“Stalking: il quesito tifa per l’indagato, non per le vittime”/ I pro e i contro del Referendum
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“Stalking: il quesito tifa per l’indagato, non per le vittime”
“Non potremo più fermare gli stalker, ma neanche i pedopornografi, chi truffa gli anziani, chi spaccia droga. E neppure i politici e i pubblici funzionari accusati accusati di corruzione e di concussione”. È l’effetto che potrebbe ottenere il quinto quesito dei referendum voluti da radicali e leghisti, che se approvato ridurrà la possibilità d’impiegare le misure cautelari. Lo denuncia anche Francesco Menditto, procuratore di Tivoli.
È preoccupato, dottor Menditto?
Sono frastornato. Nel 2019 il legislatore ha approvato la legge sul “codice rosso”, che aveva come parola d’ordine quella di incrementare la tutela delle vittime della violenza di genere, aumentando le pene e dunque la durata del carcere preventivo per fermare i reati. Con questo referendum, invece, si dà il segnale opposto, ci si dice di abbassare la guardia.
Che cosa accadrà se il quesito sarà approvato?
Sarà impossibile l’impiego della custodia cautelare nei casi di reiterazione del reato, quando non ci sia violenza alla persona. Per i reati come maltrattamento e stalking, le misure cautelari si applicano quasi soltanto per la reiterazione del reato: non potremo più chiederle, neppure quelle poco invasive come il divieto d’avvicinamento con impiego del braccialetto elettronico. Il maltrattamento e soprattutto lo stalking non sempre sono reati di violenza alla persona. Ma sono reati a “formazione progressiva”: s’inizia con le minacce e poi si arriva alla violenza, che può essere anche letale. Sarebbe dunque necessario, anche nell’interesse dell’indagato, intervenire immediatamente. E poi c’è un ulteriore pericolo.
Quale?
Le modifiche normative innescheranno le legittime richieste degli avvocati che obbligheranno a rivedere anche tutte le misure cautelari in atto. Saremo dunque sommersi da migliaia di richieste di revoche e io vedo il rischio di un taglio con l’accetta delle misure cautelari. Del resto, con questa misura il legislatore ci dice, né più né meno: io prendo posizione a favore dell’indagato, rispetto alla persona offesa.
E non soltanto nel caso dei reati di genere e contro le donne?
Ho provato a fare un catalogo dei reati indagati dalla mia Procura, che non è distrettuale, dunque non tratta reati di mafia, su cui la riforma non inciderà. Ebbene, non saranno più applicabili misure cautelari per reati come la prostituzione minorile, la pedopornografia, il revenge porn. Niente carcere neppure nel caso dei furti, furti in abitazione, spaccio di droga, truffe agli anziani, resistenza a pubblico ufficiale con minacce, falsi commessi da pubblici ufficiali, corruzione, concussione, reati finanziari ed economici, bancarotta fraudolenta, reati ambientali: in questi reati dov’è la violenza alla persona? Oggi chi li commette può essere fermato con la misura cautelare, domani no. Ho calcolato che almeno il 50 o 60 per cento delle misure cautelari non le potremo più chiedere. L’80 per cento delle misure cautelari della nostra Procura è fondata sulla reiterazione del reato: senza violenza alla persona, non le chiederemo più. Così il truffatore andrà avanti a imbrogliare gli anziani, lo spacciatore a spacciare, il fidanzato lasciato a postare immagini intime per vendicarsi della fidanzata.
Per alcuni dei reati del suo “catalogo” (come lo stalking o lo spaccio di cocaina) l’arresto è obbligatorio.
Sì. Così assisteremo al paradosso che la polizia e i carabinieri saranno obbligati ad arrestare, e i magistrati poche ore dopo saranno obbligati a rilasciare gli arrestati. Noi applichiamo la legge, siamo servitori dello Stato. Abbiamo l’obbligo di tutelare le vittime, le persone offese. Cercheremo di interpretare la violenza alla persona ampliando la sua portata: ma non so neppure se sia giusto, per poi vedere la magistratura accusata di supplenza.
(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)
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