Teleradio-News ♥ mai spam o pubblicità molesta

'Se un uomo non ha il coraggio di difendere le proprie idee, o non valgono nulla le idee o non vale nulla l'uomo' (Ezra W.Pound)

Teleradio-News ♥ mai spam o pubblicità molesta
Attualità

“Finanziamento illecito”: Renzi di nuovo indagato/ PIU’ SONO INDAGATI E PIU’ LA GENTE LI VOTA/ SOMIGLIANO AI CAMORROSTI: CON PIU’ ERGASTOLI PIU’ COMANDANO

Teleradio News ♥ Sempre un passo avanti, anche per te!
MERCOLEDì 14 LUGLIO 2021

Clamoroso

Il panda non è più a rischio estinzione. In natura ormai ce ne sono 1.864 esemplari e la Cina ha deciso di classificarli tra le specie «vulnerabili», spostandoli in su di un gradino nella scala stilata dall’Unione internazionale per la conservazione della natura (Iucn) [Lana, CdS].

In prima pagina

• Il ddl Zan è arrivato al Senato ed è subito scoppiata la bagarre. La presidente Casellati è stata contestata da Pd, M5S e Leu. Bocciata la pregiudiziale di costituzionalità avanzata da Lega e Fdi

• Matteo Renzi e il manager Lucio Presta sono indagati per finanziamento illecito ai partiti per il documentario Firenze secondo me

• Recovery fund, via libera definitivo dell’Ecofin ai piani di Italia e altri undici Paesi europei. Nelle prossime settimane arriveranno a Roma i primi 25 miliardi

• Il cooperante italiano Michele Colosio è stato ucciso a colpi di pistola per strada nel Chiapas, in Messico

• In Francia in una notte quasi un milione di persone si sono prenotati per il vaccino, dopo che Macron aveva annunciato nuove restrizioni per i non vaccinati

• Ieri sono stati registrati 20 morti di Covid. Il tasso di positività scende a 0,8%. I ricoverati in terapia intensiva sono 157 (-1), le persone vaccinate 24.681.755 (il 41,7% della popolazione)

• Nicole Minetti ha patteggiato la condanna a un anno e un mese di carcere nel processo sulla Rimborsopoli del Pirellone. Confermata la condanna a due anni e mezzo per Renzo Bossi, un anno e otto mesi per l’attuale capogruppo leghista in Senato Massimiliano Romeo

• A Latina due arresti per voto di scambio politico-mafioso. Indagato l’europarlamentare leghista Matteo Adinolfi

• È ufficiale: le grandi navi fuori da Venezia dal 1° agosto

• Un autobus è andato a fuoco in una galleria in provincia di Lecco. A bordo c’erano 25 studenti. L’autista li ha salvati tutti

• La Cnn mostra un video in cui i talebani uccidono a freddo ventidue soldati dell’esercito afghano che si erano arresi

• Almeno sessanta persone sono morte nel rogo dell’ospedale di Nassirya, in Iraq

• L’Antitrust francese ha affibbiato a Google una multa da 500 milioni di euro per aver violato la normativa sui diritti connessi

• Zhang Jindong si dimette da presidente di Suning. Il figlio Steven, presidente dell’Inter, candidato come ad

• Roger Federer rinuncia alle Olimpiadi di Tokyo per un problema al ginocchio

• Il Tour de France è entrato nell’ultima settimana. Ieri sui Pirenei ha vinto Patrick Konrad. Sonny Colbrelli secondo. Tadej Pogacar resta in maglia gialla

Titoli

Corriere della Sera: Più contagi, meno regole

la Repubblica: Giustizia, la sfida di Draghi

La Stampa: Green pass nei locali, Italia divisa

Il Sole 24 Ore: Negli Usa l’1% ha il 53% dei capitali

Avvenire: Avanti al buio

Il Messaggero: «Obbligo green pass nei locali»

Il Giornale: Attacca le toghe / Renzi indagato

Leggo: Caos sul green pass obbligatorio

Qn: La lezione francese: pass obbligatorio

Il Fatto: Renzi è indagato: «Soldi da Presta»

Libero: La vendetta dei Pm: Renzi indagato

La Verità: Vaccini obbligatori con l’inganno

Il Mattino: Finita la festa, 8 sfide per Draghi

il Quotidiano del Sud: Quella variante firmata da un giudice

il manifesto: La benda sugli occhi

Domani: Documentari e format tv, Renzi e Presta indagati per finanziamento illecito

 

Delitti e suicidi

Lunedì sera, a San Cristóbal de Las Casas, nello stato messicano del Chiapas, il cooperante italiano Michele Colosio è stato ucciso con quattro colpi di pistola in strada, mentre rientrava a casa dopo aver fatto la spesa. Quarantadue anni, originario di Borgosatollo, nel Bresciano, Colosio da una decina d’anni faceva la spola tra l’Italia e il Messico dov’era impegnato in progetti di cooperazione e di sostegno alla popolazione locale. Con un passato da radiologo all’Ospedale Civile di Brescia, era un volontario della comunità Yi’bel ik’ Raíz del Viento.

Secondo quanto riporta il CdS, gli inquirenti stanno vagliando diverse ipotesi, tra cui quella di un possibile conflitto di interessi nato dai progetti di volontariato e cooperazione di Colosio. Ma non si esclude che possa essersi trattato di una rapina finita male. Un giornale locale dice che a sparare sarebbe stato un uomo in sella a una motocicletta in corsa.

Incidenti

Intorno alle 9 di ieri mattina un autobus che trasportava 25 adolescenti tra i 14 e i 18 anni è andato a fuoco in una galleria all’altezza di Varenna, vicino a Lecco lungo la Strada Statale 36. L’autista, un Mauro Mascetti di 48 anni, volontario della Croce Rossa di Como, si è accorto di un principio di incendio e ha fatto scendere i passeggeri prima che le fiamme si diffondessero nel resto del veicolo. I ragazzi stanno tutto bene. Sette di loro sono stati trasportati in ospedale per alcuni accertamenti in seguito all’inalazione di fumo, ma le loro condizioni non suscitano preoccupazioni. Il gruppo di ragazzi proveniva da Lipomo (Como) ed era diretto a Livigno per un campo estivo.

“Finanziamento illecito”: Renzi di nuovo indagato

“Finanziamento illecito”: Renzi di nuovo indagato

Contratti per l’ideazione di programmi televisivi, per il documentario “Firenze secondo me” e poi l’esclusiva sui diritti. La procura di Roma indaga sui rapporti economici tra Matteo Renzi e l’agente delle star Lucio Presta. E per l’ex premier è una tegola giudiziaria che arriva proprio nei giorni in cui è alle prese con la presentazione del suo libro “ControCorrente”. Il leader di Italia Viva è indagato dalla procura della capitale, guidata da Michele Prestipino, per finanziamento illecito. Nella stessa inchiesta figurano nel registro degli indagati anche Lucio Presta e il figlio Niccolò, accusati di finanziamento illecito ma anche di fatture per operazioni inesistenti. Secondo gli inquirenti romani – ed è questa in sostanza l’accusa da verificare –, tra l’agente più famoso d’Italia e l’ex premier (già indagato per finanziamento illecito nell’ambito di un’altra indagine, quella della procura di Firenze sulla Fondazione Open), vi sono “rapporti contrattuali fittizi” dietro i quali si cela un presunto finanziamento alla politica.

“Firenze secondo me” share al 2 per cento

Ma procediamo con ordine. L’indagine – di cui sono titolari il procuratore aggiunto Paolo Ielo e i sostituti Alessandro di Taranto e Gennaro Varone – è partita da un accertamento fiscale sull’agente. Tutto procedeva in silenzio finché più di una settimana fa ci sono state le perquisizioni della Guardia di Finanza a casa di Presta e in quella del figlio, ma anche nella sede legale della “Arcobaleno Tre srl”, società con sede a Roma, di cui è titolare al 15 per cento ed è amministratore unico Niccolò Presta.

Quando le Fiamme gialle sono entrate negli uffici della società hanno acquisito i contratti firmati con Matteo Renzi. Sarebbero almeno quattro e comprendono diverse prestazioni per un totale di circa 700mila euro. C’è l’accordo che riguarda l’esclusiva che Renzi ha concesso a Lucio Presta, quello per la progettazione di programmi ideati dall’ex premier e alla fine mai venduti. E poi c’è il contratto per la realizzazione del documentario “Firenze secondo me”, di cui Renzi era autore e conduttore. La vicenda era stata rivelata da Emiliano Fittipaldi su L’Espresso. Secondo quanto ricostruito dal settimanale nel 2019, per “Firenze secondo me” Renzi ha incassato poco più di 400 mila euro. Per quel documentario, andato in onda per quattro serate sul canale Nove (con uno share al 2 per cento), la multinazionale Discovery ha poi pagato 20mila euro al medesimo Presta. Ed è sempre L’Espresso che aveva scritto come i diritti versati dall’agente per il documentario, nell’autunno 2018, sarebbero serviti a Renzi per restituire il prestito di 700mila euro della madre dell’imprenditore Riccardo Maestrelli, soldi utilizzati per acquistare una villa sulle colline del capoluogo toscano. Ma questa è un’altra storia che non ha nulla a che vedere con l’indagine romana. Che invece si concentra solo sui contratti di Renzi con l’“Arcobaleno Tre Srl”. Accordi che non prevedono dunque solo l’ideazione e la conduzione del documentario, ma anche altri progetti per la realizzazione di alcuni programmi televisivi.

Mediaset avrebbe dovuto comprarli, ma alla fine non se ne è fatto più nulla. E che una trattativa fosse in corso lo aveva confermato lo stesso Piersilvio Berlusconi, ad di Mediaset, che a settembre 2018 aveva dichiarato: “A me piacerebbe avere il docufilm di Renzi sulle mie reti perché stimo Renzi. Appena vedremo il prodotto vedremo se potremo averlo sulle nostre reti: io spero di sì”.

Pillole in 5 minuti e le interviste di Matteo

Desiderio che non si è realizzato. Renzi però il compenso (circa cento mila euro) per l’ideazione di quei format lo ha incassato lo stesso. Erano però almeno due le proposte in cerca di acquirente arrivate sul tavolo della “Arcobaleno Tre Srl”: un programma in cui Renzi si sarebbe trasformato in intervistatore di personaggi famosi e poi le pillole di storia in 5 minuti. “Il progetto dell’ideazione di programmi non valeva cento mila euro, ma un milione. Solo che non si è concretizzata e Renzi ha incassato solo i soldi dell’idea. Ma li ha tenuti per lui, non li ha mica versati al partito, per questo non può essere finanziamento illecito”, hanno ripetuto ieri fonti vicine all’ex premier.

La Procura di Roma però indaga proprio su questo aspetto, tanto che oltre Renzi ha iscritto anche Lucio e Niccolò Presta. Nel decreto di perquisizione nei confronti dei due si parla infatti di “rapporti contrattuali fittizi, con l’emissione e l’annotazione di fatture relative a operazioni inesistenti, finalizzate anche alla realizzazione di risparmio fiscale, consistente nell’utilizzazione quali costi deducibili inerenti all’attività di impresa, costi occulti del finanziamento alla politica”. Per questo all’agente la Procura contesta il finanziamento illecito “per i pagamenti eseguiti nel 2018 e non iscritti a bilancio” e poi dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti. In sostanza, il sospetto dei magistrati, tutto da verificare, è che i progetti siano stati pagati a fronte di prestazioni che non sono state eseguite oppure che valevano molto meno. E tutto ciò per finanziare l’attività politica di Renzi.

La replica I due indagati “è tutto regolare”

È un’accusa che sia il leader di Italia Viva che Presta respingono. L’ex premier ieri in un video pubblicato su Facebook ha dichiarato: “Si parla di una mia attività professionale che sarebbe finanziamento illecito, cosa che non sta né in cielo né in terra”. E ha aggiunto: “Quello che mi riguarda è tutto trasparente e tracciato. Io non ho niente da nascondere e nulla di cui vergognarmi. E quindi buon lavoro ai magistrati che facciano il loro dovere di indagare, noi siamo a loro disposizione”. In una nota, l’avvocato Federico Lucarelli, legale della società “Arcobaleno Tre”, spiega: “Abbiamo saputo di questa indagine solo pochi giorni fa e ci siamo subito messi a disposizione dell’Autorità Giudiziaria per chiarire rapporti di collaborazione nel campo delle prestazioni artistiche ed autoriali da parte di Matteo Renzi che risalgono a quasi 3 anni fa, inerenti il documentario ‘Firenze secondo me’, di cui si era parlato pubblicamente al momento in cui la società Arcobaleno 3 aveva proposto a Matteo Renzi di produrla con la sua collaborazione autoriale e conduzione. Contrariamente a quanto si legge, si tratta di prestazioni esistenti, regolarmente fatturate all’Arcobaleno Tre e pagate alla persona fisica, quale corrispettivo dell’attività svolta, non al Politico o al Partito”.

“Riforma scritta da chi non è mai stato in un tribunale”

“Riforma scritta da chi non è mai stato in un tribunale”

Alfonso Sabella – Già cacciatore di latitanti

“Ma il gip quante cose deve fare? È già schiacciato così come sta, ora sarà anche peggio”. Alfonso Sabella nella sua lunga carriera in magistratura, dalla caccia ai latitanti a Palermo al Riesame di Napoli dove è ora, è stato, sempre a Napoli, anche nell’ufficio del Gip (Giudice per le indagini preliminari). Ed è qui che vede una delle più grandi criticità della riforma Cartabia: “Questa riforma sembra scritta da chi non ha mai messo piede in un’aula di tribunale”.

Insomma un disastro?

Un’occasione sprecata e solo per sostituire quella mostruosa figura dell’imputato a vita, con quella del condannato non prescritto, non innocente, non colpevole e non processabile, uno zombie 4.0 insomma. Ci si è attorcigliati a cercare un pasticciato compromesso sul tema della prescrizione, tralasciando invece le vere criticità della giustizia e del processo penale: depenalizzazione consistente, introduzione del doppio binario, semplificazione delle procedure, riduzione, seria, delle circoscrizioni giudiziarie…

Torniamo al Gip.

I gip dovrebbero assicurare il primo e più efficace controllo di legalità sull’operato dei pubblici ministeri, ma già adesso non riescono a farlo bene perché sono pochissimi in rapporto ai compiti che sono chiamati a svolgere: intercettazioni, misure cautelari, abbreviati con 80-100 imputati, udienze preliminari, amministrazioni giudiziarie, liquidazioni… Non si può realisticamente pensare che i gip trovino anche il tempo di scrivere più sentenze di non luogo a procedere e a trattare un numero maggiore di riti alternativi.

Con i soldi del Recovery si potrebbero aumentare le piante organiche dei Gip?

Sì, nel libro dei sogni. Se io mando cento nuovi giudici al dibattimento posso creare dieci nuovi posti di presidente di sezione, merce di scambio preziosissima nel meccanismo di spartizione correntizia, ma se li mando all’ufficio Gip non produco nessun nuovo posto semi-direttivo oltre a quelli già esistenti.

La riforma non ha nessun rapporto con la realtà?

Purtroppo i gabinetti ministeriali sono pieni di magistrati cooptati dal sistema delle correnti e raramente ci trovi i peones che hanno passato la vita a buttar sangue nelle aule di giustizia e che, a differenza dei loro colti e amati (dal potere politico) colleghi, conoscono i reali problemi del quotidiano. Il risultato è che spesso abbiamo norme sulla carta apparentemente perfette ma che poi quando si scontrano con la realtà diventano inapplicabili.

La prescrizione legata al procedimento e non più al tipo di reato. L’Appello non potrà durare più di due anni e il procedimento in Cassazione non più di uno…

Questo sistema rischia di essere devastante per i maxi-processi di mafia, laddove la riapertura del dibattimento in appello è pressoché una regola. È naturale che dopo la sentenza di primo grado intervengano nuovi collaboratori di giustizia o si acquisiscano nuovi elementi; e tre anni, tenuto conto delle innumerevoli garanzie di cui dispone la difesa, possono anche non bastare.

Insomma la riforma non risolve nessun problema?

Oggi come oggi non c’è nessun rischio per l’imputato a ricorrere in appello, ma solo vantaggi: nella peggiore delle ipotesi passerà più tardi in giudicato la sentenza e quindi sarà ritardata l’esecuzione della pena. Nella migliore, ammesso che non arrivi qualche amnistia (in Italia non si sa mai), si incasserà qualche sconto di pena. Ma c’è un rischio enorme che non si è tenuto in considerazione. Oggi esiste il concordato in appello con rinuncia ai motivi e rideterminazione della pena e già adesso assistiamo a consistenti riduzioni delle condanne in secondo grado, gradite anche ai giudici che evitano di scrivere la sentenza nel merito. Con il nuovo meccanismo è chiaro che i magistrati per non incorrere nella declaratoria di improcedibilità saranno costretti ad accettare condizioni ancora più capestro. Per avere una minima speranza di funzionare la riforma doveva prevedere limiti, reali e non discrezionali, per le impugnazioni dell’imputato e abrogare anche il divieto di reformatio in peius.

Cioè?

Nessuno può ignorare l’assurdità di un meccanismo che oggi consente all’imputato, magari confesso, di patteggiare una pena con il pm, di sottoporre il loro accordo a un giudice che, se lo condivide, emette sentenza; quindi lo stesso imputato e lo stesso avvocato possono impugnare quella sentenza in Cassazione senza rischiare nulla; e lo stesso avviene per i concordati in appello. Facciamo almeno rischiare qualcosa all’imputato che impugna solo per prolungare il processo, magari in termini di azzeramento degli sconti di cui ha beneficiato o di pericolo di riportare una condanna a pena più elevata.

Giustizia, Conte confida nell’asse con Pd e Leu per “fermare” Draghi

Giustizia, Conte confida nell’asse con Pd e Leu per “fermare” Draghi

Salvaladri. La battaglia sulle nuove norme

La strada per arginare la controriforma Cartabia è angusta, un cunicolo. Eppure il capo prossimo venturo del M5S Giuseppe Conte deve percorrerla, e cercare di farsi largo. Innanzitutto per mostrare ai tanti grillini molto inquieti che qualcosa farà contro il nuovo testo sulla prescrizione, perché adesso guida lui, l’avvocato. E per riuscirci si aspetta un aiuto concreto da parte di Leu e del Pd. Insomma, che i giallorosa facciano gruppo, agendo da coalizione. “Noi e i dem siamo alleati, e gli alleati devono aiutarsi” riassumono da ambienti vicini all’ex premier. Consapevoli che quella sulla prescrizione è una battaglia identitaria sentitissima dalla base e dai veterani del M5S.

Conte in questi giorni ne sta parlando con il segretario del Pd, Enrico Letta. E infatti dai dem cominciano ad arrivare (cauti) segnali. Perché è vero, ieri nell’incontro con Mario Draghi, Letta ha ribadito al premier che al Pd “l’impianto della riforma Cartabia va bene”. Ed è altrettanto accertato che i primi segnali dei democratici alla Camera “non sono positivi” come sussurra un graduato del M5S. Ma l’indicazione di aiutare il Movimento a cambiare il testo in Parlamento è arrivata, dai piani alti del Nazareno. Sottotraccia, perché la partita sulla prescrizione e su tutta la riforma della giustizia almeno per ora va giocata così, “a bassa intensità”, come ripetono dai 5Stelle da un paio di giorni.

Il primo obiettivo è evitare che Draghi faccia Draghi, ossia che da qui a qualche giorno ordini di blindare il testo con il voto di fiducia. Così l’idea è di partire con il fioretto. Anche perché a Palazzo Chigi ritengono, e non può essere un dettaglio, che la riforma Cartabia possa essere toccata solo con un lavorìo congiunto di M5S e dem. Indispensabile anche per bilanciare eventuali contro-spinte degli altri partiti. “La Lega non vede l’ora di peggiorare ulteriormente il testo” riconoscono dal Movimento. Ma Conte non potrà giocare troppo di bilancino. “La nuova prescrizione potrebbero far liberare tanti criminali con l’improcedibilità, la gente se ne renderà conto” è la convinzione del giro contiano. Ergo, l’ex premier insisterà, si farà sentire. Chiedendo ben più di qualche ritocco. A breve dovrebbe incontrare i parlamentari grillini della commissione Giustizia della Camera, per concordare assieme la strategia.

Soprattutto, l’avvocato deve e vuole parlare del tema giustizia con Draghi, anche per accreditarsi come nuovo leader del Movimento. “Un incontro non è da escludere” spiegano. Lo cercherà, Conte. A naso, anche per far capire al premier che un’eccessiva rigidità del governo potrebbe rendere totalmente instabile la nebulosa a 5Stelle. Però poi si torna sempre lì, al Pd. “Conte e Letta hanno davvero un ottimo rapporto” assicurano i contiani. E allora il passaggio successivo è lavorare assieme sulla prescrizione, “tenuto conto che anche il Pd potrebbe avere bisogno del nostro aiuto in futuro…”. Da dove partire? Per i dem, dai tempi del processo di appello. “Due anni sono effettivamente pochi”, ragionano in Parlamento. Molto più di questo, però, non c’è sul tavolo, almeno ora. Troppo poco per Conte: si dovrà discutere di molto altro. Anzi, di molto di più.



(Fonte: Cronache Agenzia Giornalistica – News archiviata in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

Teleradio News ♥ Sempre un passo avanti, anche per te!