Introducevano e spacciavano nel carcere di Carinola. Dieci persone nei guai
I Carabinieri della Sezione Operativa del Reparto Territoriale di Mondragone hanno dato esecuzione ad una ordinanza applicativa di misure cautelari, in particolare della custodia in carcere, degli arresti domiciliari nonché del divieto di dimora nelle province di Napoli e Caserta, emessa dal G.I.P. del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, su richiesta di questa Procura, a dieci persone nei confronti delle quali sono emersi gravi indizi in ordine ai reati di spaccio di sostanza stupefacente.
Il provvedimento è scaturito da una complessa attività di indagine, coordinata da questo Ufficio, iniziata nel mese di settembre dell’anno 2019 e terminata nel mese di febbraio dell’anno 2020, durante la quale è emersa una frequente attività di spaccio all’interno della casa di reclusione “G.B. Novelli” di Carinola, gestita da diversi detenuti colà ristretti, i quali, coadiuvati da soggetti esterni, eludendo i controlli della polizia penitenziaria, dapprima effettuavano gli ordinativi di stupefacente (principalmente hashish) utilizzando telefoni cellulari, illecitamente detenuti all’interno del carcere, con i quali contattavano i propri parenti o comunque i fornitori e poi introducevano, per il loro tramite, all’interno del carcere la sostanza che veniva venduta ad altri detenuti con un sovrapprezzo del cento per cento rispetto al costo di acquisto.
Il corrispettivo per l’acquisto dello stupefacente veniva corrisposto dai detenuti con ricariche su carte prepagate del tipo postepay intestate a soggetti diversi dagli spacciatori.
Le risultanze investigative hanno consentito di far emergere le molteplici modalità con cui la droga veniva introdotta all’interno della casa di reclusione: in alcune circostanze, veniva occultata dai parenti dei detenuti sulla loro persona in occasione dei colloqui; altre volte veniva introdotta mediante l’utilizzo di droni, manovrati da soggetti all’esterno del carcere, ai quali erano agganciati pacchi contenenti la sostanza stupefacente e, a volte, anche telefoni che si avvicinavano alle finestre delle celle in orari notturni in modo da eludere la vigilanza; altre volte ancora, veniva nascosta all’interno di palloni da calcio lanciati dall’esterno del carcere oltre il muro perimetrale ove si trova il campo da gioco, per poi essere recuperato dai detenuti.