Clamoroso
Cavalli impiegati nella seconda guerra mondiale: 7 milioni [Barbieri, Giornale].
In prima pagina
• Dodici persone sono state arrestate per gli scontri nella manifestazione dei no green pass a Roma. Tra loro: Roberto Fiore e Giuliano Castellino, fondatore e capo romano del partito neofascista Forza Nuova
• Polemiche per le parole di Giorgia Meloni, secondo la quale «la matrice politica della manifestazione non è chiara»
• Nella notte di sabato, una quarantina di persone ha assaltato il pronto soccorso dell’Umberto I, dov’era ricoverato in stato di fermo un manifestante no green pass. Un’infermiera è stata colpita alla testa con una bottiglia
• Trump vuole la rivincita. Sabato sera ha parlato a migliaia di sostenitori in Iowa. Ha già pronto lo slogan per il 2024: «Make America Great Again Again»
• Il cancelliere austriaco Kurtz si è dimesso per lo scandalo di corruzione, il suo posto sarà preso dal ministro degli Esteri uscente Alexander Schallenberg
• Si è scoperto che Matteo Renzi da agosto fa parte del consiglio di amministrazione di Delimobil, la più grande società di car sharing in Russia
• In Italia ieri si sono registrati 27 morti di Covid. Il tasso di positività è stabile allo 0,8%. I ricoverati in terapia intensiva sono 364 (-3), i vaccinati 43.268.720 (il 73,02% della popolazione)
• A Potenza una donna di trent’anni è caduta dal quarto piano dopo una discussione con il fidanzato. Domani l’autopsia
• Dopo ventiquattr’ore in cui tutto il Libano era rimasto senza elettricità, ieri hanno ripreso a funzionare due centrali elettriche più grandi del paese
• Un aereo è precipitato nel Tatarstan, in Russia, ci sono sedici morti
• Almeno venti persone sono morte in un attacco armato di ladri di bestiame in un mercato nel nord della Nigeria
• Un attore del teatro Bolshoi di Mosca è morto schiacciato dalla scenografia durante lo spettacolo
• La Francia ha vinto la Nations League battendo la Spagna 2-1. L’Italia ha battuto 2-1 il Belgio, conquistando il terzo posto
• Bottas vince il Gp di Formula 1 della Turchia. Secondo Verstappen, che torna in testa al Mondiale, seguito da Perez. Quarta la Ferrari di Leclerc, quinto Hamilton
• Tyson Fury si è conferma campione mondiale dei pesi massimi: in un match d’altri tempi ha messo k.o. Deontay Wilder
Delitti e suicidi
Luigi Fiorillo, 19 anni, qualche precedente per droga, ma, a quanto pare, non affiliato a nessun clan, è stato trovato morto fuori da un circolo ricreativo. Qualcuno gli ha sparato contro una decina di colpi di pistola calibro 7.65, sei lo hanno raggiunto (all’alba di ieri, in via dell’Arco, a Secondigliano, Napoli).
La zona è controllata dalla cosca dei Di Lauro. Nella notte tra mercoledì e giovedì lì è stato ucciso anche un 23enne.
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«È ancora avvolta nel mistero la morte di Dora Lagreca, trent’anni, assistente scolastica originaria di Arenabianca, in provincia di Salerno. Alle 2,30 di sabato, dopo una discussione piuttosto accesa avuta con il fidanzato, nella mansarda presa in fitto in via Di Giura, a Potenza, è precipitata dal quarto piano, da un’altezza di 12 metri, finendo su un prato, nel cortile del palazzo. Prima ha sbattuto la testa contro un’antenna parabolica. Non è morta sul colpo ma due ore dopo all’ospedale San Carlo di Potenza. Il fidanzato ha raccontato ai carabinieri i contorni della discussione, accesa, poi le urla di lei che minacciava di buttarsi giù. Il giovane, che non è indagato, nelle cinque ore di interrogatorio cui è stato sottoposto ha riferito di aver tentato di afferrarla proprio mentre Dora scavalcava la ringhiera, non molto alta, del terrazzino della mansarda. Il giovane, attualmente in cerca di occupazione, l’ha vista cadere ed è corso giù a piedi nudi, nel tentativo di prestarle soccorso. Poi ha chiamato il 118. Martedì ci sarà l’autopsia» [Macrì, CdS].
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Lorenzo N., 29 anni, pescarese, figlio di un dirigente di una filiale tedesca di un’azienda farmaceutica, iscritto alla facoltà di Economia nel campus di Forlì dell’Università di Bologna, descritto come «dinamico, allegro, sorridente», venerdì avrebbe dovuto discutere la tesi di laurea triennale e aveva invitato il padre, la madre e il fratello maggiore a raggiungerlo a Bologna. Non aveva detto loro, però, che, dopo i primi esami, gli era mancata la forza di andare avanti. Così, preso dalla vergogna, si è lanciato da un ponte in via Stalingrado, a ridosso dell’area fieristica della città. Il suo corpo senza vita è stato scoperto in via Zago, a poche decine di metri dalla rotaie della ferrovia. Un volo di 15 metri dal ponte che non gli ha lasciato scampo [Mess].
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«Chi ha ucciso a coltellate Giuseppe Dell’Arte, 43 anni, geometra catanese incensurato, trovato morto in un garage di via Fiume, nel quartiere periferico della parte nord-orientale di Catania? Perché l’assassino si è accanito così tanto sul 43enne, il cui corpo presenta numerosissime ferite da arma da taglio, parecchie dritte al collo? E, ancora, il taglierino che è stato rinvenuto poco distante dal cadavere è l’arma del delitto o l’ha portata via con sé l’assassino? La morte dell’uomo è un giallo nel giallo anche per il massimo riserbo, oltre quello di solito adottato dagli inquirenti, che è stato eretto attorno al caso, tant’è vero che l’omicidio è avvenuto nella notte tra giovedì e venerdì, ma la notizia è trapelata solo ieri. Si è trattato di un omicidio particolarmente efferato, si ritiene commesso da qualcuno che conosceva bene la vittima e che probabilmente aveva appuntamento in quel garage che era in momentanea disponibilità di Giuseppe, ubicato non vicino all’abitazione in cui viveva con la moglie. È stata la donna, non vedendolo far rientro giovedì sera, a sporgere denuncia» [Raffa, Giornale].
Libano in crisi
L’esercito del Libano ieri ha portato 600 mila litri di olio combustibile alle due più grandi centrali elettriche del paese, Deir Ammar e Zahrani, mettendo fine a quasi ventiquattro ore di totale interruzione nella fornitura di elettricità. Questo non risolve la crisi energetica del Libano: nel paese l’elettricità resta disponibile per circa due ore al giorno.
Il Libano è precipitato in una grave crisi economica e non è più in grado di garantire l’approvvigionamento energetico necessario al regolare funzionamento della rete elettrica pubblica. Molti ricorrono a generatori privati ma anche chi può permettersi di acquistare il carburante fatica ormai a reperirlo sul mercato.
Strage in un mercato in Nigeria
Almeno venti persone sono morte in un attacco armato a un mercato nel nord della Nigeria, nello stato di Sokoto, vicino al confine col Niger. Decine i feriti. L’attacco è stato compiuto da un gruppo a bordo di motociclette, probabilmente ladri di bestiame, che ha anche dato fuoco ad alcuni veicoli.
A Varsavia un mare di bandiere blu
Ieri in tutta la Polonia si sono tenute grandi manifestazioni di protesta contro la sentenza della Corte costituzionale, vicina al governo sovranista, secondo cui il diritto polacco deve prevalere su quello comunitario. A Varsavia erano in 100 mila. Organizzatore: Piattaforma Civica, il maggiore partito dell’opposizione, guidato da Donald Tusk, ex presidente del Consiglio europeo, in vista della sfida elettorale del 2023. «Dobbiamo salvare la Polonia» aveva twittato sabato per invitare in piazza i suoi concittadini. «Nessuno lo farà per noi» [Basso, CdS].
Il presidente ceco in ospedale
Il presidente della Repubblica Ceca Milos Zeman, 77 anni, malato di diabete e di una neuropatia alle gambe, noto per essere un gran fumatore e bevitore, è stato ricoverato all’ospedale militare di Praga. Il suo medico non ha reso nota una diagnosi. Proprio ieri, fra l’altro, nella Repubblica Ceca si sono tenute le elezioni, il premier uscente Andrej Babis ha perso e Zeman avrebbe dovuto lavorare alla formazione di un nuovo governo.
Il camper antimafia. Gli eredi di Pippo Fava: beni confiscati, ecco la mappa “on the road”
Mentre dal cielo dell’antimafia ogni tanto, come per una legge cosmica, si stacca una stella, sulla terra dell’antimafia le cose buone si moltiplicano. Così in Sicilia, epicentro Catania, è andato in onda un progetto intitolato “Le scarpe dell’antimafia”. Parola d’ordine: i soldi dei mafiosi a chi lavora. Parola d’ordine vecchia, all’apparenza. Perché la legge per l’uso sociale dei beni confiscati, l’idea di ottenere la “restituzione del maltolto” sono nate nel cuore degli anni novanta. Il fatto è che i famosi “beni” sono spesso abbandonati, vandalizzati o ancora saldamente nelle mani dei mafiosi a cui sono stati confiscati. E gli effetti del Covid sono maledettamente attuali. Ecco dunque il manifesto dei promotori del progetto, un gruppo di giovani siciliani sotto i trent’anni: “Noi ‘professionisti dell’antimafia’ pensiamo che bisogna intervenire subito sull’economia mafiosa. Non solo afferrare i suoi soldi, ma reinvestirli rapidamente, non come al solito distribuendo allegramente a questo o quel prenditore, ma facendo impresa. Con nuovi imprenditori, coi nostri giovani colti e coraggiosi e lasciati in un angolo a morire dentro. Questa è l’occasione per loro”.Da qui un’idea estranea alla maggior parte dei gruppi di ricerca finanziati per “uno studio sui beni confiscati”: andarseli a vedere. Uno per uno, sul campo. Con le scarpe dell’antimafia, appunto. Chiedere “chi è lei” al signore che ci si incontra sopra e che ha l’aria del padrone. Andarci per controllare che il signore non sia proprio lui, il boss confiscato. Lavoro impegnativo, soprattutto in Sicilia, dove i beni confiscati sono più di 14 mila. Ma loro l’hanno fatto. Sotto dunque con eventi social di puro artigianato, con la mobilitazione consentita dal Covid maledetto.
È nata così una banda, termine loro, sotto le insegne de “I Siciliani giovani” e dell’Arci Sicilia. Il capobanda si chiama Matteo Iannitti e nell’occasione ha dimostrato con le sue cronache la stoffa del giornalista di razza. Tutti a bordo di un camper battezzato “Poderosa” come la moto del Che. Poi visite sul campo, denunce radiofoniche, pubblici dibattiti.
L’elenco delle associazionie dei gruppi che hanno partecipato alla grande marcia è straripante e può essere solo esemplificato. Dal “Mandarinarte” di Ciaculli all’ associazione “Acunamatata” di Palermo; dalla Cooperativa “Rosario Livatino” di Naro al Circolo Arci di San Cataldo; dalle associazioni antimafia di Palma di Montechiaro e Vittoria all’Istituto Comprensivo Leonardo da Vinci di Misterbianco e alla Cooperativa “Geotrans” di Catania. A loro si sono aggiunti in occasioni simboliche il Centro “Peppino Impastato” di Palermo o gli stessi presidenti della Commissione antimafia regionale e parlamentare, Claudio Fava e Nicola Morra.
Ma scrutando il materiale scritto e video raccolto dalla “banda” tra metà settembre e i primi di ottobre in più di venti città e paesi una cosa mi ha commosso. Ed è che a lavorare con i ventenni ci fossero anche due settantenni di lungo corso: Giovanni Caruso, fotografo, e Riccardo Orioles, giornalista, che lavorarono per anni al fianco di Giuseppe Fava, il direttore degli antichi, veri, I Siciliani, ucciso il 5 gennaio del 1984. “Lui cieco, io sciancato”, racconta Orioles di sé e del coetaneo, “eppure non ce la siamo cavata male fra i Siciliani giovani”. Sospiro sotto la barbetta: “Quarant’anni fa giravamo per strade e trazzere – io cronista, lui fotoreporter – sulla mia mitica Citroen ammaccata, terrore degli automobilisti catanesi e anche di lui che stringeva la macchina fotografica guardando la strada… Adesso Giovani era lì coi ragazzi, nel Poderosa che percorreva più o meno le stesse strade. Peccato che non l’abbia visto l’antico direttore. Ma a volte uno s’illude ‘chissà che un’occhiata non ce l’abbia data’…”. Un lampo di malinconia, un lampo di orgoglio.
La bancarotta pare scaturita dal nulla: un vortice di archiviazioni, assoluzioni e condanne emerge dalle inchieste sul crac dell’istituto “risolto” nel 2015 (di Nicola Borzi)
Un solo condannato su 24 imputati di bancarotta: la sentenza di primo grado, emessa a inizio mese ad Arezzo, pare stabilire che il crac di Banca Etruria si è consumato da sé. Le decisioni dei giudici sui collassi bancari paiono le palline impazzite di un flipper. Eppure il 22 novembre 2015 i risparmi di 60 mila azionisti e 374,5 milioni in mano ad altre decine di migliaia di sottoscrittori dei “sicuri” bond subordinati andarono in fumo quando Banca d’Italia, guidata da Ignazio Visco, “risolse” l’istituto di credito aretino insieme a Banca Marche, CariFerrara e CariChieti, in base a una grottesca applicazione del bail-in, le regole Ue sui “salvataggi” bancari a spese degli investitori.La crisi dell’Etruria, quotata dal 1998, era già nota a Banca d’Italia dal 2002. Il 23 maggio 2009 il cda dell’istituto silura il presidente Elio Faralli, il banchiere più amato da Licio Gelli, e lo rimpiazza con il suo vice Giuseppe Fornasari. Palazzo Koch, regnante Mario Draghi, invia ad Arezzo un’ispezione che si chiude a inizio 2010 con un giudizio “parzialmente sfavorevole”. Il piano industriale 2012-14, varato il 28 febbraio 2012, non è risolutivo. A marzo 2012 una lettera a Etruria del nuovo Governatore Ignazio Visco chiede di rafforzare il patrimonio. Il 24 luglio 2012 Visco segnala di nuovo la situazione “fortemente problematica” e chiede a Etruria un aumento di capitale da almeno 100 milioni entro l’anno, ma la banca lo conclude solo il 21 agosto 2013. Il 19 aprile 2013 un esposto anonimo denuncia falsi contabili a Consob, Bankitalia e Procura di Arezzo. Dal 3 al 7 giugno seguenti, Etruria emette un bond subordinato da 60 milioni. Il 23 settembre via Nazionale segnala alla Procura aretina i dubbi sulla banca, che il 30 ottobre piazza ai risparmiatori un altro subordinato da 50 milioni. Lo stesso giorno Bankitalia scrive a Consob segnalando le criticità di Etruria, tra le quali proprio i rendimenti dei subordinati troppo bassi per riflettere la crisi dell’istituto: il primo pagava un tasso inferiore al BTp di pari durata, il secondo il 5% a fronte del 7% delle banche migliori. Ma nessuno ferma la vendita del bond. Il 3 dicembre 2013 Visco scrive di nuovo ad Arezzo e chiede di aggregarsi con un’altra banca. Il 5 dicembre Bankitalia segnala ai giudici che è “in corso di trasmissione” alla Consob una sua nota. Il 15 dicembre la Consob impone alla banca un supplemento al prospetto dei subordinati, aggiornato su rischi e l’ispezione di Bankitalia, che però esce solo il 23 e concede a chi ha già sottoscritto i subordinati solo due giorni per revocare l’acquisto. Ma Consob dichiara di aver avuto “piena contezza” della crisi di Etruria solo il 12 maggio 2016: cioé dopo il commissariamento (10 febbraio 2015), la sospensione delle azioni in Borsa (13 febbraio 2015), la “risoluzione” (22 novembre 2015) e addirittura la dichiarazione d’insolvenza (11 febbraio 2016) della banca.
Nel frattempo Bankitalia manda per la seconda volta gli ispettori in Etruria, tra ottobre 2012 e settembre 2013, e sanziona 19 dirigenti per 2,5 milioni, denunciando per ostacolo alla Vigilanza l’allora presidente Fornasari e altri manager. Il 21 marzo 2014 la banca viene perquisita su mandato del procuratore di Arezzo Roberto Rossi, consulente di Palazzo Chigi. I vertici si dimettono. Il Cda a maggio 2014 nomina presidente Lorenzo Rosi. Ma l’aggregazione chiesta da via Nazionale (l’unica offerta è di Pop Vicenza) non arriva. Così a novembre 2014 una nuova ispezione di Palazzo Koch porta al commissariamento del febbraio 2015 e il primo marzo 2016 a sanzioni per 2,2 milioni a 27 dirigenti con nuove denunce in Procura. Ma la banca è già “risolta”. Solo il 24 novembre 2015, due giorni dopo la risoluzione, la Consob obbliga tutte le banche italiane a informare “adeguatamente” i clienti sui rischi del bail-in e solo a ottobre 2016 inizia un procedimento che si conclude a luglio 2017 con sanzioni per 2,76 milioni a 33 ex consiglieri, sindaci e dirigenti. Il 2 ottobre 2017 il presidente della Consob, Giuseppe Vegas, scrive alla Procura di Milano e nega le ipotesi di reato di aggiotaggio e insider trading sulle azioni Etruria, dopo le note ufficiali della primavera del 2014 sulla fusione (mai realizzata) tra Etruria e Vicenza che avevano portato l’azione, prima di crollare, a rialzi anche del 50%. Sempre a ottobre 2017 il liquidatore, Giuseppe Santoni, con l’azione di responsabilità chiede danni per 576 milioni a 37 ex amministratori.
Da qui scatta il balletto giudiziario. Il 13 agosto 2018, 28 marzo e 25 maggio 2019 la Corte d’Appello di Firenze cancella le sanzioni Consob. Per i giudici già a fine 2013 l’autorità era informata sul dissesto di Etruria: per legge, avrebbe dovuto muoversi entro 180 giorni dalla notitia criminis, non a ottobre 2016. La Consob ricorre in Cassazione. Il 31 gennaio 2019 il Gup di Arezzo condanna con rito abbreviato per bancarotta fraudolenta Fornasari, Bronchi e Berni, che fanno ricorso. A febbraio 2019 è archiviata l’accusa di falso in prospetto per il vicepresidente Pierluigi Boschi, consigliere dal 2011 e vicepresidente dal 2014, nonché padre dell’ex ministro Maria Elena, ma il 22 marzo seguente la Cassazione conferma le sanzioni di Banca Italia ai consiglieri Boschi, Nataloni e Orlandi. Il 2 aprile per Boschi è chiesta l’archiviazione per bancarotta fraudolenta sulla liquidazione dell’ex dg Bronchi. Il 12 settembre Arezzo archivia le indagini per bancarotta fraudolenta sulla mancata fusione con la Vicenza. Ma il 13 febbraio 2020 arriva la condanna d’appello per Fornasari e Bronchi per ostacolo alla vigilanza di Banca d’Italia. Il 19 maggio 2021 Fornasari, Bronchi e Canestri sono invece assolti dall’accusa di falso nei prospetti dei bond subordinati 2013. Infine, il 6 ottobre scorso Boschi, imputato con altri 13 per bancarotta colposa nel filone “consulenze d’oro”, chiede di essere ascoltato in aula, mentre Intesa Sanpaolo, che ha acquisito Ubi che a sua volta aveva comprato la parte in bonis di Etruria, esce dal processo come responsabile civile.
Questo vortice di decisioni confliggenti nasce perché le piccole procure non hanno mezzi e competenze per inchieste così complesse. I magistrati delegano così a Banca Italia la consulenza tecnica sino all’individuazione degli illeciti e di eventuali colpevoli, assegnandole di fatto il ruolo improprio di superprocura bancaria. Sottratto a rischi penali, l’istituto di via Nazionale si costituisce parte civile come vittima del reato di ostacolo alla Vigilanza che esso stessa sancisce e denuncia. Ma Etruria non è stata la sola banca segnata da questi conflitti d’interesse.
(1 – continua)
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