Dodici milioni di documenti riservatissimi smascherano le offshore di politici, stelle dello sport e spettacolo, generali e big degli affari. Dal re di Giordania al presidente ucraino, dal ministro olandese ai dittatori africani, da Julio Iglesias a Claudia Schiffer. Cinque anni dopo i Panama Papers, L’Espresso pubblica in esclusiva per l’Italia i risultati della nuova inchiesta globale del consorzio Icij con oltre 600 giornalisti di 150 testate internazionali
Cinque anni dopo i Panama Papers, una nuova inchiesta giornalistica internazionale ancora più ampia svela le ricchezze nascoste nei paradisi fiscali da migliaia di potenti di tutto il mondo. Ci sono 35 capi di Stato o di governo. Più di 300 politici di oltre novanta nazioni: ministri, leader di partito, parlamentari. Insieme a generali, capi dei servizi segreti, manager pubblici e privati, banchieri, industriali.
Le nuove carte, chiamate Pandora Papers, documentano una miriade di affari ricchissimi con i nomi dei beneficiari, finora tenuti segreti. L’elenco degli azionisti schermati dal velo delle società offshore comprende il premier della Repubblica Ceca, il ministro olandese dell’Economia, l’ex capo del governo britannico Tony Blair, il Re di Giordania e presidenti in carica di Paesi come Ucraina, Kenya, Cile, Ecuador. Nella lista spiccano i nomi di molte celebrità dello sport, della moda e dello spettacolo. Ma ci sono anche criminali. Ex terroristi. Bancarottieri. Trafficanti di droga. E boss mafiosi, anche italiani, con i loro tesorieri.
Migliaia di personaggi diversi per origini e storie personali, legati tra loro da un unico filo rosso: sono tutti clienti di 14 riservatissimi studi internazionali che fabbricano “offshore”. Cioè società collocate in giurisdizioni estere dove non esistono le tasse. E i titolari possono restare anonimi. Invisibili. E occultare le loro ricchezze al fisco, alla giustizia, agli elettori, a tutti gli altri cittadini. Che quindi sono costretti a pagare anche per questi privilegiati i costi di sanità, sicurezza, scuole, strade, ferrovie, acquedotti e tutti i servizi essenziali finanziati dagli stati nazionali con le entrate fiscali. I danni per la società civile causati dal proliferare di questi rifugi offshore sono ancora aumentati in questi tempi di pandemia, che ha innescato una crisi economica senza precedenti, moltiplicando le spese dello Stato per la sanità e per aiutare i più deboli.
L’inchiesta, coordinata dall’International Consortium of Investigative Journalists (Icij), si chiama Pandora Papers perché scoperchia un vaso di veleni di portata mondiale. Più di 11,9 milioni di documenti con i nomi di oltre 29 mila beneficiari di società offshore, fino a ieri sconosciuti. Dietro le carte intestate ai fiduciari, emergono per la prima volta investimenti e patrimoni esteri di politici europei e sudamericani, dittatori africani, ministri asiatici, sceicchi arabi. Le casseforti segrete di 46 oligarchi russi. Le offshore che azzerano le tasse a una super casta di oltre 130 multi-miliardari americani, indiani, messicani e di altre nazioni. I risultati dell’inchiesta, durata quasi due anni, sono il frutto del lavoro collettivo di oltre 600 giornalisti di 150 testate internazionali, tra cui l’Espresso in esclusiva per l’Italia. Dal Washington Post a Le Monde, dalla Bbc a El Pais, dai siti russi ai quotidiani sudamericani, indiani, australiani e africani, dall’Espresso alle tv svedesi e tedesche, i giornalisti di 117 nazioni diverse si sono impegnati a lavorare insieme, a scambiarsi ogni giorno notizie e documenti, fotografie e contatti, su una piattaforma informatica messa a punto dal consorzio. E a pubblicare i risultati dell’inchiesta nello stesso momento, all’unisono, a partire dalle 18.30 di oggi, domenica 3 ottobre. «Pandora Papers è la più grande inchiesta collettiva nella storia del giornalismo», scrive Icij nell’articolo di presentazione.
I Pandora Papers documentano, tra mille altre storie mai raccontate prima d’ora, che il Re della Giordania, Abdullah II, ha acquistato ville e terreni negli Stati Uniti e a Londra, per oltre 100 milioni di euro, tramite offshore personali, mentre il suo governo riceveva miliardi dagli Usa per combattere il terrorismo ed evitare una rivoluzione araba in un paese alleato. Alle domande del consorzio, il Re della Giordania, attraverso un portavoce, ha risposto che lui, come sovrano, non paga le tasse. E i suoi investimenti esteri non sono stati dichiarati per ragioni di sicurezza e privacy.
In Europa, il premier ceco Andrej Babis, che guida un governo populista di destra, ha usato società-schermo delle Isole Vergini Britanniche, nel 2009, per acquistare una villa da 22 milioni in Costa Azzurra. E non ha mai dichiarato quella proprietà estera alle autorità del suo Paese. Dove nel 2017 ha vinto le elezioni promettendo di combattere la corruzione e i privilegi delle élite.
In Olanda, il ministro dell’Economia, Wopke Hoekstra, cristiano-democratico, che ha spesso attaccato l’Italia in nome del rigore finanziario, è entrato nel 2009 in una offshore controllata da una cordata di ex manager di un colosso bancario di Amsterdam, Abn-Amro. Ed è così diventato uno degli azionisti anonimi di una nota compagnia di safari in Africa. È rimasto nella offshore anche dopo l’elezione a senatore. E non ha mai dichiarato il suo investimento estero.
In Ucraina, il capo dello Stato, Volodimyr Zelensky, ex comico portato al successo da uno show televisivo, ha posseduto segretamente per anni, tramite una società offshore, un’azienda di produzione e distribuzione di film e programmi tv. Nel marzo 2019, un mese prima del voto, ha ceduto le sue azioni a un amico, Sergiy Shefir, che dopo il successo elettorale è stato nominato da Zelensky primo consigliere pubblico della presidenza ucraina. Il 22 settembre scorso Shefir è sfuggito a un misterioso tentativo di omicidio: un commando armato ha ferito il suo autista.
A Cipro, lo studio Anastasiades & Partners ha aiutato diversi oligarchi di Mosca, come rivela la corrispondenza interna, a creare nuove offshore per sfuggire alle sanzioni internazionali. In Russia l’affare più sorprendente riguarda però Svetlana Krivonogikh, indicata dalla stampa indipendente come ex fidanzata e madre di una figlia non riconosciuta da Vladimir Putin. I Pandora Papers rivelano che l’amica del presidente è la beneficiaria di una società offshore costituita nel 2003, esattamente un mese dopo la nascita della bambina, che ha comprato per 3 milioni e 600 mila dollari una residenza affacciata sul mare nel Principato di Monaco. Un affare gestito dagli stessi fiduciari che lavorano tuttora per gli oligarchi più vicini al presidente Putin. All’epoca del presunto flirt Svetlana lavorava come addetta alle pulizie in un hotel. Oggi ha un patrimonio personale di oltre 100 milioni.
Ma con i soldi, gli amici in paradiso si trovano anche vicino all’Italia.
Nella montagna di documenti dei Pandora Papers ci sono molti altri nomi italiani, finora mai emersi: celebrità del calcio, moda e spettacolo, politici e loro familiari, evasori fiscali con i loro consulenti, mafiosi con i loro tesorieri. Le loro avventure nello spazio offshore verranno raccontate in esclusiva dall’Espresso a partire da venerdì prossimo (nell’edizione digitale accessibile da questo sito per gli abbonati) e nel numero su carta in edicola con Repubblica da domenica 10 ottobre