L’angolo della lettura. ‘Nessuno dovrà saperlo’: sagace recensione dello scrittore Restivo
Un saluto a tutti i lettori della rubrica letteraria
curata dallo scrittore Vincenzo Restivo, un romanzo del quale (La Santa piccola) sta per ottenere una trasposizione cinematografica.
Per questo numero Restivo recensisce il volume “Nessuno dovrà saperlo” di Zanin
“Mi ricordavo di lui, era il protagonista di Amarcord di Fellini, un viso d’angelo e tanti sogni negli occhi. Tra questi, quello di diventare uno scrittore. E Zanin c’è riuscito, un libro, un bel libro, l’ha scritto. Si intitola “Nessuno dovrà saperlo”, inizialmente pubblicato dalla Pironti Editore e attualmente autoprodotto. Un romanzo di formazione neorealista, 230 pagine di autorevole fascino. Potrebbe bastare come definizione, invece è anche qualcosa di più. Zanin parla in terza persona di se stesso, il suo occhio vigile, osserva dall’alto il ragazzo che fu. E noi, spettatori passivi, assistiamo al disgregarsi di un’infanzia e un’adolescenza mai del tutto vissuta. Sandrino viene spedito in collegio da un padre fin troppo cieco per capire le sue reali esigenze. Tuttavia, la vita contadina dei suoi genitori, poco ha effettivamente da offrirgli se non accettare la possibilità che frequenti un rigoroso collegio cattolico con la speranza che ne continui la carriera.
Alessandro viene tradito più volte dalla sua stessa innocenza e da quegli adulti (preti annessi), che avrebbero dovuto insegnargli la strada da seguire, dargli quella protezione che i ragazzini della sua età meriterebbero, ma che invece, dopo aver pienamente approfittato della sua immatura incoscienza, non fanno altro che dargli il ben servito con un “ non farne parola con nessuno perché nessuno dovrà saperlo”.
C’è tanta volontà di raccontarsi, in queste pagine. E forse, farlo con un nome diverso, risulta più semplice, le ferite fanno meno male. Zanin ci riesce, racconta tutto e lo fa con disinvoltura. È disarmante ma mai accusatorio. Il suo è un racconto che si limita a descrivere le cose così come sono accadute. Ma spesso, mettendosi a nudo, seppur camuffando nomi e situazioni, il vissuto è più forte della finzione stessa. Nel romanzo di Bruno Zanin, si respira la carne e il sangue, l’odore di sperma dopo il sesso e il sudore, il fetore dello sterco delle vacche e il profumo del fieno fresco.
Singolare è la divisione in capitoli. Ad ogni capitolo corrisponde un vivido ricordo di vita, di un personaggio o di un’avventura, perché a rendere unica questa storia sono anche tutti gli altri personaggi da contorno che assieme a Sandro/Bruno, vivono la sua vita, sono responsabili della sua formazione e delle sue angosce esistenziali : Pua con la sua esuberanza , Il Rosso e la solitudine , Elena la perfida e poi la vera amicizia, quella con Licurgo, che nemmeno il tempo è stato in grado di cancellare, nonostante le assurde e imprevedibili pieghe della vita.
La lingua è carnale, l’autore si muove tra dialettismi indispensabili, si avvale di una retorica genuina, colorata di ingenuità voluta che è tipica dei ragazzini di un tempo, che scoprivano la sessualità per puro gioco e quel gioco, nel caso di Alessandro, ha finito per sfuggirgli di mano. Zanin come Peyrefitte, ne “Le Amicizie Particolari”, ci riporta l’inquietudine di certe carezze non volute; come Saba in “Ernesto”, ci introduce all’amore puramente carnale di un adulto, segnato nel fisico e nell’animo, per il candore giovane di un ragazzino; come Pasolini , calpesta le strade di notte, preda facile di qualcuno che di male intenzioni ne ha da vendere. Alessandro/Bruno diventa così, il bello e dannato, il Rimbaud vagabondo alla ricerca della sua “nuit en enfer”.