale, con l’arrivo dei soldati americani in Europa, il termine ha avuto larga diffusione anche nel Vecchio continente, anche se alcuni linguisti individuano la sua utilizzazione, seppur molto sporadica, anche negli anni Trenta.
I russi invece fanno risalire l’origine del termine all’espressione “Ochen Korosho” usata dagli scaricatori di porto di Odessa per avvertire che il carico era stato sistemato senza difficoltà e che le navi potevano salpare verso i mari occidentali.
C’è chi pensa che derivi dal greco “Ola Kalà” che significa proprio “va tutto bene” e non mancano nemmeno i supporters per l’ipotesi latina “hoc est”!
Tornando in America poi, i nativi americani Choctaw utilizzano la parola “Okeh” per dire va bene e nella lingua dei Sioux diventa “Hoka hey”. In lingua bantu “uou-key” significa “certamente sì”. Anche gli irlandesi rivendicano la nascita e la diffusione dell’espressione: in gaelico “och aye” significa sì!
Per un’espressione così usata non poteva mancare di certo un gesto di riferimento: pollice e indice uniti a formare una o e il resto delle dita a rappresentare una k. Un gesto così importante che nel 1932 a Madrid, durante la conferenza internazionale delle telecomunicazioni, fu riconosciuto come segnale internazionale. In tempi moderni, i mezzi di comunicazione di massa hanno contributo alla diffusione del termine soprattutto fra i giovani che utilizzano la breve espressione affermativa non solo verbalmente, ma anche attraverso i servizi di messaggistica e sui social network. E purtroppo per l’estrema sintesi a cui siamo abituati oggi, abbiamo coniato anche l’espressione contraria alla sintetica ok…è “KO”, derivante dal linguaggio sportivo del pugilato. E’ l’abbreviazione dell’espressione inglese “Knock out” e significa “fuori”, eliminato dalla gara ed usato in senso negativo rispetto al più positivo “ok”.
Acronimi questi, come tantissimi altri entrati nell’uso quotidiano, per sintetizzare, per internazionalizzare il linguaggio e la scrittura, per rendere facile la comprensione, ma che non devono farci dimenticare che le parole, nella loro interezza hanno un certo peso, una bellezza e un fascino che la cultura deve proteggere, tutelare e divulgare. Sempre.
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