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Attualità

GREEN ECONOMY: RISCHIO FINANZIARIO E RISCHIO CLIMATICO/   L’adattamento ai cambiamenti climatici è la prioritaria sfida globale dei governi mondiali e delle autorità politiche nazionali  di Vincenzo Gisondi

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GREEN ECONOMY: RISCHIO FINANZIARIO E RISCHIO CLIMATICO

 

L’adattamento ai cambiamenti climatici è la prioritaria sfida globale dei governi mondiali e delle autorità politiche nazionali.

 

di Vincenzo Gisondi

Come si possa intervenire prezzando le emissioni di gas nocivi CO2 e favorendo gli investimenti sostenibili è il corollario del teorema della sostenibilità ambientale. L’effetto dei rischi climatici sull’azione delle banche centrali (BCE e FED, in primis) mira a regolamentare l’azione degli intermediari finanziari e, contemporaneamente, a favorire la stabilità dei prezzi tramite la politica monetaria.

Diversi lavori ed evidenze empiriche dimostrano lo stretto legame tra rischio finanziario e rischio climatico. Si pensi, ad esempio, all’impatto che eventi metereologici estremi (come quelli accaduti recentemente in Germania, nel Nord Italia o agli incendi in corso di spegnimento in Sardegna e Sicilia) potrebbero avere sul patrimonio di un’impresa privata, ad esempio una banca che ha finanziato una propria impresa cliente devastata da un’alluvione o da un tornado o sulle finanze di un intero paese, se il fenomeno climatico fosse più esteso e meno localizzato regionalmente.

L’eventuale stima ex ante delle politiche climatiche consentirebbe ad un’impresa privata di essere più resiliente alle regolamentazioni prese dalle autorità e a queste ultime più pronte e preparate ad adottare politiche di risanamento. A tal proposito la BCE inizierà dal prossimo anno a condurre prove di stress test climatici.

Volgendo lo sguardo alla presenza del ‘carbonio nel portafoglio finanziario’ di grandi e piccoli investitori, lato banche centrali ed investitori ‘grandi e piccoli’, le società che emettono maggiori obbligazioni societarie carbon intesive ad elevata emissione di CO2 sono quelle petrolifere ed automobilistiche. Questo ‘fattore’ era presente direttamente o indirettamente per il 57% (anno 2020) nel portafoglio della Banca Centrale Europea. La Commissione europea si è posta l’obiettivo di ridurre del 55% le emissioni di CO2 entro il 2030.

Come tutto ciò possa avvenire  senza traumi finanziari e salvaguardando la stabilità dei prezzi è la grande sfida che terrà in equilibrio politica monetaria e climatica. Tradotto in termini più semplici, come un evento climatico estremo, una forte siccità possa non tradursi in un’impennata dei prodotti elementari, sarà l’effetto di codesto bilanciamento.

Saranno selezionati gli emittenti di obbligazioni societarie in linea con politiche ambientali più sostenibili da parte della BCE in aderenza a quanto la legislazione UE ha recepito negli accordi di Parigi. Più titoli ‘puliti’ nei portafogli di banche centrali e portafogli privati e meno distanza tra una politica monetaria che tiene sotto controllo prezzi (e inflazione) nel medio termine con un occhio al cambiamento climatico che agisce nel lungo termine.

Le banche che emettono titoli green e i singoli risparmiatori che li acquistano nel loro portafogli devono accelerare verso una transizione ecologica affinché, per citare Mark Carney, il Governatore canadese della Bank of England, si eviti che “il cambiamento climatico possa diventare un problema per la stabilità finanziaria quando potrebbe essere già troppo tardi”.

Anche l’Italia è entrata nel mercato dei green bond col suo debito sovrano attraverso l’emissione dei BTP Green. L’emissione di titoli di debito collocati per 8,5 miliardi ha visto una richiesta di circa 80 miliardi. Oltre il 50% è stato sottoscritto da investitori ESG (coloro che integrano processi ambientali, sociali e di governance societaria nei processi di asset allocation), società di gestione e intermediari finanziari. I dati Morningstar su OICR ed ETF (strumenti acquistati dai risparmiatori) hanno visto investiti nel 2020 in prodotti ESG circa 233 miliardi di euro, più del doppio dell’anno precedente. In Italia le masse investite nella finanza sostenibile sono pari ad 80 miliardi (riferimento anno 2020) secondo quanto riporta Assogestioni.

Tutto questo interesse è motivato da ragioni etiche oltre che tecniche. La pandemia ha creato negli investitori consapevolezza a favore di investimenti eticamente corretti che hanno prodotto anche rendimenti maggiori perché concentrati in settori più resistenti alla volatilità come l’healthcare e la tecnologia rispetto ad altri come i trasporti e l’energia. L’attrazione verso la sostenibilità ha fidelizzato i risparmiatori agli strumenti ed ha dimostrato la loro maggiore tolleranza ai rendimenti negativi dei nuovi prodotti socialmente responsabili rispetto a quelli tradizionali anche in periodi di rendimento meno favorevoli. Inoltre, essi hanno affermato e confermato la loro funzione “beni rifugio” tra i diversi segmenti di mercato in cui i risparmi erano diversificati.

La sostenibilità declinata nelle varie forme di transizione ecologica, tutela delle biodiversità e degli ecosistemi, la riduzione delle disparità di genere e la migliore governante nelle amministrazioni pubbliche si è affermata come elemento di riduzione del rischio sovrano e aumentata sostenibilità creditizia. Tutto ciò in un periodo di crescita dell’indebitamento pubblico e privato causa pandemia. L’effetto ESG è misurato empiricamente dai ridotti spread sui CDS (credit default swaps) dei paesi che vi hanno fatto ricorso. In parole semplici, più attenzione all’ambiente, meno rischio!

Non a caso la Commissione UE ha riservato il 30% dei fondi del progetto Next Generation EU alle politiche ambientali capovolgendo il paradigma tradizionale che le vedeva limitate ed eventuali. Tutto ciò tanto nel riformare il settore pubblico quanto in quello privato da valorizzare in chiave ambientale.

L’equazione di ampio respiro, più sostenibilità meno debito che richiede tempi lunghi (il lungo termine), dovrà conciliarsi con l’opportunità di costruire modelli maggiormente resistenti alle prossime crisi esogene.

In tale ambito, la nota più favorevole, l’Unione Europea fa da capofila alla lotta al cambiamento climatico rispetto agli USA ed alla Cina avendo Commissione e Parlamento europei assunto l’impegno di azzerare le emissioni entro il 2050. I numeri parlano da soli: le obbligazioni sociali, green e sostenibili hanno raggiunto l’importo di 1 trilione di dollari con la BCE ad emettere la prima obbligazione green nel 2007, l’Europa è il centro del mercato mondiale ESG e l’euro la valuta del 50% del mercato dei capitali sostenibili contro il 27% di quello in dollari USA. In Europa sono stati stanziati 240 miliardi per la sanità attraverso il Meccanismo europeo di stabilità finanziabile da obbligazioni sociali. Il 30% di quanto previsto dal Recovery Fund verrebbe finanziato da obbligazioni green.

Insomma, l’Europa si candida a capitale della Green Economy. Le multinazionali seguiranno l’effetto Bruxelles per accedere al ricco ed ampio mercato dei nuovi capitali verdi che renderà quello europeo il benchmark globale della finanza sostenibile.

Lato USA, le riluttanze di Trump, prima, che ha limitato gli investimenti ESG ed i ritardi di Biden che ha promesso di dimezzare le emissioni di gas serra entro il 2030, vedono gli Stati Uniti impegnati a recuperare il ritardo accumulato.

Speriamo che il Pianeta, intanto, ci conceda il tempo di attuazione delle politiche green limitando il numero e l’intensità degli eventi metereologici estremi.

Dott. Vincenzo Gisondi
Consulente Finanziario iscritto all’OCF
EFA – European Financial Advisor /
Cell. +39 347 7556975

 



(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

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