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Il ‘giallo’ di via Poma: 31 anni dopo rivelata l’identità di ‘Mister X’

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Il criminologo Carmelo Lavorino intervistato a Gaeta dal nostro direttore.

Sul delitto di via Poma Carmelo lavorino ha scritto sei libri, una cinquantina di saggi, è stato consulente della difesa di federico valle imputato e prosciolto per il delitto. è stato consulente per la taodue del film “il giallo di via poma” regista roberto faenza, ha rilasciato molte interviste sul caso.

nella ricorrenza del trentennale del delitto il criminologo dice qualcosa di inedito, disegna il profilo dell’assassino, critica i “sapientoni della notizia ” e i “grandi cacciatori col carniere vuoto” e fornisce altri elementi per la soluzione del caso.

il regista roberto faenza lo ha definito “un misto di csi, criminal mind, edgar allan poe e sherlock holmes”.

è considerato l’esperto numero uno del caso di “via poma”: il “number one”.

l’ultimo suo libro è intitolato “via poma. inganno strutturale tre”

PREMESSA

Martedì 7 agosto 1990 Simonetta Cesaroni esce di casa alle ore 15 per andare a lavorare come ogni martedì e giovedì in Via Poma 2, ufficio dell’AIAG (Associazione Italiana Alberghi della Gioventù) sede regionale. Viene ammazzata qualche ora dopo, fra le 16:00 e le 18:30.

È rinvenuta cadavere alle 23:20, sempre in Via Poma n. 2 ufficio AIAG, scala B, terzo piano, interno 7. È quasi nuda, colpita con 29 colpi d’arma bianca, nessuna violenza sessuale e nessuna traccia di difesa attiva o passiva. Il luogo esatto del rinvenimento è la stanza del direttore Corrado Carboni, quel giorno fuori Roma.

Inizia così il Giallo di Via Poma, un delitto irrisolto, misterioso e intrigante, che ha visto due processi e nessuna condanna.

29 colpi d’arma bianca sugli occhi, sul petto, sul ventre e sui genitali; ambiente parzialmente pulito, tracce di sangue di gruppo A sulla porta e sul telefono; sono stati portati via i vestiti, i monili, i soldi e le chiavi della ragazza. Nessun segno di violenza sessuale.

Gli Inquirenti individuano l’orario dell’aggressione fra le 17:35 e le 18:30 in base a due dati testimoniali che considerano granitici: 1) Luigina Berrettini, collega di Simonetta e dipendente dell’AIAG, ha dichiarato di aver parlato telefonicamente alle 17:05 ed alle 17:35 con la ragazza che le chiedeva informazioni di lavoro e che lei le ha fornito dopo avere telefonato alla direttrice Anita Baldi ed a suo marito Salvatore Sibilia; 2) Salvatore Volponi, il datore di lavoro di Simonetta, alle 18:20-18:30, avrebbe dovuto ricevere una telefonata dalla ragazza, cosa che non è accaduta.

I sospetti cadono sul portiere Pietrino Vanacore che viene incarcerato tre giorni dopo il delitto, poi scarcerato e infine prosciolto.

In seguito vengono indagati Federico Valle, il nipote dell’architetto Cesare Valle progettista del palazzo di Via Poma e, di nuovo, il portiere Vanacore: il primo per omicidio, il secondo per favoreggiamento. Entrambi verranno prosciolti in sede d’udienza preliminare.

GLI INQUIRENTI HANNO SEMPRE RITENUTO CHE IL SANGUE SUL TELEFONO FOSSE DELLA VITTIMA MENTRE IL CRIMINOLOGO HA SEMPRE SOSTENUTO CHE FOSSE DELL’ASSASSINO, GRUPPO A DQALFA 4/4: LE SENTENZE DAL 2012 A SEGUIRE GLI HANNO DATO RAGIONE.

Nel 2007 viene indagato il fidanzato di Simonetta, Raniero Busco. Poi è rinviato a giudizio, processato e condannato a 24 anni di carcere perché riconosciuto colpevole dell’omicidio di Simonetta. Il processo d’appello termina con la sua piena assoluzione. Durante il processo di primo grado, il 9 marzo 2010, il portiere Pietrino Vanacore si suicida tramite annegamento, doveva testimoniare due giorni al processo contro Raniero Busco assieme al figlio Mario ed alla moglie Giuseppa De Luca.

La Cassazione nel 2014 mette fine alla vicenda rigettando i ricorsi del Procuratore generarle presso la Corte d’appello di Roma e delle Parti civili contro l’assoluzione di Busco. IL CASO È APERTO!

INTERVISTA AL CRIMINOLOGO CARMELO LAVORINO

Professore, della storia di Via Poma si sa ormai quasi tutto: gli errori iniziali, le ipotesi investigative di qualunque che si sono seguite negli anni, la vita e il vissuto dei protagonisti. Ma mancano il nome dell’assassino, l’arma del delitto e la soluzione del caso. Lei cosa dice? Perché è successo questo? Però una domanda iniziale: questo Mister X è coinvolto nell’omicidio di Simonetta Cesaroni?

Questo Mister X che all’epoca lavorava  presso un’agenzia investigativa non è minimamente coinvolto nell’omicidio, però potrebbe fornire notizie utili alle indagini. Ora le rispondo alle altre domande.

Nel giallo di Via Poma hanno sbagliato tutti gli Inquirenti, siano essi poliziotti, carabinieri, pubblici ministeri e consulenti di qualunque tipo, ed hanno sbagliato quei giornalisti che, legati a filo doppio con gli investigatori per motivi di “cassetta e di ‘qui pro quo’”, li hanno seguiti nel deserto della sconfitta, così dividendone una parte. Ebbene, ognuno di questi professionisti che ha sbagliato cosa fa? Difende i propri errori e quelli del proprio gruppo e mai ammette di avere sbagliato. Ogni gruppo accusa velatamente gli altri gruppi e si autoassolve: nessuno si arrende all’evidenza dei fatti che ho propalato e dimostrato sin dal 1993, fatti evidenti che sono sotto gli occhi di tutti, ma che nessuno degli “addetti ai lavori accetta” per convenienza ideologica e narcisismo.

Ci hanno azzeccato solo i Giudici della Corte d’Assise d’Appello (Presidente Mario Lucio d’Andria, Giudice a latere Giancarlo De Cataldo) quando hanno assolto Raniero Busco, però si sono fermati sull’orlo dell’inizio della soluzione.

Perché nessuno accetta i fatti evidenti da lei propalati e quali sono questi fatti?

Le verità da me propalate e dimostrate non fanno comodo a nessuno degli Inquirenti e del teatrino di Via Poma perché destabilizzano il sistema ipocrita mass-mediatico e perché infliggono terribili ferite narcisistiche proprio agli Inquirenti, ai “grandi cacciatori di Via Poma”, ai giornalisti incensatori degli investigatori per avere il piatto di lenticchie, a tutti gli improvvisati “pomologi”. Sottolineo che apprezzo chi analizza il caso per informarsi e/o per tentare di risolverlo con la sua collaborazione, critico invece chi cerca visibilità sparando balle e/o leccando piedi e/o facendo voli pindarici. Ad esempio: i miei migliori complimenti ai gruppi di studio che si sono formati sui social, a prescindere dal merito delle loro argomentazioni; una forte critica agli avventurieri che si autodefiniscono“esperti” del caso solo perché hanno scopiazzato qualcosa e incensato qualcuno.

Detto ciò, le dico che l’assassino con ASSOLUTA CERTEZZA ha colpito Simonetta alla tempia destra con uno schiaffo sferrato con la MANO SINISTRA ed ha pugnalato la ragazza con un tagliacarte dell’ufficio sferrando 29 colpi sempre CON LA MANO SINISTRA. Questo ha un fortissimo significato forense, investigativo, criminalistico e criminologico ma, essendo stato intuito ed enunciato da un privato come me addirittura non sponsorizzato da nessun “potente mass-mediatico”, gli Inquirenti pagati dal contribuente e i loro incensatori non potevano e non vogliono accettarlo: hanno scommesso sin dall’inizio, ERRONEAMENTE, che l’assassino avesse usato la mano destra e non sono capaci di tornare indietro.  

Poi cosa c’è?

L’assassino ha sporcato col proprio sangue di sangue gruppo A DQAlfa 4/4 il telefono, ma il Pubblico ministero Pietro Catalani per anni si è ostinato a ritenere che il sangue fosse di gruppo 0, cioè quello della vittima, invece il sangue sul telefono è gruppo A. Ebbene, il magistrato inquirente Catalani ci mise la faccia su questa sua ostinazione e mai è tornato indietro. Attenzione: la Corte d’appello e la Cassazione sono perentorie: il sangue sul telefono è di gruppo A con DQAlfa 4/4, non è della vittima… QUINDI HO RAGIONE IO e non il Pm Catalani. Ebbene, cosa fanno i “giornalisti investigativi di Via Poma”? Per servilismo, vigliaccheria, invidia e livore… tacciono la verità e guardano dall’altra parte… oppure infilano la testa nella sabbia!

Bene. Gli elementi forti sono due. Vi sono altri elementi che per lei sono evidenti?

Almeno quattro. La trappola delle telefonate. Le telefonate avvenute fra le 17:15 e le 17:40 fra una ragazza che diceva essere Simonetta e la collega Luigia Berrettini (le due non si conoscevano), fra la Berrettini e Salvatore Sibilia e la moglie di questi, Anita Baldi sono una trappola per la verità e sono il frutto di un abilissimo, organizzato e fine imbroglio. Tre i casi: 1) la ragazza non era Simonetta; 2) le telefonate non ci sono state; 3) le telefonate sono da anticipare di almeno un’ora.

L’orario della morte. Simonetta è stata uccisa prima delle 17, non dopo le 18. L’autopsia del medico legale sotto questi aspetti è molto carente, tanto che non vennero prese le temperature cadaveriche ed esterne, non venne analizzato il contenuto gastrico della vittima e, purtroppo, il medico legale cadde nella trappola della falsa notizia “Simonetta viva sino le ore 18 circa in virtù delle telefonate”, così ritenendo ingenuamente che la morte ci fosse stata dopo le 18.

L’arma del delitto è il tagliacarte di Maria Luisa Sibilia. Questo oggetto sino le ore 15 era scomparso dalla scrivania della Sibilia, poi è stato rinvenuto dai poliziotti lavato con varechina e rimesso lì dove alle 15 non c’era: sulla scrivania della Sibilia. È evidente e logico che il tagliacarte fosse sulla scrivania nella stanza del delitto e che è stato lavato dopo l’assassinio. Però il pulitore non sapeva che il tagliacarte sino al momento del delitto non era sulla scrivania della Sibilia, ma su quella di Bizzochi, il direttore, che quel giorno non era presente in Via Poma. E l’assassino non ha avvertito il complice pulitore che il tagliacarte lo aveva preso dalla scrivania di Bizzochi e non da quella della signora Sibilia. Le ferite su Simonetta e le caratteristiche del tagliacarte sono totalmente compatibili. Certamente il pulitore non è l’assassino. Quindi hanno agito due persone diverse.

Quindi secondo lei l’assassino ha avuto un complice?

Certo. È la persona che ha cancellato le impronte digitali sulla scena, che dopo almeno un’ora dopo il delitto ha deposto sul ventre nudo e martoriato di Simonetta il suo top di pizzo bianco che non si è sporcato di sangue perché ormai si era raggrumato. È la persona che ha pulito, rassettato e organizzato il depistaggio iniziale.

L’assassino non ha detto al complice di avere preso il tagliacarte sulla scrivania di Bizzochi, allora il complice pulitore, che conosceva  gli ambienti e la dislocazione delle scrivanie e degli oggetti, lo ha lavato e rimesso sulla scrivania della signora Sibilia. Questo dimostra che non sapeva che il tagliacarte, quella mattina, era stato cercato e non trovato.

Chi è l’assassino e chi è il complice? A che ora è stata uccisa Simonetta?

Assassino e complice hanno un rapporto molto stretto, altrimenti il secondo non avrebbe coperto il primo assumendosi fortissimi rischi. L’assassino è nelle carte, ma le carte sono come la scena del crimine e come il corpo della vittima: parlano. Ma hanno un linguaggio speciale, misterioso, nascosto, silente, che bisogna sapere comprendere, interpretare ed elaborare con freddezza, scienza, intelligenza e creatività.

Ci può enunciare la linea cronologica del crimine e dei depistaggi?

Simonetta viene uccisa dal soggetto ignoto che, dopo essersi ripreso dal massacro e dalla crisi di violenza, inizia la pulizia in proprio, poi chiama in aiuto il complice pulitore. Questi arriva ed attiva le prime procedure, fra cui l’atto istintivo di negazione psichica e di pietas di coprire il ventre di Simonetta col corpetto, la pulitura del tagliacarte ed altro a favore del proprio protetto.

Da allora si verificano le dinamiche fra tutti i gruppi di Via Poma: il gruppo dell’AIAG, i condomini, la famiglia Vanacore, i datori di lavoro, ecc. Ognuno fa il “proprio” verso tutte le direzioni.

Dopo l’allarme della scoperta del corpo sono allertate la Questura e il Sisde, congiuntamente si verificano altre dinamiche e comunicazioni incrociate nella famiglia Vanacore, nelle famiglie del gruppo AIAG e fra i condomini.

Sulla scena interviene per primo Sergio Costa genero di Parisi e uomo del Sisde, il quale non lascia tracce della sua presenza. Ovviamente vengono avvisati il Capo della Polizia Vincenzo Parisi; la direttrice AIAG Anita Baldi, amica di Parisi e direttrice regionale dell’Aiag che aveva l’ufficio in via Cavour 44a, sopra l’appartamento di Parisi; gli impiegati AIAG ed altri. La parola d’ordine è che non devono venire allo scoperto le attività informative e d’osservazione dell’AIAG col Sisde e con la Polizia, così come nemmeno l’ombra del sospetto deve sfiorare il personale AIAG.

Chi ha imbrogliato, barato, omesso, fagocitato, depistato, rallentato…?

Ognuno ci ha messo del proprio. L’assassino ha depistato e mentito. Il complice pulitore ha depistato ulteriormente ed ha alterato la scena del crimine e gli oggetti.

I protettori dei segreti dell’AIAG hanno attuato e favorito il lavaggio delle informazioni investigative, i depistaggi, le omissioni, i rallentamenti, le deviazioni, i ritardi, i pressappochismi, le superficialità, gli errori et similia. E lo hanno fatto nel breve e medio termine NON per coprire l’assassino, ma per coprire i segreti dell’AIAG e l’immagine di qualche dirigente. Questi protettori dei segreti dell’AIAG che nel mio libro “INGANNO STRUTTURALE” chiamo “Il Burattinaio e la Manina Manigolda” hanno certamente pensato: “Tanto l’assassino è del condominio e con altissima probabilità è del portierato, anzi è il portiere, quindi, proteggiamo i nostri collaboratori”.

Andiamo a concludere professore, un po’ di domande secche con risposte secche.

Va bene. Forza.

Caratteristiche dell’assassino?

Soggetto che usa la mano sinistra per sferrare schiaffi e pugnalate, con sangue gruppo A DQAlfa 4/4, con alibi traballante dalle 16 alle 17:30, assassino che ha tentato una sommaria pulizia e che poi si è eclissato; assassino con complice pulitore territoriale e conoscitore dell’ufficio di Via Poma, che interviene dalle 18 a seguire.

Secondo lei il portiere Vanacore si è ucciso? E se sì, perché? C’entrava col delitto?

Si è ucciso, per motivi di stress, per rimorso, per espiazione, per motivazioni che ancora non conosciamo, perché temeva il processo, perché si sentiva debole. Ho il convincimento che sapesse molto ma molto…

 VIA POMA: IN NUOVO LIBRO DEL CRIMINOLOGO LAVORINO SVELATA IDENTITA’ DI ‘MISTER X’

= ADN0957 7 CRO 0 ADN CRO NAZ VIA POMA: IN NUOVO LIBRO CRIMINOLOGO LAVORINO SVELATA IDENTITA’ DI ‘MISTER X’ = Roma, 9 ago. (Adnkronos) –

E’ uscito oggi online il terzo libro del criminologo Carmelo Lavorino sull’omicidio di Simonetta Cesaroni dal titolo ‘VIA POMA-Inganno Strutturale Tre’, dove per la prima volta vengono pubblicati il nome, il cognome e le foto di colui che per l’autore è il famoso ‘mister X’, ovvero l’uomo che tra le 16 e le 16.10 del 4 agosto 1990 chiese al colonnello dei carabinieri Giovanni Danese (testimone nel processo, ora deceduto), che si trovava in strada in VIA POMA, dove fossero gli uffici degli ostelli della gioventù. ”E’ chiaro – spiega Lavorino all’Adnkronos – che non può essere lui l’assassino per una serie di motivi, primo fra tutti che non è stato descritto insanguinato dal colonnello Danese, perché non avrebbe movente e in dieci minuti non avrebbe avuto modo di combinare quella mattanza: sicuramente non ha nessuna responsabilità nell’omicidio di Simonetta, ha preferito o è stato costretto ad eclissarsi”. Mister X avrebbe sempre affermato di aver chiesto informazioni ma di non aver poi suonato, secondo quanto sostiene il criminologo, per non essere coinvolto nella vicenda. (segue) (Cro/Adnkronos) ISSN 2465 – 1222 09-AGO-21 18:56 NNNN

[10/8, 10:09] Carmelo Lavorino: VIA POMA: IN NUOVO LIBRO CRIMINOLOGO LAVORINO SVELATA IDENTITA’ DI ‘MISTER X’ (2) =

ADN0958 7 CRO 0 ADN CRO NAZ VIA POMA: IN NUOVO LIBRO CRIMINOLOGO LAVORINO SVELATA IDENTITA’ DI ‘MISTER X’ (2) = (Adnkronos) – ”Sarebbe stato interessante – dice Lavorino – sapere se quando ha cercato gli ostelli della gioventù, dove lavorava la Cesaroni, qualcuno gli abbia aperto, se ci fosse Simonetta e quale situazione abbia trovato”. Nel libro Lavorino spiega i tre casi possibili. Il primo è che ”Simonetta gli abbia risposto e lui non sia salito – sottolinea – allora Simonetta era viva, forse in stato di minaccia, forse no”. Il secondo è che ”Simonetta gli ha risposto e lui è salito; allora Simonetta era viva e in stato di tranquillità”, aggiunge il criminologo. Il terzo, infine, aggiunge che ”Simonetta non gli abbia risposto: era in stato di minaccia e forse già ammazzata”. Il delitto di VIA POMA scosse tutta Italia per l’efferatezza, per i misteri e i dubbi che hanno contornato la vicenda, rimasta a tutt’oggi senza un colpevole. E’ il 7 agosto del 1990 quando, in una Roma semideserta, Simonetta Cesaroni viene trovata morta alle 23.30 in VIA Carlo POMA 2. La ragazza è giovanissima, ha solo 21 anni. Il suo corpo viene scoperto negli uffici dell’Associazione italiana alberghi della gioventù. Il corpo viene ritrovato dalla sorella Paola, che preoccupata, si reca nell’ufficio insieme al fidanzato Salvatore Baroni e al datore di lavoro di Simonetta . La ragazza è stata uccisa con 29 colpi di tagliacarte, tutte profonde circa 11 centimetri. Alcune sono mirate al cuore, alla giugulare e alla carotide. (Cro/Adnkronos) ISSN 2465 – 1222 09-AGO-21 18:56 NNNN

(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

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