Pinze laser per spiegare i buchi neri spaziali: straordinaria rivoluzione nell’astrofisica
Il progetto potrebbe consentire in futuro di studiare in laboratorio alcuni dei processi astrofisici più estremi.
È stata testata una speciale configurazione di due raggi laser, in grado di generare ed accelerare in modo molto efficiente un getto di antimateria, che potrebbe ricreare condizioni simili a quelle che si trovano vicino alle stelle di neutroni o ai buchi neri. A realizzarlo è stato un team internazionale di fisica, con la partecipazione dell’Helmholtz-Zentrum Dresden-Rossendorf (HZDR), che ha presentato, sulla rivista Communications Physics, un nuovo concetto che potrebbe consentire in futuro di studiare in laboratorio alcuni dei processi astrofisici più estremi.
Nelle profondità dello spazio, ci sono corpi celesti dove prevalgono condizioni estreme: le stelle di neutroni in rapida rotazione, che generano campi magnetici super-forti, ed i buchi neri, con la loro enorme attrazione gravitazionale, che possono far schizzare nello spazio enormi getti energetici di materia. Nell’esperimento effettuato, un minuscolo blocco di plastica, attraversato da sottili canali micrometrici, funge da bersaglio per due laser. Questi sparano simultaneamente impulsi ultra-forti al blocco, uno da destra e l’altro da sinistra. Il blocco viene letteralmente preso dai due fasci laser che agiscono come delle vere e proprie pinze.
“Quando gli impulsi laser penetrano nel campione, ciascuno di essi accelera una nuvola di elettroni estremamente veloci”, spiega il fisico Toma Toncian dell’HZDR. “Queste due nuvole di elettroni, quindi, corrono l’una verso l’altra con tutta la loro forza, interagendo con il laser che si propaga nella direzione opposta”. La successiva collisione è così violenta da produrre un numero estremamente elevato di quanti gamma, particelle di luce con un’energia persino superiore a quella dei raggi X. Lo sciame di quanti gamma è così denso che le particelle di luce inevitabilmente si scontrano tra loro.
Dopodiché l’energia viene trasformata in materia, secondo la famosa formula di Einstein E=mc2, e vengono create coppie di particelle elettrone-positrone. I positroni sono le antiparticelle degli elettroni, cioè antimateria. Ciò che rende speciale questo processo è che “campi magnetici molto forti lo accompagnano”, descrive il capo del progetto Alexey Arefiev, fisico dell’Università della California a San Diego. “È probabile che tali processi abbiano luogo, tra l’altro, nella magnetosfera delle pulsar, cioè delle stelle di neutroni in rapida rotazione”, afferma Alexey Arefiev. “Con il nostro nuovo concetto, tali fenomeni potrebbero essere simulati in laboratorio, almeno in una certa misura, il che ci consentirebbe quindi di comprenderli meglio”.
(Fonti: AGI – Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)