Serena, Madre: toccante racconto di di Bianca Sannino
Cominciò per me la mia storia di madre. Non ero più responsabile solo per la mia vita, ma anche e soprattutto per quell’esserino fragile e inconsapevole che dipendeva da me per ogni cosa. Questa situazione mi generava strani e contraddittori sentimenti, da un lato provavo un senso di grandiosità e onnipotenza, dall’altro disperazione e angoscia.
Piangevo spesso, è un fenomeno che chiamano baby blues, era un fatto normale mi aveva spiegato la ginecologa, dovuto al cambio repentino che il mio corpo aveva subito.
Per nove mesi eravamo stati tutt’uno: avevamo respirato, mangiato, ballato e camminato all’unisono. Sentivo che dentro di me era al riparo da tutto e da tutti, lo proteggevo, lo preservavo.
Ora era tutto cambiato, era lì esposto a qualsiasi aggressione e io non avrei potuto farci nulla, lo avevo consegnato al mondo e a tutte le sue incertezze, insidie, ostacoli.
Poi c’ero io, con le mie preoccupazioni per il lavoro, la paura di essere scavalcata perché impegnata nella maternità.
Ecco, il mio pianto nasceva da questa profonda consapevolezza, nasceva dallo sconforto di aver generato una vita ma anche di averla consegnata a tutto il dolore, la sofferenza, l’arroganza, la cattiveria del mondo. Non riuscivo ad essere felice, talvolta un nodo mi stringeva la gola ed io mi sentivo soffocare.
Non è un paese per le madri il nostro, non è un mondo per le madri, per le donne ancora troppo impegnate a fare i conti tra la necessità di veder realizzate le proprie ambizioni lavorative e professionali e la serenità nella gestione della vita familiare.
Gianluca mi guardava costernato e anche un po’ dispiaciuto. Faceva tanto per essermi vicino, almeno materialmente. Mi aiutava nell’accudimento del bambino, lo coccolava quando piangeva disperatamente e senza nessun apparente motivo, mi aiutava nella gestione della casa, ma non riusciva a capire perché fossi sempre così assurdamente infelice.
Mia madre anche mi aiutava nell’accudimento e nella gestione, ma ero costretta a pagare duramente questo aiuto. Non riuscivo ad affidare ad una persona estranea il mio bambino, l’unica persona di cui mi fidavo era lei, ma dovevo fare i conti costantemente con il senso di inadeguatezza.
Aveva rinunciato al lavoro per accudire i figli, un lavoro che la soddisfaceva dal punto professionale ed economico e ce lo faceva pesare, con i suoi mugugni, la sua insoddisfazione, il suo essere sempre assorta in altri pensieri.
Per lei non ero abbastanza brava, abbastanza paziente, abbastanza efficiente, non ero una madre come lo era lei, non ero disposta a rinunciare alla mia vita e ai miei sogni, una brava madre lo fa.
Bianca Sannino, docente appassionata nella scuola statale italiana, vive e insegna a Portici da più di vent’anni. Dopo aver attraversato perigliosi mari in vari ambiti e settori ed essersi dedicata alla redazione di libri saggistici e specifici del settore dell’insegnamento, esordisce oggi nel genere novellistico. Due lauree, corsi di specializzazione, master non sono bastati a spegnere la sua continua, vulcanica e poliedrica ricerca della verità. Da sempre, le sue parole che profumano di vita e di umanità, arricchite dalla sua esperienza e sensibilità, restituiscono delicati attimi di leggerezza frammisti a momenti di profonda riflessione. Nel 2021 inizia la collaborazione con LoSpeakersCorner pubblicando una serie di novelle, tutte al femminile.
(Fonte: Lo Speakers Corner – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)